Humans: svedesi, inglesi e americani insieme per la figata! di Diego Castelli
La fantascienza fatta bene. E neanche troppo “fanta”
Negli ultimi anni le migliori cose seriali sono arrivate da tre fonti principali: i paesi scandinavi, spesso poveri di mezzi ma ricchi di idee; l’Inghilterra, da sempre all’avanguardia nella sperimentazione televisiva; e infine le cable americane, magari più classiche nell’impostazione ma comunque in grado di coniugare una certa ricerca del nuovo con il budget e la professionalità tipiche di Hollywood.
Ecco perché Humans si presenta con un bel biglietto da visita: è una serie coprodotta da Channel 4 (Utopia) e da AMC (Mad Men, Breaking Bad ecc), e tratta da una delle serie svedesi più premiate degli ultimi anni, Real Humans.
Faccio subito ammenda: la versione svedese non l’ho vista. Non ho motivo di mettere in dubbio che sia bella come dicono, ma l’ho persa e non credo di avere intenzione di recuperarla, sennò qui tocca licenziarmi e chiedere a mamma e papà di tornare a mantenermi mentre io guardo telefilm 14 ore al giorno.
Premesso che quindi non avrò modo di fare confronti, posso però dirvi che il pilot di Humans, la versione inglese, è proprio figo.
La trama è presto detta: si immagina un presente alternativo in cui l’umanità ha fatto enormi progressi con la robotica, arrivando a costruire androidi (i cosiddetti “synth”) esteticamente assai simili agli umani e utilissimi come badanti o operai per i lavori più umili. La serie segue le vicende di una famiglia normalissima che per la prima volta si dota di una synth (che è un po’ l’evoluzione di concetto di frigorifero intelligente), e contemporaneamente disegna una sottotrama thriller in cui alcuni androidi sono molto più intelligenti di altri e vengono per questo protetti da alcuni e cacciati da altri.
Humans funziona alla grande, praticamente fin da subito, semplicemente perché rimane legato alla ricetta della buona fantascienza: usare il “fanta” (che qui non è nemmeno così esasperato) per trasformarlo in metafora e allegoria di problemi profondamente umani e profondamente concreti.
Humans mette in campo tutta una serie di temi belli spessi – dal semplice concetto di cosa significhi “essere umani” alle possibili, probabili conseguenze di una tecnologizzazione sempre più spinta della nostra vita – in un cornice narrativa di estrema semplicità. Si capisce tutto, in Humans, eppure si rimane affascinati da scenari e prospettive su cui spesso abbiamo fantasticato e che ora ci vengono srotolate davanti agli occhi con la consapevole banalità di una famiglia che si compra un elettrodomestico.
Da questo punto di vista potete immaginarla come una sorta di Black Mirror (altra serie di Channel 4) spalmata su più episodi.
Nata in un mondo in cui la tecnologia ha già sostituito molte mansioni e compiti prima appannaggio dell’uomo, Humans ci mostra il passo successivo, dove la tecnologia rischia di coprire anche ruoli meno lavorativi e più emotivi (la madre, l’amico), che gli esseri umani potrebbero voler tenere un po’ più stretti. Allo stesso tempo, fuori dalle problematiche particolari del nucleo familiare, Humans porta il problema anche su scala più vasta, approfondendo il concetto di “singolarità tecnologica” e chiedendosi come dobbiamo interpretare (e se dobbiamo temere) un progresso tecnologico che sia in grado di superare l’uomo per diventare da esso indipendente.
Le due aree tematiche, una relativa ai singoli umani e una riferita alla specie nel suo complesso, concorrono alla creazione di un racconto ora intimo e vagamente ironico, ora più teso e votato alla suspense. Sempre però coerente al proprio interno e pienamente comprensibile. Denso e complesso, ma anche preciso e organizzato, supportato da una regia asciutta che trova anche lo spazio per piccoli ma significativi dettagli, sia nel tratteggio delle personalità sia nella costruzione di una sottile ma palpabile inquietudine.
Vedremo nel prossimo futuro quando le due anime continueranno a compenetrarsi, e/o se una delle due finirà col prendere il sopravvento. La sensazione è però quella, piacevolissima, di una serie ben scritta e per diretta, capace di dirci cose importanti con l’apparente semplicità tipica delle migliori narrazioni.
Perché seguirla: una serie facile e accessibile, ma che riesce allo stesso tempo ad affrontare temi complessi e di grande interesse.
Perché mollarla: solo se siete proprio allergici a tutto ciò che c’entra con robot e fantascienza varia (ma anche in quel caso pensateci bene)
PS Come ciliegina sulla torta ci sono anche alcune facce note tipo il Neil Maskell di Utopia, che però qui fa una persona sana di mente: non so se sono pronto a vederlo così…