22 Gennaio 2015 7 commenti

Cara Looking, Serial Minds ti lascia di Francesco Martino

Cioè, ci siamo rotti e basta

Copertina, On Air

Looking 1.
Sarà che sto cominciando a diventare vecchio, ma ultimamente ho deciso di mollare diversi telefilm a metà strada. Più si va avanti e più quel modo di dire “troppe serie tv e troppo poco tempo” comincia a sembrarmi vero, obbligandomi a mietere vittime illustri come The Blacklist e Sleepy Hollow. Tra i papabili per un prossimo abbandono c’era anche lei, Looking, la serie che più di tutte mi aveva lasciato perplesso la scorsa stagione, e che si era guadagnata in extremis una promozione con un “ci rivediamo a inizio anno”. Nonostante i problemi della serie fossero evidenti avevo comunque deciso di darle fiducia, sperando che il nuovo anno e la saggezza di un network come HBO potessero in qualche modo aiutarla. Purtroppo per noi però questo articolo non sarà un inno alla resurrezione di Looking, bensì un triste e mesto funerale per un serie che sembra destinata alla mediocrità eterna.

Volendo partire con un’analisi ordinata e razionale inizierei dicendo che il problema è alla base, e in realtà è anche piuttosto semplice: i personaggi. Più guardavo la season première e più la mia Moleskine si riempiva sempre della stessa frase, “ci interessano davvero?”. Si esatto, dopo una stagione e due episodi quanto ci importa delle vicissitudini dei personaggi? Alla fine stiamo parlando di un dramedy la cui aspirazione massima dovrebbe essere proprio quella di farci affezionare ai suoi protagonisti, di accompagnarci nel loro percorso di crescita e di farci empatizzare con loro, tutte cose che in Looking non succedono.
Looking 4

La serie, invece di metterci davanti ai racconti di vita dei trio di protagonisti, ci racconta le vicissitudini di un gruppo di bambini viziati continuamente invischiati in situazioni sempre al limite del credibile. Contrariamente a quanto succede in Girls (il paragone è tanto chiamato quanto obbligatorio), dove una scena di nudo della Dunham ha quasi sempre un suo significato all’interno della narrazione, qui nulla ha senso, e l’unica cosa che conta è “l’eccesso”. Questa impotenza narrativa porta Looking a diventare un telefilm incapace di raccontare delle storie, ma in grado solamente di mostrarci i suoi protagonisti alle prese con la stessa e ripetitiva girandola di problemi: la complicata situazione sentimentale di Patrick, l’immaturità di Agustin (personaggio ai limiti dell’odioso) e i continui progetti imprenditoriali di Dom.
Tutto rimane invariato, spingendo così lo spettatore verso una lenta e inesorabile perdita di interesse, il cui sintomo principale è uno solo: la noia. Anche quello che potenzialmente poteva diventare uno spunto interessante come la paura di aver contratto l’AIDS da parte di Patrick viene liquidato in maniera sbrigativa e accantonato per fare spazio al nulla, la sensazione più ricorrente dello spettatore di questo show.
Probabilmente l’unica cosa che salva Looking dal baratro del disastro più totale è la patina HBO, quella capacità di saper confezionare e vendere qualsiasi tipo di prodotto indipendentemente dal suo vero valore e di rendere anche la scena più inutile visivamente interessante.

Questo articolo è quindi la fine certa e matematica del mio rapporto con Looking, di una relazione durata quasi un anno e che ha visto il sottoscritto costretto a ripetersi in continuazione “dai, bisogna solo darle tempo” rimanendo puntualmente fregato. No, non mi sedurrai più con la tua colonna sonora catchy e il tuo filtro video uscito da Instagram (per quello c’è sempre Vimeo), e tra qualche anno ti ritirerò fuori in qualche conversazione a caso dicendo “ma vi ricordate che sòla che era Looking?”

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