4 Febbraio 2016 10 commenti

Outsiders: Opie di SoA torna da montanaro incazzato! di Diego Castelli

Una serie che sembra ridicola, ma forse non lo è

Copertina, Pilot

Outsiders (3)

QUALCHE PICCOLO SPOILER SUL PRIMO EPISODIO

Mi devo subito scusare con i lettori non conoscono o non apprezzano Sons of Anarchy. Sì perché condensare Outsiders, nuova serie di WGN America, nel concetto di “nuovo show con Opie di SoA”, è un tantinello riduttivo, anche perché Ryan Hurst non è nemmeno così protagonista. Ma dovete capire che per noi Sons è una di quelle serie spartiacque per le quali viene creato un prima e un dopo: qualunque cosa facciano da qui in avanti gli attori di Sons of Anarchy, a noi verrà sempre in mente la loro versione biker (un po’ come succede con Maggie Siff in Billions, per dire).

Bon, basta preamboli e veniamo al sodo. WGN America è un soggetto nuovo nell’ambito della produzione seriale, ma i suoi primi vagiti sono stati Salem e Manhattan. Non capolavori, quindi, però roba dignitosissima, specie la seconda. Ora con Outsiders la rete rinuncia al fantasy e allo storico, anche se rimane legata a un’atmosfera quasi fiabesca.
Gli outsiders del titolo sono i Farrell, un gruppo piuttosto nutrito di madri, padri, fratelli e cugini sottilmente incestuosi, che vivono sulle montagne del Kentucky rifiutando la moderna civiltà, il denaro, lo stato, la legge, insomma le regole del Ventunesimo secolo. Detta così sembrano pacifici nostalgici del Medioevo: no no, sono pericolosi, orgogliosi del loro stile di vita, e preferiscono razziare i supermercati piuttosto che trovarsi un lavoro.

Outsiders (2)

Questo concept è forse il primo e unico vero scoglio alla visione di Outsiders. Personalmente non so se esistono davvero gruppi del genere, se insomma possiamo parlare in qualche modo di “realismo”, ma il problema si pone lo stesso: quando all’inizio vediamo questi anarchici motorizzati, abitanti delle foreste, farsi beffe della polizia che anzi li teme e cerca di stargli alla larga, ci chiediamo “ma che è sta roba, perché non vanno lì in forze e li prendono a ceffoni?”
Poi però pensiamo a certe periferie degradate di molte metropoli, dove lo Stato è solo una parola, e in effetti non ci sentiamo più in diritto di sollevare chissà quali questioni. A questo va aggiunta una punta di furbizia da parte degli autori, che per esempio sottolineano come i Farrell si tengano alla larga da specifiche attività criminali (come il furto di armi) che attirerebbero l’attenzione dei federali.

Outsiders (1)

Una volta superato questo scoglio e accettato che il mondo di Outsiders parte da quella base di scontro sociale e istituzionale, poi c’è di che divertirsi.
Al di là del contesto un po’ particolare, infatti, i temi messi in campo sono vecchi quanto il mondo: all’interno della famiglia Farrell si gioca una dura lotta di potere, dove Big Foster (David Morse) brama il ruolo di guida della madre ed è disposto a tutto-tutto pur di ottenere la sua eredità.
Ci vuole poco perché un equilibrio quasi ancestrale, praticamente fuori dal tempo, cominci a crollare sotto la spinta dell’avidità, della sete di potere, del sesso e dei segreti.
La scintilla che fa scoppiare la polveriera è la rinnovata volontà dello Stato di sfrattarli dalle montagne per via di certe concessioni minerarie. A questo si aggiungono i citati giochi di potere, il ritorno di un figliol prodigo che si era allontanato e di cui ora la famiglia non si fida, l’amore del giovane Hasil per una ragazza del paese, che lo spinge a sgarrare alle regole del gruppo (prima fra tutto quella di non possedere denaro) con conseguenze impreviste e terribili.

Outsiders (1)

Forte di una sceneggiatura pulita e solida, senza invenzioni incredibili ma ben dosata in tutte le sue componenti, Outsiders finisce davvero per ricordare Sons of Anarchy. Giuro, non lo faccio apposta, ma il gruppo di fuorilegge tatuati dotati di un preciso codice d’onore, all’interno del quale l’egoismo dei singoli rischia di far crollare tutto, è esattamente il punto di partenza della mitica serie di Kurt Sutter.
Da qui a dire che siamo di fronte a un erede spirituale di SoA, che saprà appassionarci allo stesso modo, ce ne corre parecchio. Ma intanto si parte da un pilot preciso e ben strutturato, e per ora va benissimo così.

Perché seguire Outsiders: un concept strano ma efficace, servito da una sceneggiatura solida.
Perché mollare Outsiders: bisogna avere la forza di accettare sta cosa dei banditi nei boschi, perché all’inizio può suonare un po’ ridicola.



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