Tre pilot in 42 secondi: Guilt, Cleverman e Still The King di Diego Castelli
Inutilità a piene mani
Sono particolarmente contento di aver introdotto la rubrica dei tripilot, con cui recensire rapidamente primi episodi che non ci invogliano a vedere i secondi, perché così quando vedo una serie loffia ho una terza opzione oltre a “faccio una recensione con tutti i crismi su un prodotto di cui frega poco” e “lascio proprio perdere e non dico niente a nessuno”.
In pratica ora quando vedo un pilot moscio me lo segno su un taccuino (metaforico) e poi ve ne parlo appena ho voglia, con un unico rischio: se il pilot era proprio inutile e intanto è passato troppo tempo, rischio di non ricordarmi più niente.
Questa volta mi è successo con la prima delle tre serie tv di cui parliamo oggi, talmente pregna di significato che oggi, un paio di mesi dopo, mi ricordo quasi niente.
Vabbè, procediamo comunque.
GUILT (FREEFORM)
Liberamente ispirata alla vicenda di Amanda Knox (sì, proprio lei), Guilt racconta di una tizia a cui muore la migliore amica durante una festa, uccisa da non si sa bene chi, ma di sicuro non da Patrick Lumumba. Polizia, avvocati, droga, scene del crimine, la pressione mediatica, tutto il cucuzzaro. E ci sono diverse cose che non vanno: il detective incaricato delle indagini sembra un merluzzo appena trasformato in uomo, l’espressività è quella lì; i dialoghi sono clamorosamente didascalici e stereotipati, manca solo che i personaggi alzino un cartello con scritto “dico questo perché così si capisce che sono figo”; a un certo punto salta fuori un principe con la vena sadomaso che fa tanto 50 sfumature, giusto per non farsi mancare niente.
Insomma, il livello è basso e il target molto teen, ma senza la consapevolezza che esistono anche teenager intelligenti. Si salvano gli occhi della protagonista, roba ipnotica, e soprattutto quel gran guascone di Billy Zane, che qui interpreta l’avvocato che si prende in carico le sorti dell’amica rimasta viva, su cui ovviamente cominciano a circolare sospetti. Lui è gustosamente arrogante e simpatico, tutto il resto è abbastanza piatto e inutile.
CLEVERMAN (Sundance TV)
Ancora una serie più o meno fantascientifica e questa volta, durante la visione del pilot, ho pensato: se la vede il Villa si strappa i vestiti e corre via urlando.
L’idea di base non sarebbe nemmeno così male: ambientata in Australia, Cleverman recupera alcuni miti degli aborigeni e li filtra in chiave moderna e quasi supereroistica, imbastendo un mondo in cui accanto agli umani ci sono anche gli Hairypeople, che potremmo malamente tradurre come “i pelosi” e che di fatto sono una specie di anello di congiuzione fra gli umani e i loro progenitori ominidi. Questi hairies sono una minoranza ghettizzata e maltrattata, che introduce nella serie tutta una serie di temi di stretta attualità come il razzismo, l’immigrazione ecc. Quindi roba che potrebbe interessare anche noi, oltre agli australiani.
Il problema, ancora una volta, è la realizzazione: malgrado i buoni propositi, Cleverman finisce con l’essere una specie di Vampire Diaries con la gente pelosa (almeno in Vampire Diaries sono tutti bellocci…). E una fetta del problema sta proprio qui, nel motivo del possibile ictus del Villa: sti pelosi non si possono vedere, sono brutti e posticci, e fanno sembrare tutto una goffa recita scolastica.
Anche in questo caso, niente di fatto.
STILL THE KING (CMT)
Debuttata a inizio settimana, Still The King è la nuova serie con protagonista Billy Ray Cyrus, famoso cantante country (e già attore seriale in Doc e Hanna Montana) nonché padre di Miley, ex stellina della Disney e oggi cantante nota per i suoi concerti pieni di cazzi gonfiabili (che soddisfazione per il papà, fra l’altro).
Still The King è stata cucita apposta addosso a Cyrus, che interpreta un’ex rockstar finita a fare il sosia di Elvis, e che improvvisamente si trova padre di una quindicenne di cui nemmeno sapeva l’esistenza. Il concept, come si vede, è già piuttosto usurato, col cinquantenne eterno ragazzo costretto a fare i conti con la paternità inaspettata, ma i nostri ci mettono del loro: la scrittura è lenta e fiacca, le gag poche e tirate per i capelli. Soprattutto, sono tutti cani, a partire da Cyrus che ha la stessa espressione per tutto il pilot. No, sul serio, a metà pensavo a un qualche problema muscolare, è sempre identico, qualunque cosa faccia o dica. Unica nota positiva, l’accento da Texas-Nevada: sembrano tutti una parodia di Matthew McConaughey, e questo è sicuramente divertente, ma dubito fortemente che sia abbastanza per seguire un’intera serie tv…