Anteprima Westworld: la serie più attesa non delude, anzi! [NO Spoiler] di Francesco Martino
Arriva la bomba
Se c’è una cosa che ho imparato dopo qualche anno passato a guardare e a scrivere di film e serie tv, è che non bisogna (quasi) mai credere all’hype. Dietro un prodotto pubblicizzato alla perfezione può nascondersi un reparto marketing eroico, di quelli capaci di trasformare anche la più scialba delle comedy NBC nel prodotto del momento. Anche per questo, qualche tempo fa, avevo deciso di non rovinarmi Westworld, l’attesissima serie scifi-western di HBO, rinchiudendomi in una grotta virtuale e cercando di ripararmi da trailer, immagini e notizie. Ovvio, qualcosa è filtrato, e tra le poche cose che mi era capitato di vedere/sentire c’erano anche quelle voci che volevano la serie al centro di qualche problema produttivo.
Ecco, immaginatevi la mia reazione dopo che una notizia del genere mi aveva riportato alla mente alcuni degli ultimi “flop” di HBO, da Vinyl alla seconda stagione di True Detective, fino ad arrivare a quella cancellazione di Togetherness che ancora oggi mi fa saltare i nervi. Quante volte l’abbiamo vista una storia del genere? Quella del grande film o serie tv ricolmi di speranze che finiscono per fallire, per un motivo o per l’altro? Com’è che si dice, più sono grandi e più fanno rumore quando cadono, giusto?
Stavolta, però, l’introduzione scettica serve solo per dirvi di stare tranquilli, perché per una volta mi sono sbagliato: dopo un solo episodio, visto in anteprima a Roma, Westworld entra di diritto nella lista delle serie evento del 2016, e HBO potrebbe avere tra le mani una delle punte di diamante dei prossimi anni seriali.
Ma partiamo dall’inizio, da quella “grotta virtuale” che mi ha avvicinato a questo pilot in modo quasi immacolato, con qualche dettaglio su trame e cast, ma senza un’idea chiara di quello che avrei visto. Un bene, visto che mai come in questo caso siamo davanti a un prodotto che rifugge lo spiegone, che non passa il tempo a guidare lo spettatore all’interno di un nuovo mondo con una voce fuori campo che dice frasi del tipo “Siamo nell’anno x e la razza umana vive nell’iperspazio”, ma che lo sbatte davanti alla sua realtà narrativa.
E noi non rovineremo la festa alla serie: con questo articolo non vogliamo entrare nel merito delle singole scelte creative e stilistiche, che affronteremo nei prossimi giorni quando il pilot sarà effettivamente andato in onda sia negli USA che in Italia, ma piuttosto dare conto delle sensazioni suscitate da un lungo pilot che ha muscoli da mostrare e non si fa pregare per farlo.
In questo senso, la parte più ostica è soprattutto la prima mezz’ora, in cui una densa rete di dialoghi ci spiega il funzionamento del parco di divertimenti che dà nome alla serie e la sua natura di gigantesca Gardaland in cui i ricconi vanno a sfogare ogni loro più turpe desiderio (da qui il sottotitolo “Live without limits”) sulla pelle sintetica di una pletora di androidi che a un certo punto non ci staranno più a fare da semplici marionette e sex toys. Se qualcuno vede il parco come un banale mezzo per arricchirsi, dall’altra c’è chi ha fatto dell’evoluzione tecnologica e dello sviluppo maniacale dei robot che lo popolano la propria missione di vita. Un bisogno che porterà ben presto a delle conseguenze, introducendo sin da subito nella serie i temi tanto cari alla letteratura di Asimov.
Il pregio di questo pilot sta però nel saper introdurre temi tanto “scontati” quanto le tre leggi della robotica in modo elegante, adatto alla contemporaneità, con uno stile a tratti sorprendente che ricorda prodotti parzialmente insospettabili come Ricomincio da capo o The Truman Show, e con un cast che fin da subito mostra il suo peso essenziale nell’economia della serie. Su tutti Anthony Hopkins ed Ed Harris, facce da cinema e da oscar, anime di questo episodio e capaci in poche inquadrature di mettere in un piccolo angolo buio tutto il resto del cast. Proprio Harris è poi al centro di quello che rimane un mistero anche per chi conosce il film originale di Michael Crichton (che aveva una piccola ossessione per i parchi a tema).
Ecco, dovendo fare l’ovvio paragone con Il Mondo dei Robot (il film del 1973 da cui Westworld è tratta) è ovvio che questa versione seriale ha ambizioni ben più vaste, che molto probabilmente non si limiteranno al solo parco, soprattutto alla luce di quelle voci che vorrebbero il network intenzionato a portarla avanti per parecchie stagioni. Ciò che rimane del concept originale è soprattutto quel sapore western che nel film di Crichton si identificava con un’icona come Yul Brynner, e che qui ha le sembianze dell’impressionante ricostruzione di questo mitico paese dei balocchi.
Davanti a una cosa mastodontica come Westworld, di cui abbiamo appena cominciato a grattare la superficie, l’unica paura è che Jonathan Nolan possa venirne sopraffatto, sprecando parte di un potenziale che al momento appare unico, da vero cult della serialità. Ma il buon Jonathan, che ha nel curriculum la co-sceneggiatura del Cavaliere Oscuro, di Interstellar, e la creazione di Person of Interest, non è esattamente l’ultimo degli imbecilli. Incrociamo le dita.
Perché seguire Westworld: perché ha tutte le carte in regola per diventare grande, e non si può rischiare di rimanere fuori dalla prossima, potenziale serial-mania.
Perché mollare Westworld: solo se odiate le serie dall’intreccio complicato, perché Westworld probabilmente lo sarà.