Agents of S.H.I.E.L.D. – Ancora una buona stagione di Francesco Martino
Ormai si va via lisci
Quale giorno fa Chloe Bennet, che in Agents of SHIELD interpreta Daisy Johnson, ha dichiarato con vena polemica che chi si occupa dei film Marvel non ha idea di cosa succeda negli show televisivi. Dopo tre stagioni di AoS è ormai lecito chiedersi se le premesse iniziali, quelle che volevano la serie come un ampliamento dell’universo cinematografico, siano state mantenute o meno, tanto che le parole della Bennet giungono quasi come uno spunto per una riflessione piuttosto che come una critica. Nonostante un inizio non semplice e in salita, mi sento di dire che ormai AoS è diventata una serie matura, consapevole di ciò che è e proprio per questo vincente.
Vi faccio un esempio semplice, tirando in ballo la Distinta Concorrenza: nella serie CW Arrow qualcuno ha ancora l’illusione che le cose vadano bene, che il cast sappia recitare e che quel pathos da telenovela sud americana funzioni davvero. Questa falsa credenza sta portando Arrow alla rovina, affossandola di volta in volta, precisamente ogni volta che Damien Dark ferma un oggetto con la mente, lanciandola quasi verso l’oblio.
Dall’altra parte AoS ha capito di non essere Avengers, ne tantomeno Daredevil, ma ha deciso di muoversi in una direzione diversa, lavorando sui personaggi e sul nostro legami con questi. Pensateci bene, questa terza stagione non è stata forse focalizzata sul nostro legame affettivo con il team? Fitz e Simmon che si stringono, Coulson che perde l’amata, May e la Bestia, fino a Daisy tra i fuochi incrociati di Ward/Hive e Lincoln. Non c’è stato un vero villain, basti pensare che il povero Gideon Malick ha finito per fare la figura del fesso, e che anche la trama di Hive, per quanto ben costruita ed aiutata da un Brett Dalton in splendida forma, ha avuto lo scopo di fortificare i legami emotivi.
A chi di voi non è scesa una lacrima quando Lash ha ritrovato la sua umanità per proteggere Daisy? O quando Lincoln ha deciso di sacrificarsi per i suoi compagni (alla Bruce Willis in Armageddon direi)? Con la Civil War ancora negli occhi e la seconda stagione di Daredevil in testa, si corre il serio rischio di sottovalutare l’enorme lavoro fatto dalla gang dei Whedon nel corso di tre anni, una costruzione lente e paziente di un prodotto in continuo divenire, che sta riuscendo a costruire la propria mitologia all’interno di un mondo che ne ha già una, peraltro enorme. È ovvio che una serie di 22 episodi a stagione abbia delle pecche, e una di queste può essere individuata nella gestione altalenante dei Secret Warrios. Il supergruppo di Inumani tanto voluto da Daisy non ha mai visto davvero la luce, piuttosto è apparso sullo schermo in una forma ancora primordiale, in modo un po’ frustrante, e adesso che Lincoln ha lasciato la serie e che Daisy si è data alla macchia, il suo futuro sembra ancora più compromesso.
Questa stagione appena conclusa, in particolare la sua seconda parte, ha poi confermato ancora di più l’idea che il personaggio di Chloe Bennet sia il vero protagonista della serie: da Skye a Daisy fino a diventare Quake e infine una fuggitiva nel flashforward di fine stagione. Il personaggio ha saputo prendersi il suo spazio episodio dopo episodio, riuscendo a mettere in ombra un Phil Coulson inizialmente dato come protagonista assoluto. Il personaggio di Clark Gregg si è invece unito all’ottimo gruppo di comprimari che completano la serie, dai già gitati FitzSimmon a un Mack sempre più al centro delle attenzioni dei fan (ho temuto davvero tanto per lui).
Con la curiosità alle stelle per quello che sarà (Life Model Decoy arrivo!) e la certezza di una base solida, possiamo dire che Agents of SHIELD è ormai diventato un atollo felice di bella tv supereroistica, tanto che il continuo rischio di cancellazione sembra quasi certificarne la qualità.