The Affair Season Finale – Confermiamo tutto di Diego Castelli
Era e rimane la miglior novità dell’autunno
Circa tre mesi fa parlavamo del pilot di The Affair, e di come la sua forza fosse una boccata di ossigeno in un autunno altrimenti un po’ fiacco per quanto riguarda le novità.
Dopo il season finale il giudizio rimane estremamente positivo, anche se il tiro va corretto su alcuni aspetti.
Cominciamo col dire che la metafora del respiro è risultata probabilmente un po’ fuorviante. Era un respiro in termini intellettuali, creativi, ma forse qualcuno di voi ha sperato che lo fosse anche in termini polmonari. Ecco, questo mica tanto, nel senso che The Affair era ed è rimasta una serie pesante: la lunghezza degli episodi, l’insistita reiterazione dello sdoppiamento dei punti di vista, la trama stessa tutta arrotata sul sentimento – colpevole e colpevolizzato – di Alison e Noah, sono tutti elementi che impediscono di inserire The Affair nel calderone delle serie da primo pomeriggio, quelle che “massì dai non so cosa fare, mi vedo un episodio”.
Se affrontate The Affair così, la resa è dietro l’angolo, a favore di qualcosa di più semplice e leggero.
Se però siete tra quelli, come me, che sono stati affascinati dalle atmosfere del pilota e sono rimasti aggrappati a quelle sensazioni, allora il resto della stagione ha regalato robusta soddisfazione. E l’ha fatto proprio nel modo che non credevo possibile, perché pensavo che la storia tra i due fedifraghi sarebbe diventata rapidamente un pretesto per dare più spazio al mistero e al crime legati all’indagine vista all’inizio.
In realtà, a conti fatti, non è stato così. Certo, molti elementi sono stati aggiunti a quell’architettura iniziale (si pensi anche solo alle peripezie letterarie di Noah, o ai ricordi dolorosi di Alison e Cole), ma il nocciolo di fondo, ben evidente negli occhi e nel cuore dello spettatore, è sempre stato l’amore impossibile, traumatico, contrastato dei due protagonisti.
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Al netto del fatto che c’è scappato il morto, e che la stessa ultima scena c’entra più col crime che col romantico, The Affair rimane una storia d’amore, di quelle che straziano anima e stomaco. Ed è proprio qui che la serie ha fatto vedere le cose migliori: nel dipingere il senso di frustrazione e prigionia che i personaggi sperimentano nelle loro vite “ufficiali”; nel descrivere l’esplosione di passione e libertà in ogni fuga amorosa; nel gettare ombre su quelle stesse fughe, che non sono mai state un percorso lineare verso la felicità, ma piuttosto una corsa a ostacoli fatta di continue frenate, inversioni e cappottamenti.
Più che un telefilm di eventi, The Affair è una serie di personaggi e attori. Se facciamo il paragone con altri telefilm americani, in questo gli eventi sono relativamente pochi, è tutto un prendersi e lasciarsi, scoprire le scappatelle, incazzarsi e riprovarci. Il succo allora è l’introspezione psicologica da una parte, e dall’altra il continuo dibattersi dei protagonisti in una pozza di insoddisfazione in cerca di una qualche via d’uscita. Per questo il lavoro sugli attori è stato fondamentale, e i quattro protagonisti sono eccezionali: già di per sé la storia estremamente dilatata e insistita consentirebbe un gran lavoro di sfumature, ma lo sdoppiamento del punto di vista non ha fatto altro che rincarare la dose di una recitazione calibrata al millimetro, in cui la passione di Noah e Allison esplodeva nel bel mezzo dell’irritazione e del senso di colpa, per poi rifluire in strane forme di accettazione passiva dello status quo e ristrisciare di nuovo nella speranza più cupa.
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Bravissimi Dominic West e Ruth Wilson, fari assoluti della narrazione, ma bravissimi anche Maura Tierney e Joshua Jackson, capaci di dar vita a due “traditi” diversissimi: incredula, ribollente ma quasi sempre ragionevole lei; oscuro, ferito e quasi violento lui.
Non è un caso che una delle scene migliori del finale sia proprio quella in cui tutti e quattro gli attori sono nella stessa stanza: benché l’espediente narrativo della pistola nelle mani di Cole sia tutto sommato banale, a rendere la scena memorabile è una gestione precisissima degli sguardi e delle parole, che riassumono e rilanciano tutte le questioni viste in una stagione intera, prima di tutto l’affetto di Noah per la sua famiglia contrapposto all’incapacità di mollare il sentimento per Allison.
Insomma, una serie densa, corposa e perfino pesante, ma che a mio giudizio rimane una delle cose migliori viste questo autunno.
Rimangono aperti diversi interrogativi sulla seconda stagione, già confermata da Showtime: il finale ha insistito sulla componente crime, mentre quella più propriamente drama sembrava quasi risolta, visto che Noah e Allison avevano finito col lasciare davvero i rispettivi mogli/mariti per cominciare la loro vita insieme. Facile immaginare che l’arresto di Noah scatenerà nuove dinamiche e rimetterà in discussione molti elementi, ma al momento è difficile fare ipotesi troppo precise.
Com’è, come non è, io l’anno prossimo sarò in prima fila.