Marco Polo – Netflix prova a sfidare Game of Thrones di Marco Villa
Marco Polo ha tutto per diventare una grande serie
Provate a fermarvi un attimo, prima di iniziare Marco Polo. Provate a fermarvi e a immaginare di tornare indietro di qualche anno, tipo nel 2010, quando questo sito è nato. Ecco, adesso provate a pensare come avreste reagito in quei giorni alla notizia che sarebbe stata mandata in onda una superproduzione dedicata alla vita di Marco Polo e che a realizzarla non sarebbe stato un network generalista o via cavo, ma una piattaforma di streaming che per giunta avrebbe pure rilasciato tutte insieme le dieci puntate che la compongono. Non c’è molto da dire, se non che ai tempi vi sarebbe sembrato impossibile. Nel frattempo, però, Netflix è diventata addirittura una garanzia e Game of Thrones ha alzato l’asticella del concetto stesso di superproduzione. E così adesso abbiamo Marco Polo pronta per la vacanze di Natale.
Come anticipato, Marco Polo racconta la storia del mercante veneziano che diventò consigliere di Kublai Khan e che poi raccontò le proprie vicende nel Milione. Prodotta da Netflix e Weinstein Company, Marco Polo è creata da John Fusco e ha come protagonista l’italiano Lorenzo Richelmy (sì, è italiano ed è protagonista: gran colpo, complimenti a lui). La storia inizia quando il padre di Marco (Pierfrancesco Favino) abbandona il figlio alla corte del Khan, come pegno per ottenere in cambio la possibilità di commerciare lungo la Via della Seta. Tutta la serie muove da qui e nei dieci episodi vedremo la vita del giovane rampollo Polo che si scontra con abitudini del posto, mentre inizialmente seguiamo solo sullo sfondo le campagne militari con cui il Khan cerca di conquistare una città fortificata, che gli aprirebbe le porte dell’intera Cina.
A voler restare legati alla storia, si può tranquillamente dire che Marco Polo è una serie in costume dedicata a un’epoca e a dei personaggi finora mai affrontati. Nel pilot tutto appare molto curato, pur senza eccessi: non aspettatevi scenografie devastanti o effetti speciali senza pari (non ancora, almeno). Tutto è giocato quasi per sottrazione: la sala reale del Khan è quasi minimale, così come tutte le ambientazioni di palazzo. Questioni di budget, probabile, ma anche la volontà di puntare tutto su storia e personaggi. A cominciare dal protagonista: non è uno slancio patriottico, ma la scelta di affidare la parte a un italiano è davvero una bella mossa (soprattutto se si considera che di solito nemmeno particine da due battute nella nostra lingua sono affidate a italiani, con conseguenze spesso tragicomiche). Richelmy è assolutamente credibile anche in inglese (e con lui Favino) e guida un gruppo di attori capaci di caratterizzare i propri personaggi senza renderli delle macchiette (stile The Tudors o The Borgias) o dei profili da libro di storia.
E qui viene la parte che mi interessa di più: in apertura ho citato Game of Thrones, perché è il riferimento più immediato quando si parla di una serie di sesso&guera ambientata nel passato. Al momento manca ancora all’appello una scena di battaglia, ma Marco Polo non sembra essere la cugina sfigata di Game of Thrones. Così come non sembra nemmeno un bigino di storia: nella prima puntata ci vengono raccontate per bene faccende che riguardano la giustizia, la politica, la gestione militare e pure la condotta sessuale alla corte del Khan. In nessuno di questi casi, però, arriva un maestro con la lavagna. E a questo punto devo dirlo: ecco, amanti di quella piaga di Vikings, questa è la strada. Si può fare una serie in costume, che racconta trame e personaggi e che inserisce elementi storici senza essere pesanti con ogni minimo aneddoto. Fine.
Marco Polo parte bene, non è ancora in grado di esaltare lo spettatore, ma ha tutto per diventare un’ottima serie. E meno male, perché quest’autunno è stato davvero gramo.
Perché seguirla: perché Netflix è praticamente una garanzia e perché c’è davvero tutto quello che ci vuole in una grande serie
Perché mollarla: perché se non salta fuori almeno uno smartphone vi viene l’orticaria