Silicon Valley: approvata, con gusto, anche la seconda stagione di Francesco Martino
Ormai abbiamo un affetto smodato per quelli di Pied Piper
Settimana scorsa, mentre molti di voi attendevano impazientemente il finale di stagione di Game of Thrones, io aspettavo con altrettanta ansia quello di Silicon Valley. Non fraintendetemi, seguo con passione le avventure di Lannister e Baratheon ecc ecc, ma alla lotta per il Trono di Spade preferisco quella per il pacchetto azionario di Pied Piper e prediligo la vena comica di Mike Judge a quella sadica di George Martin.
Questa seconda stagione di Silicon Valley ha confermato quanto di buono avevamo visto con la prima: una comicità ottimamente scritta e interpretata, ma che riesce anche a concentrarsi sull’evoluzione della trama, portando avanti le sfortunate avventure di Richard Hendriks e della sua sofisticata piattaforma di compressione video.
Dopo averci presentato il livello più basso della piramide nerd della Valley, Judge ha deciso di portarci all’interno degli uffici di quelli “che contano”, descrivendo le grandi aziende dell’informatica con la stessa cattiveria vista nella stagione precedente. La comicità di Silicon Valley si basa proprio su questo, su un gruppo di nerd illusi e sognatori costretti a scontrarsi con la cattiveria e il cinismo delle grandi corporation, sempre pronte a rubare un’idea o a portare in tribunale dei poveri ragazzini idealisti.
Il risultato, segno di una reale compiutezza della serie, è quello di una totale empatia con i protagonisti, tanto da arrivare ad impazzire di gioia nel momento in cui il loro principale concorrente perde una causa fraudolenta contro di loro.
Questa tridimensionalità dei personaggi e della trama è poi accompagnata da una comicità vincente e mai fuori luogo, tanto legata ai singoli quanto alla chimica nata tra loro. Nonostante i pochi episodi trasmessi (sono 18 contando anche la prima stagione) ogni personaggio ha infatti acquisito una sua autonomia, riuscendo così a scongiurare il solito rischio macchietta tipico delle comedy e diventando capace di contribuire attivamente alla serie.
In quest’ottica va vista anche la scelta di introdurre pochissimi nuovi volti in questa seconda stagione, riducendo il numero delle new entry al solo Chris Diamantopoulos, già visto in Episodes, e al suo Russ Henneman, uno dei tanti psicopatici che popolano la Silicon Valley.
La serie di Mike Judge è bella perché è atipica, mai scontata e capace di ribaltare qualsiasi situazione. Solo guardando il finale assistiamo a una lunga serie di colpi di scena che capovolgono le sorti della stagione in pochi minuti, facendo passare il nostro gruppo di nerd da uno stato emotivo all’altro e cambiando continuamente le carte in tavola per il futuro della serie (che ha una terza stagione già confermata).
Sarebbe da pazzi non spendere qualche parola sul cast, su una stella in ascesa come T.J. Miller (lo vedremo nel film su Deadpool) e di una piccola certezza come Martin Starr (avete mai visto Freaks and Geeks?), per non parlare di Thomas Middleditch e di come ci sono rimasto quando, guardando una sua intervista da Jimmy Fallon, ho scoperto come fosse tutt’altro che imbranato nella vita reale.
Insomma, io mi sono affezionato davvero tanto al team di Pied Piper e adesso, dopo una stagione splendida come questa, cominciano già a mancarmi.