13 Dicembre 2016 5 commenti

Berlin Station – Non la solita serie tv di spie e segreti di Marco Villa

Se siete in astinenza da Homeland, Berlin Station è il vostro metadone

Copertina, Pilot

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Poche cose sono rassicuranti e classiche come i generi. Poche cose sono stimolanti come scavarci dentro per trovare strade nuove o battere sentieri che sono sempre esistiti, ma sono stati lasciati da parte. Prendendo in esame il genere delle spy story, Berlin Station veste perfettamente quest’ultima descrizione.

Berlin Station è una serie tv in onda su Epix da ottobre. Creata da Olen Steinhauer, presenta qualche volto noto come Richard Jenkins (Six Feet Under) e Michelle Forbes (The Killing) racconta vicende e personaggi che lavorano presso la stazione CIA di Berlino. Siamo nel presente e Berlin Station si configura come un racconto di spionaggio al 100% contemporaneo: si parla di leak di informazioni e di uno scontro che si sposta sempre di più sul versante informatico. La storia di base è quella che segue a una clamorosa fuga di notizie operata da Thomas Show, il Julian Assange della situazione, che rivela segreti scomodi sulle attività della CIA e provoca la cacciata di uno degli agenti americani in Germania. Un fatto che mette in pericolo la sicurezza dell’agenzia, ma anche le vite dei singoli agenti, che vedono a repentaglio la propria carriera. Tutti cercano di sistemare la situazione come possono, spesso agendo in totale autonomia, con doppi giochi e sotterfugi.

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Sono rimasto molto vago sulla trama perché oggettivamente molto complessa da riassumere: spesso nelle serie tv abbiamo uno schema per cui storie singole e separate vanno pian piano a riunirsi in un unico racconto. In questo caso, invece, siamo all’esatto opposto: un evento che mette in moto o accelera tante sottotrame parallele. C’è chi indaga per i fatti suoi su Thomas Show, chi con Show fa il doppio gioco ed è coinvolto in una storia omosessuale con un informatore, chi cerca di far carriera e chi vuole solo che tutto finisca perché non ne può più di questa vita.

Non è certo un approccio rivoluzionario per una serie tv, ma è molto interessante il modo in cui Berlin Station lavora su tutti questi personaggi. Parlando di serie spy e di Berlino è ovvio pensare subito a Homeland: nella serie capolavoro di Showtime, però, tutti i protagonisti sono dotati di grande carisma, lavorano nell’ombra, ma potrebbero essere dei grandi leader e trascinatori. In Berlin Station, invece, tutti i protagonisti sono grigi, apparentemente senza forza e questa è una sfida enorme per una serie che vuole basare tutto su storie legate ai singoli personaggi. Ah, per la cronaca: pure il personaggio centrale, interpretato da Richard Armitage, è mollissimo.

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Quella proposta da Berlin Station è una riflessione sulla psicologia che si cela dietro il ruolo degli agenti segreti, non semplicemente una spy story. Nel secondo episodio in un dialogo arriva esplicito un paragone con i vampiri, esseri condannati a nascondersi nell’ombra e negare la propria natura, perché alla luce del sole morirebbero.

La forza di Berlin Station e in fondo anche la sua originalità sta tutta qui, nel voler essere una serie di spionaggio che usa lo spionaggio quasi come uno sfondo, un’ambientazione. Un modo come un altro per cercare nuovi percorsi all’interno del genere.

Perché guardare Berlin Station: perché è un modo diverso di affrontare il genere spy e perché non ce la fate più ad aspettare Homeland

Perché mollare Berlin Station: perché non è una serie spy di quelle con la gente che corre e spara



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