You, Me and the Apocalypse: la commedia intelligente sulla fine del mondo di Diego Castelli
Il post-apocalittico in salsa british
L’autunno, si sa, è un periodo pieno di pilot. Il che significa che aumenta a dismisura quel fenomeno per cui voi lettori ci scrivete per sollecitare recensioni di questa o quella serie, facendoci venire gran sensi di colpa quando ritardiamo anche solo di due giorni (figurati poi se son settimane…).
Un po’ vi odio, per sto fatto, siete tipo koala schizofrenici attaccati ai maroni. Ma soprattutto vi amo, perché ci fa capire che vi interessa quello che scriviamo.
Negli ultimi giorni avete perorato soprattutto la causa di You, Me and The Apocalypse, e finalmente ci siamo!
Di cosa parla You , Me and the Apocalypse
Manco a farlo a apposta, si parla di Apocalisse. Ma non in senso metaforico, tipo “mi ha lasciato la fidanzata e quindi piango per tre stagioni”. No no, proprio nel senso di enorme meteorite che arriva sulla Terra e ci spetascia come moscerini sotto una grossa manona.
Produzione anglo-americana (in GB va in onda su Sky 1, in America su NBC), You, Me and the Apocalypse è creata da Iain Hollands e ha ben poco del catastrofismo da film con Bruce Willis. Ha invece molto della commedia inglese piena di strani personaggi e qualche deliziosa provocazione.
Di fatto, il racconto non verte sull’Apocalisse vera e propria, ma su quello che avviene prima. La serie apre con alcuni personaggi nascosti dentro un bunker in attesa del catalisma, e inizia poi una narrazione in flashback per spiegarci come sono arrivati fino a lì.
Ne esce dunque una storia dichiaratamente corale, dove le vicende dei singoli personaggi si intrecciano a volte poco e a volte niente, magari perché quello che fa uno viene visto in tv da un altro.
Tra i protagonisti c’è Rhonda (Jenna Fischer), una che lavora in libreria ed è finita in prigione per proteggere il figlio hacker; Leanne (Megan Mulally, cara e veccha Karen di Will & Grace), compagna di cella di Rhonda e nazista convinta; Jamie (Matthew baynton), mite bancario che scopre di avere un fratello gemello cyber-terrorista che gli ha rapito/fregato la moglie; e soprattutto (per il mio gusto) padre Jude Sutton, interpretato dal mitico Rob Lowe, un prete specializzato nello smascherare i finti miracoli che riceve dal Vaticano il compito di impedire il propagarsi di mille falsi profeti.
Apocalisse fra comedy e realismo
You, Me and the Apocalypse è una bella serie. È divertente, ben recitata, piena di spunti interessanti. Soprattutto, è una serie che riesce a divertire senza dimenticare di fare qualche ragionamento vero. Il mondo di You, Me and the Apocalypse è un mondo dove la notizia dell’imminente catastrofe genera risposte quanto mai diverse, distribuite su uno spettro che va dalla razionale accettazione alla pura follia. Mentre alcuni membri del governo americano provano a immaginare qualche soluzione al problema, in altri paesi del mondo mandrie di poveri cristi vanno fuori di testa e cominciano a fustigarsi in presenza di una bambina vestita da giraffa che secondo loro è il nuovo Messia. E non mancano nemmeno i complottisti di professione, quelli che credono che tutta la notizia sia una manovra dei poteri forti per usare la paura come strumento di controllo.
Più in generale, è evidente il tentativo di mostrare un’umanità allo sbando, che in prossimità della Morte perde qualunque punto di riferimento e diventa grezza e meschina, completamente autoriferita, incapace di preoccuparsi di qualcosa che non siano i singoli, ultimi piaceri di ognuno.
Alcuni dei protagonisti diventano allora delle mosche bianche: per esempio, Jaimie e l’amico Dave si imbarcano in un viaggio della speranza volto a ritrovare la moglie del primo, un obiettivo reso quasi stupido dalla distruzione imminente, ma che permette a Jaimie di mantenere una scopo e in definitiva la sanità mentale.
C’è quindi lo sfondo impazzito di un mondo senza più regole, su cui si muovono personaggi che provano ancora a trovare un significato. In questo contesto, il mio personaggio preferito è chiaramente il prete, un po’ per amore di Rob Lowe, un po’ per passione per tutti i chierici sui generis della tv, e un po’ perché Jude è la metafora più alta della serie: in una storia che parla di estinzione dell’umanità e, forse, di veri profeti, il ruolo religioso è affidato a un personaggio sboccato, scettico, cinicissimo, che diventa il baluardo della razionalità quando per lavoro e vocazione dovrebbe essere il simbolo della fede (e il fatto che si chiami “Giuda” non è mica casuale).
Perfetta immagine di mondo sottosopra, dunque, che risulta ancora più efficace perché, invece di prendersi troppo sul serio e diventare pacchiano, ha la faccia e la mimica comicissima di Rob Lowe, amato da queste parti fin dai tempi di The West Wing.
(Tra parentesi, la sua assistente è suor Celine Leonti, interpretata dall’italiana Gaia Scodellaro).
Niente Destino, solo destini
C’è un altro punto che mi piace di You, Me and the Apocalypse (oltre al fatto che Nick Offerman ha fatto una comparsata nei panni di un omone barbuto che ama vestirsi da donna… applaudivo sul divano come un cretino…).
La maggior parte delle serie post-apocalittiche, da quelli di taglio action-militaresco (The Last Ship) a quelle più fantascientifiche (Revolution, The 100), fino ad arrivare al mondo degli zombie (The Walking Dead, Z Nation) sembrano in qualche modo abbracciare il concetto di Destino. Che siano soldati investiti di una missione universale, o gruppi di ragazzini mandati a colonizzare la terra, o ancora semplicemente “persone giuste al posto giusto” (come può esserlo un Rick di TWD), questi personaggi si portano dietro un’idea di fato: sono sopravvissuti per un motivo, hanno una missione da compiere, la loro esistenza non è casuale.
Ecco, You, Me and the Apocalypse per ora sceglie la via opposta. Non so se sarà così fino alla fine della stagione, ma per ora fin dalla sigla viene esplicitata l’incredulità del protagonista, trovatosi a dividere il bunker con un gruppo di personaggi davvero improbabili che stimolano una domanda poco rassicurante: “è questo il futuro dell’umanità?”.
You, Me and the Apocalypse, insomma, sembra rifuggere l’idea che anche nel genocidio ci sia una qualche logica (divina?), come una pulizia genetica da cui far emergere gli elementi migliori. No, qui c’è il Caso, la Fortuna, e allora il fuoco si sposta da cosa queste persone possono fare per l’umanità, a quello che possono fare per se stessi, in una prospettiva più stretta e particolare ma che riesce a dirci qualcosa di nuovo e più interessante sui noi stessi, e su quello che faremmo (e vorremmo, e crederemmo) in circostanze così assurde.
Perché seguire You, Me and the Apocalypse: il tono commedioso è frizzante e divertente, ma non toglie nulla a certe riflessioni più profonde e a un intrattenimento più sofisticato
Perché mollare You, Me and the Apocalypse: se proprio non ne potete più degli show postapocalittici, a prescindere da tutto.