Anche Roy Thomas, creatore originale di Iron Fist, interviene sulla polemica circa l’etnia del protagonista di Diego Castelli
Guarda te se bisogna perdere tempo dietro a sti imbecilli
Chissà se fra qualche anno ne avremo una percezione più precisa, come quelli che oggi si guardano alle spalle e dicono “Gesù, come diavolo mi vestivo nell’85”. Ma già ora, pur essendoci dentro, possiamo dire che viviamo tempi ben strani, in cui la follia di certe persone, giornalmente amplificata dalla vetrina di internet, riesce a storpiare anche gli intenti più lodevoli, trasformandoli in nuove manifestazione della loro stupidità.
Sono gli anni in cui la giustissima lotta all’anoressia diventa elogio dell’obesità, il legittimo desiderio di sicurezza si tramuta in razzismo, l’aspirazione all’uguaglianza dei diritti si trasforma in una ricerca dell’appiattimento culturale, politico e perfino biologico, come se invece di accettare, esaltare e scoprire le differenze, fosse necessario rendere tutto uguale e normale, perché solo ciò che è normale è giusto e vero.
Uno degli ultimi esempi di questo tipo di moralismo a tutti i costi e in tutte le situazioni, lo abbiamo visto con la polemica intorno al protagonista di Iron Fist, già citata dal Martino in fase di recensione.
Come ormai saprete, in molti si sono lamentati del fatto che il protagonista Danny non è asiatico, sostenendo che un attore orientale sarebbe stato più adatto a interpretare un personaggio esperto di arti marziali.
Una posizione sbagliata a così tanti livelli, che non si sa da dove cominciare. Basta forse citare il fatto che il protagonista è un americano che va in Asia e torna dopo molti anni di addestramento, e quindi farlo asiatico avrebbe avuto meno senso, e poi sottolineare che anche il personaggio originale a fumetti è caucasico, quindi in questo senso Netflix è semplicemente rimasta nel solco già tracciato su carta.
Ma è una posizione sbagliata soprattutto perché, paradossalmente, è essa stessa di un razzismo devastante, perché presuppone che per interpretare un esperto di arti marziali sia meglio un asiatico, così come, immagino, un nero sia meglio per impersonare un rapper, e magari un italiano sarebbe l’ideale per interpretare un pizzaiolo. Siamo a questo livello, degli stereotipi più beceri, che in nome di un vago rispetto per tutte le minoranze diventano razzismo quasi genitoriale del tipo “non essere avido, dai un contentino al tuo fratellino sfigato”.
Ma se uno come me, che è solo un tizio qualunque con un blog in Italia, può non avere voce in capitolo, diverso è il caso di Roy Thomas, il creatore dell’Iron Fist a fumetti.
Thomas, classe 1940, è uno dei grandi vecchi del fumetto americano, primo successore di Stan Lee come editor in chief della Marvel e figura importantissima anche dell’universo DC.
Ebbene, Thomas inventò Iron Fist nel 1974, in collaborazione col disegnatore Gil Kane, e ora è stato intervistato da Vulture a proposito della polemica montata all’uscita della serie Marvel-Netflix.
Ascoltare la pacata semplicità con cui Thomas manda al mittente questa caterva di stronzate è come farsi spalmare dalla mamma una manciata di Vicks Vaporub sul petto: una boccata di freschezza e di buon senso.
“Sì, qualcuno me ne ha parlato vagamente” dice Thomas a proposito della polemica. “Cerco di non pensarci troppo. Ho così poca pazienza per questo genere di sensazioni. Voglio dire, capisco da dove vengono. ‘Appropriazione culturale’, mio dio. È solo una storia d’avventura. Questa gente non ha nulla di meglio da fare che preoccuparsi del fatto che Iron Fist non è orientale, o quale sia la parola giusta per dirlo? Lo so che ‘orientale’ non è nemmeno la parola giusta adesso.
Se avessero voluto eliminare l’Iron Fist bianco e venirsene fuori con uno che non era caucasico, la cosa non mi avrebbe creato problemi, ma nemmeno mi vergogno per averne invetato uno che bianco lo era. Non era pensato per avere risvolti razziali, era solo un uomo a cui erano state insegnate delle cose. Allo stesso tempo, se avessero deciso di rendere Iron Fist asiatico, mi sarebbe andato bene anche quello. Non me ne sarebbe importato nulla. Non mi consideravo una specie di guardiano della letteratura caucasica o niente del genere. Ma sicuramente trovavo più facile farlo caucasico, e così ho fatto. Se qualcuno mi avesse detto “perché non lo facciamo asiatico?” beh, avremmo potuto farlo anche così.”
Insomma, sono dovuti andare da un vecchio autore quasi ottantenne per sentirsi dire una cosa semplicissima: la razza c’entra poco o nulla col personaggio di Iron Fist, quindi chi se ne frega se è bianco, nero, giallo o a pallini.
Cosa ben diversa, aggiungo io, rispetto a un Luke Cage, in cui la pelle nera, legata al contesto culturale in cui il personaggio era nato e cresciuto, aveva effettivamente un significato preciso nella costruzione dell’eroe, e andava quindi preservata, come ovviamente è stato fatto.
Tutto molto semplice, lineare, non bisognoso di inutili complicazioni ed energie sprecate in battaglie senza senso.
Ma purtroppo è così: dai una buona causa in mano a un cretino, e quello troverà il modo di farla diventare una causa cretina. Probabilmente sono gli stessi che si lamentavano dello stupro di Sansa in Game of Thrones…