Empire – Una soap opera di grandissimo successo di Marco Villa
Ha battuto tutti i record, ma è proprio una brutta serie
ATTENZIONE: SPOILER SU TUTTA LA PRIMA STAGIONE
Avete presente quando una serie viene presentata come “la serie che ha fatto impazzire l’America” e voi dite “vabbè, mica possono essere tutte serie che fanno impazzire l’America”? Ecco, questa volta è andata davvero così, con Empire sono davvero impazziti, al punto che Entertainment Weekly ha scritto che non ci sono precedenti per confrontare la crescita di ascolti dalla premiere al season finale. Quindi: non alla grande, alla grandissima. Per questo motivo era obbligatorio vederla, nonostante la nostra esperta hip hop ci avesse detto che la cosa migliore del pilot fosse il giochino di riferimenti alle figure reali che stavano dietro ai personaggi della serie (per chi non la conoscesse, Empire racconta gli intrighi di una famiglia proprietaria di un’etichetta discografica hip hop diventata un impero). Io di hip hop non so praticamente nulla, ma ci ho provato lo stesso. Il risultato? Mi è venuto mal di schiena dal numero di volte che ho dovuto raccogliere da terra la mascella, perché non riuscivo a credere che una serie fatta così male stesse avendo quel tipo di riscontri e avesse portato a casa guest star del calibro di Snoop Dogg.
Ok, mi fermo un attimo: ho detto “così male” perché qui a Serial Minds ci piacciono le cose scritte bene, con personaggi fighi e curati e trame che girano liscissime. Non tutte le serie sono così e spesso ci divertiamo anche con serie tutt’altro che perfette. Per gli standard con cui valutiamo quello che guardiamo, Empire è una cosa davvero brutta. Ma non brutta in quanto malcagata dagli autori, tutt’altro: guardando Empire si capisce che nulla è lasciato al caso. Per quanto sciatta, la scrittura della serie è perfetta per raggiungere un pubblico molto ampio, che non cerca un alto livello di qualità, ma che chiede semplicemente di svagarsi. Per arrivare a questo obiettivo, gli autori di Empire si sono spinti verso la soap, una deriva già intuibile nei primi episodi, ma diventata presto chiarissima, soprattutto nello sviluppo dei personaggi e dei loro rapporti.
Se confrontiamo i personaggi al primo e all’ultimo episodio, vediamo che tutti hanno compiuto un percorso, come succede normalmente in ogni serie. Quello che separa il punto di partenza da punto di arrivo, però, è schizofrenico. Prendiamone uno a caso, Jamal: tutta la sua stagione è basata sul rapporto con il padre. Questo confronto non viene raccontato in modo graduale, con crescite, picchi e rilassamenti, ma con un continuo avanti-indietro senza senso. La dico più diretta: pressoché in ogni puntata li vediamo litigare ferocemente fino a un punto di rottura che appare definitivo, salvo poi riappacificarsi nel giro di pochissimi minuti. Una dinamica che viene ripetuta decine di volte nella stagione, fino a diventare paradossale. E questo è lo schema relazionale di base che tocca tutti i rapporti che i personaggi principali hanno con Lucious: lui è fermo al centro e attira e respinge gli altri. Sempre, di continuo, senza sosta e senza logica. Non c’è racconto, solo dei continui picchi melodrammatici che si ripetono all’infinito. E questo non riguarda solo Lucious, ma anche Jamal-Hakeem e Hakeem-Cookie, per dirne un paio. Un po’ come la storia di Brooke con Ridge, ma a velocità decuplicata.
Non è certo più logico il resto della trama. Assistiamo a fatti che nascono dal nulla, prendono il centro della storia per una manciata di minuti e poi spariscono per sempre. Tre esempi: la storia di Cookie con il capo della sicurezza (e relativa reazione di Lucious), la faccenda paradossale della puntata in cui cercano di mettere sotto contratto tutti gli artisti del mondo (con tanto di demenziale grafica in tempo reale sul valore della Empire e dell’etichetta rivale) e il momento in cui Jamal (rapper straconosciuto, nonché figura di spicco di un impero finanziario) prende un rivale in affari e lo minaccia di morte davanti a millemila persone per fargli firmare un contratto. Tutte cose senza senso, che vengono usate per creare uno dei duecentomila picchi momentanei di interesse, senza preoccuparsi di cosa possa accedere dopo.
Esagerazioni totali, personaggi scritti da cani, melodrammi sempre dietro l’angolo. Ripeto: una soap. Di grandissimo (e comprensibile) successo, ma una soap.