Game of Thrones 6 season finale: fuoco alle polveri! di Diego Castelli
Morti e bilanci
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OVVIAMENTE SPOILER, CHE VE LO DICO A FARE…
La vittoria sulla Spagna, il season finale di Game of Thrones, la brutta notizia della morte di Bud Spencer, grande eroe di tanti bei momenti dell’infanzia. Diciamo che non è stata una serata anonima, e ora sono qui, alle 23:40 nella caldazza estiva, a cercare di tirare le ennesime fila del discorso.
Io dico di partire con un bel riassuntone facile della 6×10. Ma pure per punti guarda.
Riassumiamo
-Si inizia con l’atteso processo a Loras Tyrell e, in teoria, a Cersei. Loras ammette i suoi “crimini” e accetta di diventare un servitore dei Sette, cosa che gli fa guadagnare un bel tatuaggino in punta di coltello. A sapere che un minuto dopo saltava in aria probabilmente avrebbe scelto la via degli insulti e delle pernacchie.
-Quel vecchio maialone di Pycelle ha appena giaciuto con la sua ultima battona, perché una selva di ragazzini incazzati mandati da Cersei lo devasta di coltellate. Eri già vissuto abbastanza, caro mio, questa è Game of Thrones e Cersei non è una mamma per amica.
-Il braccio destro dell’High Sparrow viene anch’egli ferito a morte e si ritrova a strisciare proprio nella stanza in cui Cersei ‘Unabomber’ Lannister ha piazzato quintalate di Altofuoco perché col piffero che si fa processare!
-Primo momento dannatamente gagliardo dell’episodio: la trappola scatta, l’altofuoco esplode e muoiono un po’ tutti, soprattutto l’Alto Passero e Margaery. Un momento di cordoglio per il fatto che non vedremo più quella bella figliuola della Tyrell, un momento di irritazione per il fatto che il vecchio è morto così in fretta, e poi un momento di esaltazione totale quando Cersei se la sogghigna come la peggior regina cattiva della Disney.
-Non è finita: Cersei inchioda quella stronza di Unella e lascia alla Montagna (che rivediamo senza elmo) il compito di torturarla a lungo, mentre lei se ne esce dalla stanza cantilenando “shame, shame, shame…”
-Se sto dando l’impressione di applaudire alle gesta di una pazza psicopatica e assassina… beh è così. Se c’è una cosa che Game of Thrones fa bene è sporcare di sangue anche le mani degli innocenti spettatori.
-Torniamo a noi. Altra scena madre: quasi un minuto di inquadratura fissa per raccontare il suicidio di Tommen. Il ragazzino aveva trovato la gnocca e un padre spirituale, la madre glieli ha portati via entrambi, e lui non l’ha presa benissimo.
-Un dialogo fra Lord Frey e Jaime che serve più che altro a sottolineare quanto sia sozzo il primo e nobile il secondo, anche se sono tutti e due Sterminatori di re.
-Cersei davanti al cadavere di Tommen. Si noti come chieda di farlo riposare insieme al padre, al fratello, alla sorella. Sì insomma, a Cersei non è rimasto nessuno, anche un po’ per colpa sua, diciamo che ha fatto terra bruciata intorno a sè. Ehm…
-Momento tenerissimo con Sam che finalmente raggiunge l’agognata biblioteca della Citadel e ammira sognante le migliaia e migliaia di libri. Non è il primo né l’unico momento di questo episodio in cui la potenza visiva della serie viene messa al servizio di inquadrature di ampissimo respiro.
-Duro confronto fra Davos, Melisandre e Jon Snow. Messa di fronte alle sue responsabilità per la morte della principessina Shireen, Melisandre ascolta la minaccia di Davos e piazza l’espressione qui sotto. Fortuna che Jon Snow, uno che quando serve impicca i ragazzini ma poi ha un debole per le vulve infuocate, le concede l’esilio al Sud (e nessuno ci ha ancora spiegato la faccenda dell’invecchiamento, o sbaglio?)
-Dialogo fra Sansa e Jon. Il ragazzotto riconosce i meriti di Sansa, che a sua volta si scusa per non averlo avvisato dell’intervento di Littlefinger, di fatto confermando le spiegazioni di chi, giustamente, interpretava questo segreto come un tentativo di cogliere Ramsay di sorpresa, senza permettere a Jon di sputtanare tutto. Lui la bacia in fronte e le dice “dobbiamo fidarci di più fra di noi”. Più di così non può dirle senza fare una figura di merda.
-Ah, in questo dialogo per la prima volta viene detto “winter is here”. Quindi, finalmente, l’inverno è arrivato.
-Breve scena a Dorne, dove lady Olenna, rimasta praticamente senza parenti, si allea con la vedova di Oberyn in ottica anti-Lannister, visto che Cersei è personalmente responsabile di tutti i loro lutti (non che loro siano santarelline, ma ci siamo capiti). Alla fine compare anche lord Varys, passato di lì a tessere nuove alleanze in vista della marcia di Khaleesi su Westeros.
-Doppia scena con Daenerys. Nella prima la madre di draghi, regina di Meereen ecc ecc, piazza un grosso due di picche sulla fronte di Daario costringendolo a rimanere a Meereen mentre lei se ne va a Westeros a far la guerra. Lui la prende malino, e anche peggio quando lei gli spiega candidamente che dovrà sposare qualcuno una volta arrivata al di là del mare, giusto per stringere qualche alleanza. Lui comunque reagisce con compostezza, si inchina e se ne va. Poi sempre Daenerys ha un dialogo più franco con Tyrion, per il quale la regina si estrae momentaneamente il palo dal retto. Diventata ormai una Targaryen dura e pura (e spietata), Daenerys non è immune alla paura, soprattutto la paura di essere diventata una gelida stronza. Tyrion però le risolleva il morale: lui crede in lei, viene nominato Primo Cavaliere, e le si inginocchia davanti, appollaiato su un gradino che gli ha permesso di essere quasi al suo livello durante la conversazione. Piccole dettagli metaforici, diciamo.
-Torniamo al viscido Lord Frey, altro personaggio che finalmente ci saluta: a farlo fuori è Arya, che ha lasciato la sua setta di assassini ma non ha affatto dimenticato certi trucchetti appresi in questi mesi: si presenta alla tavola del vecchio con una maschera di lattice tipo Lupin III, gli fa notare che sta mangiando i suoi figli, debitamente uccisi e macellati, e poi gli taglia la gola godendosela non poco e scandendo bene il suo nome di battesimo. The Starks sends their regards…
-Momento vagamente inquietante fra Ditocorto e Sansa. Lui cerca di limonare, lei lo respinge ma in fondo l’idea di stargli accanto nei pressi del Trono di Spade non le fa mica schifo. Ricordiamo che settimana scorsa abbiamo esultato per la sua vendetta nei confronti di Ramsay, ma Sansa rimane una che ha mandato a morire centinaia di soldati e il suo stesso fratello pur di vincere una battaglia. Non proprio una dolce fanciullina, insomma.
-Una scena fon-da-men-ta-le anche per Bran: il nostro torna nuovamente indietro nel tempo e assiste alla nascita di Jon Snow. Viene confermata la non-paternità di Ned Stark, che invece ha accolto il figlio della sorella minore che, altrimenti, sarebbe finito preda dell’ira di Robert. Facendo due più due, sembra confermata una delle più solide e lunghe fan theories della saga, ossia il fatto che Jon sarebbe figlio di Lyanna Stark (cosa ormai confermata) e Rhaegar Targaryen, fratello maggiore di Daenerys. Ormai manca solo l’ufficialità, perché Lyanna sussurra il segreto all’orecchio di Ned e Bran, che potrebbe andare vicino ad ascoltare, non lo fa perché sennò poi nessuno guarda la settima stagione. Ma ormai è difficile pensare a uno scenario diverso.
E comunque applausi per lo stacco fra il primo piano del neonato e quello di Jon, che rispetto all’infante trasmette più o meno la stessa sensazione di pronta intelligenza.
-La scena successiva è una delle più potenti dell’episodio e della stagione: Jon cerca di portare ordine nelle fila dei suoi uomini, ma ovviamente fa fatica e deve farsi aiutare da una donna, anzi una bambina: Lyanna Mormont, chiamata come la madre di Jon, deve fargli da balia convincendo gli altri signori del Nord a giurargli fedeltà. Lo fanno tutti, e a noi il cuore si scalda un po’. Intanto Sansa lancia sguardi proto-sessuali a Baelish, vedremo con che conseguenze.
-Jaime torna a casa dopo aver lasciato (morire) Lord Frey, e si trova di fronte fumo, fiamme e macerie. Arriva durante l’incoronazione di Cersei, che finalmente non è più moglie o madre di nessuno, è lei la Regina, e per arrivare a questo traguardo è dovuta passare dallo sterminio di tutta la sua famiglia tranne l’amato fratello.
-Siamo alla fine: lunghe e possenti inquadrature ci mostrano la flotta con cui Daenerys e i Greyjoy stanno veleggiando verso Westeros con precise mire di conquista. Centinaia di navi e l’ombra volante dei draghi, in rotta verso quelle che si preannunciano come una discreta serie di rese dei conti.
Uff, ce l’abbiamo fatta. Ci siete ancora tutti? Bene.
Lasciatemi dire una cosa banalissima: questa stagione di Game of Thrones mi è piaciuta. Pure tanto.
In quanto critici e recensori (pur amatoriali), rischiamo sempre di essere vittime di una sindrome che i social network hanno allargato anche al pubblico più tradizionale, non impegnato nella redazione di articoli o nella gestione di siti. Sempre più, quando guardiamo un film o una serie tv, li guardiamo pensando a cosa ne scriveremo dopo. Ci stiamo lentamente trasformando in recensori compulsivi, che hanno più a cuore l’effetto che sortiranno con la loro recensione, piuttosto che l’effetto che ha su di loro il film/serie tv che stanno guardando in quel momento.
In un caso come quello di Game of Thrones, la fama mondiale della serie amplifica ulteriormente la sindrome, distraendoci dal qui ed ora della fruizione per farci concentrare prematuramente sulla creazione del prossimo meme o sulla stesura del prossimo commento, che deve essere obbligatoriamente il più intelligente, arguto, sagace, brillante rispetto a quello di tutti i nostri amici e concorrenti.
Ecco, per un attimo lasciatemi essere per niente arguto e per niente sagace. Mi sono divertito un sacco quest’anno, e in buona parte me ne frego di certe polemiche, certi ditini puntati su questo o quel dettaglio, senza contare i soliti paragoni con i libri (che ci sono stati pure quest’anno anche in assenza del nuovo romanzo, di solito nella forma del “hanno rovinato questo personaggio”).
Io mi sono divertito, semplicemente e gioiosamente. Mi sono divertito con le battaglie e gli intrighi. Mi sono divertito con Jon Snow che risorge, lascia i nightwatch, riabbraccia la sorella e ci organizza la battaglia televisiva più bella di sempre. Mi sono divertito con la morte di molti cattivi d’annata, che meritavano ogni sofferenza e che, con essa, hanno forse fatto nascere nuovi e inaspettati “cattivi” come Sansa o Arya. Mi sono divertito con certi inserti comici che sembravano un po’ posticci ma che strappavano anche sorrisi sinceri, come l’infatuazione di Tormund per Brienne. Mi sono divertito nel rivedere il Mastino, che non ha combinato molto in termini di macronarrazione, ma che ogni volta che è in scena buca lo schermo come pochi. Mi sono emozionato con la morte di Hodor, al culmine di un circuito temporale che alcuni non hanno capito ma che a me sembrava chiarissimo (Bran torna nel passato, manipola la mente di un ragazzotto cicciotto, lo trasforma in Hodor e se lo ritrova così nel presente, dov’è il problema?). Ho applaudito con forza al cospetto di Daenerys piromane, della Montagna che strappa i passeri a mani nude, e come detto anche di Cersei che, nel dubbio, fa esplodere tutti.
Mi sono divertito, insomma, durante una stagione in cui gli autori, liberi dalla guida/gabbia dei romanzi di Martin, hanno deciso di rendere tutto un po’ più televisivo, nel senso di aggiungere più elementi ad effetto per garantire un po’ di sugo anche agli episodi di mezzo che, negli anni passati, finivano con l’essere un po’ mosci, salvo ovviamente vistosissime eccezioni.
Se rivendico il mio diritto a divertirmi senza fare una malattia di ogni singolo difetto, ciò non toglie che quei difetti ci siano e si vedano pure. Tralasciando come al solito qualunque giudizio che si basi sui libri, è però abbastanza palese che proprio quell’approccio un po’ più easy di cui parlavamo poco sopra abbia in qualche punto sfilacciato la narrazione aprendo qualche buco in più del solito, ma soprattutto forzando la mano in situazioni di cui, da un certo punto di vista, non si sentiva il bisogno o sono rimaste in sospeso.
Esempi? Il La sai l’ultima con Tyrion, che racconta barzellette per minuti senza che questo aggiunga quasi nulla alla narrazione complessiva. La vicenda di Margaery, che prima sembra avere chissà qualche piano segreto e poi muore nell’esplosione del tempio, lasciandoci col cerino in mano (di nuovo ste metafore col fuoco, perdonatemi). I problemi di invecchiamento di Melisandre e la sua acuta depressione post-Stannis, certamente giustificata ma a tratti apparsa eccessiva. Ma anche lo stesso ritorno del Mastino, se vogliamo, è tanto divertente quanto superfluo, almeno per ora.
Più in generale, una serie corale come Game of Thrones corre sempre il rischio di lasciare da parte qualcuno, mancando un perfetto equilibrio dei pesi compositivi. In questo senso, la stagione appena conclusa ha dato molto spazio a Jon, Sansa, Arya, tutti personaggi che hanno subito una nuova e netta evoluzione verso il loro futuro (basta pensare alla differenza fra la Sansa che scappa da Ramsay gettandosi nella neve e la spietata stratega che alla fine salva le chiappe al fratello), ma ha lasciato troppo indietro gente assai importante come Daenerys e Tyrion. Khaleesi ha passato l’ennesima stagione a far niente a parte il falò di dothraki e il finale, mentre Tyrion per molto tempo è stato una specie di inutile giullare di corte, senza riuscire a combinare granché e anzi rendendosi colpevole di un brutto errore di valutazione prima dell’attacco a Meereen (di fatto Daenerys lo nomina cavaliere per simpatia più che meriti acquisiti sul campo). Tutto questo senza contare l’ennesima, totale sparizione dei white walkers, che l’anno scorso sembravano praticamente pronti a suonare al campanello di Grande Inverno, e invece probabilmente si sono fermati a un autogrill sulla strada.
Ognuno di noi è dunque portato a dare un giudizio diverso anche sulla base di quali sono i suoi personaggi preferiti e su come sono stati trattati. Il tutto in una cornice che, piaccia o meno, ha lentamente assunto caratteristiche un po’ più mastodontiche, da blockbuster, sacrificando talvolta quella cesellatura dei dialoghi e quella costante finezza e doppiezza delle parole che era la nobile firma iniziale della serie nonché, a lungo andare, la fonte principale delle sue lungaggini.
Il finale però è sembrato avere un peso diverso, da vero punto di svolta. Dopo i fasti roboanti del nono episodio, il decimo è stato in qualche modo più lirico e silenzioso, ma non è stato meno affascinante dal punto di vista audiovisivo (le note di pianoforte in tutta la prima parte, la genuflessione di Tyrion, il suicidio di Tommen, il neonato e Jon) e soprattutto è stato carichissimo in termini prettamente narrativi.
Non solo è finalmente arrivato l’inverno, ma al momento dei titoli di coda lo scacchiere di Westeros è pulito, preciso e pronto all’azione come mai prima: al Nord Jon e Sansa, più a Sud il nuovo regno di Cersei liberato dai preti, a est l’arrivo di Daenerys con l’incognita dell’accoppiata Dorne-Tyrell.
Su tutto, l’ombra gelida dei morti viventi, a chiudere un quadro molto più chiaro e limpido rispetto a un paio di settimane fa.
Facile pensare che le prossime due stagioni, che dovrebbero essere le ultime e pure accorciate a 6-7 episodi, metteranno in scena un po’ di scontri decisivi fra gli umani in attesa, io credo, di una qualche forma di alleanza finale che permetta di sconfiggere i walkers (magari sulla base della teorica parentela fra Jon e Daenerys). Questo nella speranza che non finisca tutto a tarallucci e vino: di vedere Jon stringere la mano a Cersei non ho voglia, ma nemmeno vorrei assistere alla sconfitta finale degli umani, che uno come Martin potrebbe pure aver contemplato ma che il mio cuore di ragazzo degli anni Ottanta venuto su a pane e Spielberg non potrebbe nemmeno concepire.
A questo punto mi piacerebbe vedere una donna definitivamente sul Trono, visto l’acuto femminismo di questi ultimi tempi: in pratica c’è solo l’eroico ma imbranato Jon Snow a tenere alto il vessillo di noi maschietti, il resto sono in larga donne di polso in vena di menar le mani (Daenerys, Cersei, Sansa, Ellaria, Olenna, Arya, Brienne).
Ad ogni modo, mai come ora abbiamo avuto l’impressione di essere vicini alla fine e, dopo sei anni e malgrado tutte le analisi e le critiche che possiamo fare, io mi ritrovo qui tutto contento per aver guardato l’ennesima stagione, e in pratica ho già iniziato il countdown per la prossima.
È cambiata, evoluta, rimescolata, un po’ invecchiata, quasi finita. Ma Game of Thrones è sempre Game of Thrones.