10 Marzo 2015 8 commenti

Dig – Una meravigliosa cazzata tra Homeland e Indiana Jones di Marco Villa

Il pilot di Dig si chiude con la gigantesca scritta APOCALISSE. Fantastici.

Copertina, Pilot

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Ognuno ha i suoi guilty pleasure. C’è chi si guarda le robe da teenager, chi quelle con le cameriere portoricane e chi non riesce a staccarsi dai medici negli ascensori. A me piacciono i cacatoni, che – come detto più volte da queste parti – non è un termine dispregiativo, ma una precisa categoria di serie tv, quelle che vanno sempre a manetta, non si fermano mai e a ogni puntata buttano nel mazzo un’altra mezza dozzina di sottotrame. Se poi per caso mettete dentro anche robe tipo arca dell’alleanza e apocalisse, vabbè, proprio ciao e io esulto.

Dig è esattamente tutto questo: è Homeland + Indiana Jones, ma è anche Gerusalemme, rabbini assassini, basi segrete, giumente miracolose, fonti dell’eterna giovinezza, tipe con i capelli fosforescenti, Anna Heche, attentati, incidenti, inseguimenti sui tetti, bambini sparati, profezie e molto altro. Del resto, una serie che nel teaser stagionale a fine pilot ha il coraggio di mettere la parola ARMAGEDDON in carattere 800 non può accontentarsi di una trama sempliciotta.

Dig - Season 1

Ecco, la trama. Ci provo: la prima storyline è quella che vede coinvolto Peter Connelly (Jason Isaacs, il poliziotto con due vite di Awake), agente dell’FBI di stanza a Gerusalemme, agli ordini dell’ambasciatrice e soprattutto di un agente speciale interpretato da Anna Heche, con cui giace spesso e volentieri. Una sera incontra una ragazza che, dal nulla, lo porta a visitare degli scavi archeologici fighissimi sotto Gerusalemme, al cui interno c’è anche una sorgente antichissima che probabilmente è venerata da millenni. E tu cosa vuoi fare in una sorgente antichissima che probabilmente è venerata da millenni? Ovvio, no? Ti butti e provi a trombare. Peccato che i due vengano interrotti dall’arrivo di gente che fa sacrifizi animali. A proposito di animali, come non citare la storyline ambientata in Norvegia in cui un giovane ebreo ortodosso è a guardia di una giumenta rossa? Non approfondiamo oltre questa vicenda, perché è bello lasciarla lì, a mezz’aria. Terza storyline: una base segreta nel deserto del New Mexico, in cui un pastore cristiano (in combutta con un rabbino di Gerusalemme, a sua volta in combutta con quelli della giumenta) custodisce un bambino che ha tutta l’aria di essere l’eletto o giù di lì (la bambinaia dell’eletto è interpretata da Lauren Ambrose, la sorella roscia di Six Feet Under).

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Capite quanto è meraviglioso/faccia cagare tutto questo? In quello slash risiede la scelta se guardare o meno Dig. Dig è stata creata da Gideon Raff (l’inventore di Prisoners of War, ovvero l’originale da cui è stata tratta Homeland) e da Tim Kring (Mr. Heroes, per intenderci), cioè due nomi di un certo peso, ma la sensazione è che Dig sia lontana da tutto quello che hanno fatto in precedenza. Qui tutto risponde a una sola logica: accumulo. Buttare dentro cose su cose su cose su cose, perché se le prendiamo separatamente non hanno senso di esistere, ma sommate a tutto il resto possono addirittura essere fighe. Soprattutto: possono divertire.

Dig non è la serie dell’anno e non vincerà mai mezzo premio (sempre pericoloso scrivere queste cose), ma potrebbe essere una serie in grado di esaltarvi ogni settimana per la quantità di MADDAI che vi potrebbe strappare dai denti. Una meravigliosa cagata, semplicemente.

p.s. gli ascolti del pilot sono stati pessimi, peggiori di quelli di una replica di NCIS…

Perché seguirla: perché come me siete fan di quelli che sono consapevoli di stare facendo una cazzata, ma vogliono farla a modo

Perché mollarla: perché è una serie che andrà da talmente tante parti che rischia seriamente di impantanarsi in mezzo minuto

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