I recuperoni di Natale: le serie tv imperdibili del 2015 di La Redazione di Serial Minds
I compiti per le vacanze di Serial Minds
E ci risiamo, è quel magico momento dell’anno in cui si viene bombardati di classifiche di ogni tipo. Le prime fanno piacere, poi dopo un po’ ti rendi conto che anche il panettiere sotto casa ha eletto la miglior baguette dell’anno e capisci che le cose sono sfuggite un po’ di mano. Coerenza vorrebbe che quindi non aggiungessimo rumore al rumore con le nostre classifiche, ma ovviamente noi non siamo coerenti e dopo le anticipazioni del 2016 vogliamo fare il punto della situazione, con un post che non celebra le migliori serie tv dell’anno (per quello ci saranno i tradizionali Serial Awards settimana prossima), ma che mette in fila i recuperoni obbligatori, ovvero quelle serie partite nel 2015 che bisogna avere visto se si vuole far parte del giro giusto. Sono 8+1, non sono in ordine gerarchico e in totale non fanno 10, perché la cosa più bella delle classifiche è uscire dal format. L’abbiamo detto che non siamo coerenti. Piccola postilla: vedrete tantissime serie di Netflix: è stato il loro anno e nel 2016 rischiano di far saltare seriamente il banco.
BETTER CALL SAUL (AMC)
La pesantissima eredità di un capolavoro vero come Breaking Bad rischiava di schiacciare Better Call Saul prima ancora della sua uscita. E invece, udite udite, il livello è rimasto molto molto alto. Se si riesce ad approcciarla con la mente sgombra, senza per forza fare confronti o sperare in una nuova rivoluzione (che era impossibile), Better Call Saul si rivela prodotto solido, ben scritto e ben girato. La storia, ovviamente, è quella di Saul Goodman, che prima di incontrare Walter White non si chiamava nemmeno Saul Goodman e provava a diventare un avvocato vero, prima di trasformarsi in quella furbissima volpe che abbiamo ammirato nella serie madre (che Bob Odenkirk fosse un attore della Madonna ormai lo sapevamo da tempo). Recupero obbligatorio per tutti i fan di Breaking Bad. E se non avete visto Breaking Bad… perché, di grazia?
MARVEL’S DAREDEVIL (NETFLIX)
Abbagliati dalle meraviglie dei film sui supereroi, noi serialminder dovevamo accontentarci di quello che passava il convento televisivo. Anche cose buone, per carità, viaggiando dallo SHIELD ad Arrow, con Flash e qualche sussulto da Gotham. Niente però che riuscisse a farci spellare le mani dagli applausi. E poi è arrivata Daredevil, nuovo termine di paragone per cui ogni nuova serie con superumani diventa immediatamente “meglio o peggio di”. E di meglio al momento non c’è e forse non ci sarà per un po’. Sporca, dura, cattiva, molto diversa di tutto il resto, nel senso positivissimo del termine. Applausoni.
MR. ROBOT (USA NETWORK)
Forse la miglior sorpresa dell’anno, considerando che altre serie nuove arrivavano con un biglietto da visita già piuttosto corposo (perché tratte da fumetti importanti, o perché era coinvolto questo o quell’autore famoso, ecc). Raccontato la storia di Elliot, un hacker abilissimo con un cervello tanto geniale quanto fragile, fin da subito Mr. Robot ha stupito per lo stile visivo provocatorio e ricercato, per la scrittura densa e criptica ma insieme affascinante, e per un protagonista entrato immediatamente nel pantheon dei grandi personaggi televisivi. Rimane qualche dubbio sulla tenuta sul lungo periodo e per questo attendiamo la seconda stagione con un misto di aspettativa e timore. Ma se non avete visto Mr. Robot, vi siete persi un bel tocco di quello che contava in questo anno televisivo.
MASTER OF NONE (NETFLIX)
Master of None in Italia non ha avuto l’accoglienza delle altre serie Netflix di quest’anno. Sarà che Aziz Ansari in Italia lo conoscono solo quei bravi (bravissimi!) ragazzi che hanno visto Parks and Recreation. Negli Stati Uniti, invece, è una star che con i suoi spettacoli riempie teatri e arene giganteschi, roba da 10mila spettatori. Master of None è la serie che decreta in modo definitivo la sua capacità non solo di divertire, ma anche di descrivere i mondi di chi è intorno ai 30 anni con una precisione assoluta, al punto da permettere di identificarsi in manie e abitudini pur vivendo a un oceano di distanza. Su Wired, Marina Pierri ha scomodato un nome come Woody Allen e ha centrato in pieno il bersaglio.
UNBREAKABLE KIMMY SCHIMDT (NETFLIX)
Sì, qui a Serial Minds siamo di parte perché Tina Fey per noi è veramente gigantesca. Dopo il capolavoro assoluto che è stato 30 Rock, l’attesa per la sua seconda serie tv era altissima e alla fine dei tredici episodi di Unbreakable Kimmy Schmidt si può tranquillamente dire che è stata pienamente soddisfatta. La storia di una ragazza tenuta prigioniera in una setta e poi liberata dopo anni è il punto di partenza per un concentrato di follie e stranezza in puro stile Fey. E poi due parole: Peeno Noir (non potrete più farne a meno)
NARCOS (NETFLIX)
Sì, l’abbiamo detto a più riprese: Narcos non è un capolavoro, non sarà tra i titoli studiati a scuola tra vent’anni, ma è la serie più coinvolgente dell’anno. Quella che rischi di iniziare e finire nella stessa giornata, mettendo in pausa solo per cercare di sopravvivere. La storia dell’ascesa di Pablo Escobar e dei tentativi di una coppia di agenti FBI di fermarlo ti tira dentro in dieci minuti e non ti lascia andare più. Potenza della storia, certo, ma anche capacità di creare un racconto lineare e facilissimo da seguire (pure troppo, per certi aspetti). Nota bene: non abbiamo mai detto che è una droga, ringraziateci.
SHOW ME A HERO (HBO)
Tra tutte le serie presenti in questo elenco, Show Me A Hero è la più tradizionale. Scrittura rigorosa, messa in scena senza evoluzioni: basta vedere la prima sequenza, con villette monofamiliari&bandiera statunitense, inquadrate con pezzo di Springsteen sotto. Show Me A Hero segna il ritorno di David Simon (The Wire, Treme) al racconto delle periferie e dei project (le case popolari), attraverso la storia vera di Nick Wasicsko sindaco di una cittadina ai margini di New York che a cavallo tra ’80 e ’90 lottò per l’integrazione razziale nel suo comune. In sole sei puntate, Show Me A Hero racconta la sua storia, ma anche quella di tanti altri personaggi che vivono all’ombra dei palazzoni popolari e cercano di cambiare la propria vita. Una serie che, semplicemente, è già un classico.
GALAVANT (ABC)
Preceduta da aspettative piuttosto basse, circondata da quell’alone di diffidenza che sempre riserviamo alle serie musical (di cui non siamo particolarmente appassionati), Galavant si rivelò una boccata d’aria fresca. Sapientemente stupidona come un film di Mel Brooks, Galavant è riuscita a farci apprezzare il musical nell’unico modo possibile: con una vagonata di autoironia, raccontando un mondo fiabesco fatto di cavalieri imbecille, regine cattivissime e buffi scudieri. Ascolti bassi, forti timori di cancellazione, e invece fra poco arriva la seconda stagione. Se vi siete persi la prima recuperatele, per le feste natalizie è perfettissimissima!
BONUS: THE LEFTOVERS (HBO)
Ogni lista deve avere un bonus e noi ce lo giochiamo con The Leftovers, perché non è tecnicamente una serie nuova (la prima stagione è del 2014), ma quest’anni è rinata completamente, partita da zero come se fosse qualcosa di nuovo, pur non dimenticando le importanti basi del primo anno (il 2% dell’umanità è sparito nel nulla all’improvviso). È rinata e ha compiuto un salto di qualità incredibile, di quelli che non ti aspetteresti mai. Da serie mystery a serie quasi filosofica, secondo quel percorso che il creatore Damon Lindelof aveva già seguito ai tempi di Lost.