Harry’s Law di Diego Castelli
Pesanti accuse di mediocrità per il nuovo show di David E. Kelly
Sarà capitato a tutti, da bambini, di correre trepidanti sotto l’albero la mattina di Natale, nella speranza di trovarci il giocattolo tanto bramato, solo per scoprire che in quel pacco così luccicante c’era solo un maglione a quadrettoni. Bello eh, di marca, ma pur sempre un fottutissimo maglione a quadrettoni. E giù insulti a Babbo Natale (perché ancora non sapevamo che bisognava insultare la zia, che tutto avrebbe fatto tranne regalarci qualcosa che davvero volevamo).
Ebbene, questa è più o meno la mia reazione di fronte a Harry’s Law, nuovo show di David E. Kelly. Per chi non lo sapesse, Kelly è uno degli autori più significativi del legal televisivo, la mente creativa che ha portato sui nostri piccoli schermi telefilm come Ally McBeal, Boston Public, Boston Legal e The Practice.
Potete immaginare il mio interesse al momento di scoprire la sua nuova creatura, che tra l’altro ha per protagonista un vero mostro sacro di Hollywood come Kathy Bates, vista in filmettini da niente come Misery non deve morire (con cui ha vinto l’oscar), Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, A proposito di Schmidt, Titanic e Revolutionary Road.
Senza grosso motivo, mi aspettavo una sorta di legal-dottor House, col faccione della Bates fatto apposta per un bell’avvocato tosto e brillante, una mitraglia di battute irresistibili.
E invece no.
Protagonista della serie è Harriet Korn, detta Harry, avvocato specializzato nelle cause riguardanti i brevetti. Dopo anni di onorata carriera, durante i quali si è costruita una forte reputazione, Harry decide che si è rotta le balle: il mondo dei brevetti non la stimola più, e ormai ciondola in ufficio. Licenziata dal suo capo, decide di mettere su uno studio legale per conto suo, in una zona malfamata delle città, in compagnia della segretaria e di un collega più giovane che era stato suo sfidante in un dibattimento, e che ora vuole lavorare con lei sulla base della pura ammirazione. Diventa così avvocato difensore, prendendo sotto la sua ala tutta una serie di poveracci e mezzi criminali che nessun altro vorrebbe difendere.
Questo il concept di base, che nel pilot si sviluppa su due casi specifici: ragazzo arrestato per droga ma che in realtà è solo “un bravo giovine con un problema”; criminalucolo di quartiere che chiede il pizzo ma in fondo è ben voluto dalla gente del vicinato perché la “protezione” che offre è più reale di quanto si pensi.
Detto che le storie dei legal si assomigliano tutte, e che quindi non ha grande senso cercare la novità nei fatti puri e semplici, ciò che fa la differenza sono sempre il ritmo, i dialoghi, i temi trattati e il modo di trattarli. Purtroppo, Harry’s Law non ha né la surreale comicità di Ally McBeal, né il cinismo e il fascino dialettico di Boston Legal. E’ una serie sorprendentemente “media”: la storia si sviluppa senza grossi difetti, ma con pochissimi guizzi creativi. La Bates si nota più per la mole e per il modo goffo in cui cammina (dovrei dire “bascula”), che non per battute memorabili o particolari doti da leone del foro. I casi proposti non emozionano, e sono sviluppati male: il ragazzo che entra nell’ufficio di Harry e le chiede il pizzo viene trasformato in buon samaritano senza che nessuno ci mostri nulla per avvalorare questo cambiamento. Ci viene solo “detto”. Un po’ come se cancellassero l’ultima ora di Titanic sostituendola con un tizio che dice “oh, guardate che è affondato, eh…”.
Due sono i problemi più gravi. Da una parte i dialoghi, dall’altra il personaggio di Harry.
Dei copioni rapidi e pieni di verve di Kelly ci sono poche tracce, se non qualche buona battuta (“Forse c’è un mondo migliore da qualche parte, uno senza le persone”) e un paio di situazioni abbastanza divertenti.
Allo stesso tempo, la protagonista non riesce a spiccare per nessuna caratteristica particolare che non siano le caviglie grosse. Finito l’episodio non sentiamo di aver conosciuto un professionista furbissimo, né un brillante stratega, né un sagace intrattenitore. Anche in questo caso, sono gli altri a dirci che Harry è gagliardissima, ma non lo vediamo coi nostri occhi in maniera abbastanza efficace. Aggiungo anche che la Bates si prestava a un personaggio duro e cinico, o almeno un po’ “strano”. Invece il finale porta con sé una componente sdolcinata che mi pare davvero poco plausibile per una faccia del genere.
Ci sarebbero altri difetti, come ad esempio un uso delle musiche piuttosto svogliato e poco impattante, ma preferisco sottolineare una delle poche note realmente positive: i comprimari. Divertente è la segretaria di Harry, che riesce a costruire un negozio di scarpe all’interno dello studio, e divertente è anche Adam (Nathan Corddry), l’avvocato giovane che affronta le cause con entusiasmo fin troppo pronunciato. Davvero bravo, infine, è Paul McCrane (ex dottor Romano di ER), che mette in scena un pubblico ministero velenoso e irritante, caratterizzato da un modo di parlare assai buffo (molto veloce e pieno di ripetizioni) che sembra l’unica vera “kellyata” di tutto l’episodio.
In finale di post, come al solito, smorzo i toni: non sto dicendo che il pilot di Harry’s Law è una schifezza immonda. Ma da David E. Kelly ci si aspetta tanto, tanto di più.
A conti fatti, il vero problema è che non mi è venuta alcuna voglia di vedere il secondo episodio. Non proprio una gran cosa, per un telefilm…
Previsioni sul futuro: Harry aiuterà un sacco di persone sfoggiando bravura non comune e mettendo in scacco tutti i tronfi avvocati della città, rimasti nei loro studi superlusso.
Perché guardarlo: può avere senso dare fiducia a produttori e attori di questo calibro.
Perché mollarlo: la noia non è una componente abituale negli show di David E. Kelly. Purtroppo c’è sempre una prima volta.
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