15 Dicembre 2015 5 commenti

Undercover – Tutta l’angoscia delle storie con gli infiltrati di Marco Villa

Una serie che per una volta non arriva da Stati Uniti o Inghilterra

Copertina, Pilot

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C’è chi si angoscia per gli horror, chi per i catastrofici e chi va nel panico al primo accenno di serial killer. Io mi angoscio per le storie in cui i protagonisti sono figure positive riconosciute, ma per vari motivi sono costrette ad agire fuori dal loro ruolo. Tipo il poliziotto che è stato incastrato e deve agire nell’illegalità per provare la propria innocenza o situazioni simili. Storie che trovano l’apice nella categoria infiltrato, in cui l’eroe in questione cancella la propria identità per entrare a far parte d gruppi criminali o terroristici. Ecco, lì la mia angoscia da spettatore va alle stelle e capirete quindi il mio stato d’animo nell’iniziare una serie chiamata Undercover, ovvero sotto copertura.

Undercover è una serie tv andata in onda dal 2011 al 2014 e disponibile in Italia su Infinity, che racconta la storia di Martin, agente a metà tra polizia e servizi segreti che si infiltra nella criminalità bulgara. Ora, starete pensando che si tratti di una serie ambientata a New York nella comunità est-europea: ecco, no. Undercover è una serie bulgara. No, tranquilli, non abbiamo deciso di metterci a mappare anche le serie post-sovietiche come se non ci fosse un domani (o meglio come se ci fosse un domani lungo 48 ore e non 24), ma dopo dopo diverse segnalazioni arrivate via mail e su Facebook ci è sembrato giusto fare un tentativo.

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Come detto, è la storia di Martin, cresciuto da un padre piccolo criminale che l’ha fatto finire in riformatorio, dove è stato notato da un grigio uomo del ministero che l’ha preso sotto la propria protezione e l’ha fatto diventare un campioncino della polizia, uno di quelli in grado di abbattere un palo della luce a mani nude (requisito peraltro fondamentale per qualsiasi poliziotto, specie se bulgaro). Allo stesso tempo, però, Martin ha conservato tutta la sua street credibility acquisita in carcere e così davanti a lui si sono aperte le meravigliose porte della vita da infiltrato. Grazie al suo mentore, parte subito fortissimo, entrando nel clan del più temuto gangster bulgaro, un ex poliziotto che è passato al lato oscuro. Capito? Un ex criminale ora tutore dell’ordine che sfida un ex poliziotto ora boss della mala. Vite allo specchio, esistenze incrociate, usate la banalità che preferite, ma questa è l’intuizione di fondo di Undercover e non è niente male.

Così come niente male è la serie in sé, per quanto giocoforza molto lontana dagli standard statunitensi o inglesi. Siamo piuttosto dalle parti di una buona serie italiana tipo Non uccidere, in cui si nota la volontà di confrontarsi con le produzioni estere, pur tra mille paletti produttivi e alcune inevitabili ingenuità di scrittura. Queste ultime sono soprattutto legate alla costruzione dei personaggi, che vengono presentati in modo schematico e a volte piatto. Basti pensare al mentore già citato, cui viene assegnata l’abitudine di giocare con uno Zippo: ecco, in tutte le inquadrature lui ha in mano l’accendino e le scene in cui è presente si aprono e si chiudono con uno stretto sulle sue dita che maneggiano l’affarino metallico.

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Al netto di fattori di questo tipo, il pilot di Undercover, primo di dieci episodi che compongono la stagione d’esordio, presenta una storia che ha molti elementi di interesse. Primo fra tutti l’ambientazione, che fa molto: non seguiamo la storia di una comunità etnica all’interno di una grande città americana, ma per una volta siamo noi a entrare in un mondo diverso, con rapporti di forza nuovi e interessanti. Senza poliziotti irlandesi o criminali cinesi dal volto impenetrabile. Come se fossimo noi gli infilitrati, insomma. Si tratta di un cambio di prospettiva non da poco, che può far passare in secondo piano i difetti elencati in precedenza e offrire un po’ di sana angoscia in salsa gangster.

Perché seguire Undercover: per la voglia di entrare in un mondo diverso da quello a cui siamo abituati

Perché mollare Undercover: perché non sarà mai Boardwalk Empire (ma va bene così)

Argomenti Crime, europa, undercover


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