22 Gennaio 2016 5 commenti

Mozart In The Jungle – La seconda stagione è un bel film senza finale di Chiara Longo

Rimane sempre una gioia per gli appassionati di musica (e dei due protagonisti)

Copertina, On Air

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Un paio di premesse sono d’obbligo: ho studiato musicologia, quindi trovo l’ambientazione di Mozart In The Jungle particolarmente affascinante; ho guardato questa seconda stagione tutta d’un fiato durante un lungo viaggio in treno, per un totale di 200 minuti di visione; e in realtà sono anche un’aficionada delle serie da guardare secondo la scansione televisiva di una puntata a settimana, non amo molto l’idea dell’on demand di rendere tutte le puntate disponibili in una volta.

In effetti, a pensarci, Mozart in the Jungle più che come serie però, potrebbe funzionare come film. In questo senso, il trailer è significativo: se non sapessimo che si tratta di una serie, potrebbe benissimo sembrare un film.

La sceneggiatura ha tutti gli elementi per farne una commedia romantica perfetta: durante un’assenza del fidanzato, una giovane oboista si innamorata, ricambiata, del suo direttore d’orchestra, ma il loro rapporto è messo a rischio da diverse nemesi: le gelosie degli orchestrali, che non bisogna provocare perché nel pieno di una trattativa sindacale che potrebbe lasciarli disoccupati; l’oboista anziana e cattiva; il rapporto professionale stesso. Durante un viaggio in Messico, che per il suo esotismo abbatte le barriere dell’inibizione, i due si baciano ma una maledizione si abbatte sul loro amore. Trionferà l’amore o la ragione? Il sesso o l’ambizione? L’innovazione o la tradizione?

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Mentre intorno a loro tutti intrecciano relazioni anche (e soprattutto) sessuali (la coinquilina e il fidanzato regista; la violoncellista e la sindacalista; Gloria e il macchinista) la deliziosa Hailey (Lola Kirke, bellissima e con una risata da farti diventare lesbica all’istante) e il pasionario Rodrigo sembrano essere gli unici incapaci di vivere rapporti amorosi normali. Hailey rifiuta il fidanzato ballerino, Rodrigo non riesce a staccarsi dallo strano rapporto con Ana Maria. Perché in fondo entrambi ardono già di un amore e una passione più grande, quella per la musica, che è il vero motore delle storie di tutti i personaggi, compresigli orchestrali e Thomas Pembridge, l’anziano Maestro con mire da compositore. Non i soldi, non la fama, ma la musica, e questo è un grande pregio di Mozart In The Jungle, il saper trasmettere questo ardore, che è una cosa che chi ama la musica sa riconoscere e apprezzare.

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A questo film manca il finale, che è rimandato alla terza stagione, ma lascia comunque un po’ di amaro in bocca. Avremmo voluto forse che la tirassero un po’ meno per le lunghe. In qualche momento si fa fatica, è come se il meccanismo fosse sempre rallentato in modo innaturale. In ogni caso, non sarà forse una ventata d’aria fresca, come scriveva il Villa nella recensione sul pilot, ma di certo l’aria non è inquinata. E i premi ai recenti Golden Globe lo dimostrano.



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