The Crown – Il primo grande classico di Netflix di Marco Villa
Abbiamo visto in anteprima The Crown, la serie tv di Netflix dedicata alla regina Elisabetta
The Crown è la serie tv più rischiosa che abbia mai fatto Netflix. La più rischiosa perché non si tratta di un titolo vicino a quelli fin qui prodotti dall’ex servizio di videonoleggio a distanza, ma del tentativo di fare un passo ancora più ambizioso e complicato: sfornare un classico. Da House of Cards in poi, le produzioni originali Netflix si sono sempre piazzate su livelli qualitativi tra il buono e l’ottimo, cercando sempre di portare un tono nuovo nei vari generi che venivano toccati. Per quanto vasto e in costante crescita, il pubblico di riferimento era in fondo sempre piuttosto giovane e pronto alle novità, motivo per cui Netflix ha sempre provato a spingere le proprie serie tv un passo più in là, per stupire, coinvolgere e quindi fidelizzare. Un’operazione riuscita alla grande, che ora arriva a una svolta cruciale, perché è evidente che The Crown e (tra un paio di settimane) Gilmore Girls, sono fatte apposta per tirare in mezzo un pubblico più generalista. Perché sì, se andasse sulla “tv normale” The Crown sarebbe la serie che mia mamma non si perderebbe per nulla al mondo. E non solo lei.
Con un costo di circa 13 milioni di dollari a puntata, The Crown è la serie tv più costosa di Netflix (e una delle più costose ever) e racconta la vita della Regina Elisabetta II d’Inghilterra, dall’ascesa al trono ai giorni nostri. Un progetto mastodontico, che parte con l’ambizione di raccontare oltre mezzo secolo di storia inglese ed europea. L’uomo che si porta sulle spalle la responsabilità di The Crown è Peter Morgan, già sceneggiatore di film di altissimo livello di scrittura come The Queen (ma dai), Frost/Nixon e Rush. A interpretare la regina è Claire Foy (White Heat e Crossbones, tra le altre cose), mentre al suo fianco, nel ruolo del principe consorte, c’è Matt Smith, amato dai più in quanto volto del Doctor Who per tre stagioni.
A prima vista, The Crown può sembrare un serie biografica, dedicata alla regina e i primi episodi danno di fatto questa sensazione: si assiste alla morte di Giorgio VI e all’ascesa al trono, così come ai primi passi da sovrana della giovane Elisabetta, al suo rapporto con l’anziano primo ministro Winston Churchill (John Lithgow, il serial killer Trinity di Dexter, anche se è davvero riduttivo indicarlo solo così) e a quello con il marito in cerca di un ruolo diverso dal sorridere al taglio dei nastri. Non sembrerebbe, insomma, di essere tanto lontani dalla trama di fondo di Victoria, altra serie con ambizioni super-generaliste, partita abbastanza bene e poi clamorosamente naufragata in una soap. Il rischio, ovviamente, è lo stesso per The Crown, ma la soluzione trovata da Peter Morgan è allo stesso tempo semplice e geniale. Questa serie tv non si chiama Elisabeth, ma The Crown: pur presentandosi come una serie sulla sovrana più longeva della storia inglese, è in realtà una serie dedicata all’istituto della monarchia.
Nel corso delle puntate, più volte Elisabetta si trova di fronte a dubbi o dilemmi di varia portata e puntualmente arriva qualcuno (soprattutto la nonna) a ricordarle che lei e la sua vita non sono nulla, perché deve rendere conto a mille anni di storia e di tradizioni. Una chiave narrativa che può apparire ovvia, ma che in realtà permette a The Crown di procedere con forza nonostante la propria protagonista non faccia altro che firmare documenti e guardare chiunque con occhioni spauriti.
È quindi la corona al centro della serie, come di fatto è dichiarato in maniera evidente già dal titolo. La storia di Elisabetta diventa così il tramite tra un corpus gigante di tradizioni e il tempo presente, tra la difesa di riti e liturgie fuori dal mondo e un mondo che viaggia ad altre velocità. Ho citato il personaggio della nonna perché fondamentale: è dalla sua bocca che escono frasi che parlano di investitura divina del monarca, frasi che alle nostre orecchie normalmente suonerebbero folli, ma che sono perfettamente coerenti con The Crown, se si intende la serie il racconto di come la monarchia inglese abbia bisogno di bilanciare resistenza e cambiamento per preservare non solo la propria storia, ma anche la propria esistenza. Anche in quest’ottica si spiega la rilevanza data nella prima metà di stagione a Edoardo VII, zio di Elisabetta che rinunciò alla corona per amore. Una storia avventurosa, certo, che in The Crown viene però raccontata esclusivamente come un gran rifiuto imperdonabile.
Si tratta di un taglio estremamente più interessante della semplice vita di una monarca, anche perché permette in alcune puntate di sganciarsi per lunghi minuti dalla vita di Elisabetta, per andare a raccontare episodi che la toccano solo marginalmente, come il grande smog di Londra del 1952. In questo modo, The Crown riesce ad aprirsi, evitando di diventare il racconto di mezzo secolo attraverso il punto di vista più elitario ed esclusivo possibile ed evitando anche il rischio soap.
Sì, perché c’è una cosa fondamentale che non ho ancora detto: The Crown è una serie che ti tira dentro in mezza puntata, scritta con incredibile cura e con un ritmo perfetto. E no, non sono un monarchico che sogna un mondo di teste coronate, ve lo posso garantire.
Perché seguire The Crown: perché è una serie scritta benissimo e con un taglio molto intelligente
Perché mollare The Crown: perché non è House of Cards