Greek – La quarta stagione di Marco Villa
L’oscuro mondo di confraternite e sorellanze
Avete presente quelle serie zuccherose? Quelle talmente pucci da essere svenevoli anche per delle adolescenti che hanno appena iniziato ad adolescere?
Ecco. Oggi parliamo di una cosa del genere, oggi parliamo di Greek.
Ora, normalmente una serie come Greek io l’avrei mollata al primo episodio, invece sono qui a raccontarvi della quarta e ultima stagione, iniziata il 3 gennaio su ABC Family.
Si chiama Greek perché fa riferimento al sistema di confraternite e sorellanze, presenti nei campus americani e battezzati con le lettere greche. Si tratta di quelle associazioni più o meno esclusive, in cui si stringono patti di cameratismo che stanno tra il boyscout e la massoneria. Nel telefilm, chi ne fa parte dice di essere motivato dalla volontà di cercare “un legame che durerà tutta la vita”, “una totale condivisione di questi anni giovani”, “una palestra per mettere alla prova le proprie capacità relazionali”. Cazzate. L’unico obiettivo è l’accoppiamento.
Come spesso accade, la serie parte quando un personaggio arriva per la prima volta in un posto nuovo. In questo caso seguiamo le vicende di Rusty Cartwright, detto Spitter, geek di provincia che approda nell’immaginaria Cyprus Rhodes University. Insieme a lui conosciamo tutte le regole delle confraternite e tutti gli intrighi sentimentali della situazione, su tutti il triangolo Casey-Cappie-Evan, che si protrarrà – presumo – fino all’ultimo episodio.
Dicevo, io normalmente un telefilm come Greek non lo guarderei per nessuna ragione al mondo. Due palle ‘sti ragazzi bellocci e multivitaminici, senza contare che la messa in onda su ABC Family garantisce un livello di trasgressività pari a quello di Sat 2000. E senza dimenticare che, ormai, ogni serie teen ha di fronte a sé l’ardua pietra di paragone rappresentata da Skins.
E invece.
E invece la prima stagione non è male. Certo, siamo sempre dentro a un girone infernale che parte da Beverly Hills 90210 e approda a Dawson’s Creek, ma la prima annata riesce a trovare un equilibrio interessante tra patemi d’amore e personaggi piacevolmente idioti. In più, ha il coraggio di scelte che io ammiro sempre tanto: evita di mostrare momenti che dovrebbero essere cruciali (la prima volta del geek di provincia, giusto evocata nel corso della seconda o della terza volta) e cerca di creare personaggi capaci di sorprendere (Casey, che dall’alto della sua immagine di brava ragazza non esita a fare sesso con gente varia nei dormitori per vendicarsi di un tradimento del fidanzato).
Tutto qui? Sì, tutto qui, ma si tratta di elementi sufficienti per una prima stagione leggera, veloce, senza pretese.
Poi, il crollo. Dalla seconda stagione Greek si blocca su se stessa, proponendo una serie di episodi identici in tutto e per tutto: una festa a tema e i preparativi, l’ostacolo che sembra mandare a monte il party stesso, superamento del problema, svolgimento della festa con annessa risoluzione di un problema sorto negli episodi precedenti e nascita di una storyline che verrà archiviata nei party seguenti. Sempre così, sempre uguale: vicende talmente fotocopiate da uccidere i singoli personaggi, diventati allo stesso tempo ultrastereotipati e del tutto privi di identità, al punto da essere intercambiabili (con l’unica eccezione di Dale, il bacchettone sudista bigotto che dà un po’ di diversità al tutto). E allora il giochino ben riuscito della prima stagione va a farsi benedire.
Arriviamo così alla quarta stagione, la cui premiere conferma gli aspetti più negativi messi in mostra fin qui. Ancora una decina di episodi e poi tutto finito. Giusto così, anche se con quei due anni di ritardo.