10 Marzo 2016 6 commenti

Damien: una serie sull’Anticristo, ma anche sul disagio di Diego Castelli

Se questo è l’Anticristo, Gesù può esultare

Copertina, Pilot

Damien (1)

Venuto a sapere che A&E, la rete che produce Bates Motel, avrebbe dato vita a una serie basata sul franchise di The Omen mi sono detto: Castelli devi ripassare. Sì perché l’originale l’avevo visto tanti anni fa, poi avevo visto il remake del 2006, però insomma, non ero espertissimo, quindi bisognava farsi trovare pronti. Allo stesso tempo mi sono anche detto: però aspetta, e se io faccio un gran ripassone e poi la serie fa schifo vero?
Ecco, diciamo che ho fatto bene ad aspettare…

Giusto per essere tutti sulla stessa lunghezza d’onda: il primo The Omen era incentrato sul piccolo Damien, un bambino che si scopre essere l’Anticristo, quindi uno che da grande è destinato a fare cose parecchio orrende. Tutto il film originale, diretto da Richard Donner – quello di Arma Letale, Superman e I Goonies – si basava sulla progressiva scoperta della verità da parte dei genitori adottivi (il padre era interpretato da Gregory Peck), che si trovavano ad allevare la progenie del demonio.
Ebbene, la serie di A&E è di fatto un sequel di quel primo film, tanto che nel pilot ci sono anche inseriti tratti dalla pellicola del 1976. Ora Damien è cresciuto, i genitori adottivi non ci sono più, e il ragazzotto belloccio dovrà fare i conti con la sua vera natura, che ovviamente può rappresentare un problema per un fotografo di guerra che pensa pure di essere una brava persona.

Damien (3)

Che noi si sia credenti o no – io per esempio trovo un po’ improbabile tutta la faccenda delle resurrezioni, dei pesci moltiplicati manco fossimo a una svendita Esselunga, delle passeggiate sul lago – siamo comunque cresciuti quasi tutti nella cultura cristiana, e quindi le storie di diavoli e anticristi hanno per noi un sapore ancestrale, tipo segreto custodito nei corridoi polverosi delle vecchie chiese di campagna. Quindi l’idea di riprendere il concept di The Omen, mostrando un Damien diventato grande e sempre più prossimo a quello che si suppone essere il suo destino di dominio e distruzione, fondamentalmente ci sta.

Peccato che tutto il buono di Damien finisca qui, al concept. Il resto fa abbastanza schifo, in una scala che va dal semplice disappunto alle mani nei capelli.
Partiamo dalla messa in scena, che in un horror è importantissima: se c’è un genere che ha sempre esaltato le qualità dei registi ancor più della bravura degli sceneggiatori, quello è proprio l’horror. Il pilot di Damien, diretto dall’indiano Shekhar Kapur, è di una banalità sconcertante, per lo più girato come un normalissimo drama e qui e là infarcito di qualche scena soprannaturale assolutamente convenzionale, che sia la vecchia con le palle degli occhi girati, o una statua marmorea di Gesù che finisce distrutta appena il protagonista la sfiora.
C’è davvero poco altro, e quel poco è costruito con effetti speciali dozzinali: la succitata statua, per esempio, sembra uscita da un videogioco di fine anni Novanta. Che poi io mi chiedo: capisco che ti servono gli effetti speciali se stai facendo affondare una nave, o esplodere un palazzo, ma cosa ti costava distruggere una vera statua?
Sarebbe meglio non parlare nemmeno degli attori. Damien è interpretato da Bradley James, che in Merlin e iZombie riesce anche a dire la sua (senza essere un mostro, però insomma, accettabile), ma qui invece sembra un modello di intimo a cui per sbaglio hanno messo addosso dei vestiti: giustamente si sente spaesato, povera stellina.

Damien (5)

Se quello che si vede fa orrore (ma non nel senso sperato dagli autori), non resta che sperare nella sceneggiatura: al timone della serie c’è Glen Mazzara, uno che ha in curriculum The Walking Dead e The Shield, quindi troppo schifo non potrà fare, giusto? E invece quel burlone di Glen ha deciso di stupirci, perché il pilot di Damien sembra scritto da un ragazzino delle medie.
Il problema principale è la totale incapacità di creare aspettativa e mistero: le informazioni vengono spiattellate una dietro l’altra, e la natura demoniaca di Damien viene tirata fuori in maniera superficiale, senza alcuna eleganza. In pratica Damien incontra la vecchia con gli occhi girati e bam, subito dopo pensa di essere l’Anticristo, perché si documenta e trova 2-3 strane coincidenze. Un po’ come quelli a cui viene un brufolo sulla schiena, cercano un po’ su internet e poi vanno dal medico della mutua a dire “salve, ho la peste bubbonica”.
Damien è così, un ragazzo equilibrato, un professionista esemplare, che nel giro di un quarto d’ora si convince di essere il figlio del Demonio. Ovviamente i personaggi intorno a lui, uno più piatto e irritante dell’altro, non fanno nulla per dissuaderlo, perché hanno letto la sceneggiatura dei prossimi episodi e non vogliono passare per scemi.

Damien (4)

A questo si aggiunge però un risultato paradossale: al termine del pilot sappiamo già quasi tutto, ma abbiamo l’impressione di non aver capito niente dei personaggi. Non c’è spessore, non ci sono vere motivazioni, non c’è nulla che vada oltre l’accumulo di dettagli di trama su figure che sono lì semplicemente per riceverle. Damien è poco più di un bambolotto con cui è impossibile identificarsi, per quanto la storia cerchi evidentemente di creare un conflitto fra ciò che il protagonista crede di essere e ciò che la tradizione, la società e l’occulto credono di lui.

L’unico guizzo in una sceneggiatura altrimenti piattissima è la morte di due personaggi che ci vengono presentati come centrali, e che invece tirano le cuoia prima di fine episodio. Una scelta potenzialmente azzeccata per imprimere un’accelerazione alla storia, per dire allo spettatore “occhio perché accanto a Damien nessuno è al sicuro”. Peccato che al momento della loro dipartita non ce ne fregasse già più niente di quei personaggi, entrati e usciti nella storia senza lasciare alcuna traccia che non fosse una recitazione pessima mal supportata da dialoghi di merda.

Damien (2)
Onestamente non trovo niente altro da salvare, e ho la chiara percezione che anche un minuto in più di questa roba sarebbe semplicemente buttato. Avete presente quando guardate una serie o un film e provate sincero disagio per chi l’ha scritta, diretta e interpretata? Tipo che ogni tanto volete chiudere gli occhi per non vedere quanto in basso possono ancora arrivare? Ecco, Damien è così, una serie del disagio.

Perché seguire Damien: solo se il tema horror-religioso vi interessa così tanto da non potervi esimere da una visione di prova.
Perché mollare Damien: perché è goffa e grossolana in quasi tutte le sue componenti. E non so perché ho detto “quasi”.

Argomenti A&E, anticristo, damine


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