Girlfriends’ Guide To Divorce – Il ritorno della Cuddy di House di Marco Villa
Girlfriends’ Guide To Divorce segna il ritorno da protagonista di Lisa Edelstein
Due giorni fa ho scritto un pezzo su The Newsroom in cui spiegavo perché mi ha fatto tremendamente incazzare la penultima puntata della serie. Dopo una discussione senza fine con il Castelli, quell’uomo senza vergogna (sì, lo stesso che continua a guardare con gioia Once Upon A Time) mi fa: “ok, voglio vedere con che coraggio stronchi The Newsroom e salvi Girlfriends’ Guide to Divorce“. Che brutta persona, lo so.
In realtà la sua domanda normalmente me la sarei fatta anche io, perché una serie sulle amiche divorziate, in onda su Bravo è davvero lontanissima da tutto quello che definirei interessante. Ok, c’è Lisa Edelstein (la Cuddy di House, per intenderci) che è una di quelle attrici in grado di usare le faccette senza risultare mai odiosa, ma di solito non basta una tizia brava a salvare una serie. Ah, ma c’è anche Janeane Garofalo, una con un curriculum così e che si fa notare in tutto quello che fa.
E allora forse non è così male questa serie tv, che racconta di Abby, una donna oltre i quaranta, affermatissima scrittrice di libri stile “ti insegno a essere una donna con la d maiuscolà e ad avere la famiglia perfetta”. Peccato che la sua vita non sia per niente perfetta e che si stia separando dal marito (Paul Adelstain, da Prison Break e Scandal, tra gli altri): a finire male, quindi non c’è solo la sua vita privata, ma anche la sua immagine pubblica. Abby non è semplicemente una donna di successo, è un’industria da milioni di dollari e tutto quello che fa ha ripercussioni pesanti. Questa la linea drammatica, quella comedy è invece assicurata dagli incontri tra Abby e le sue amiche, entrambe divorziate carichissime e in cerca di una seconda giovinezza.
Girlfriends’ Guide to Divorce è una serie con target dichiaratamente femminile, una versione di Desperate Housewives o Devious Maids con sole protagoniste bianche e di successo. Probabilmente non vedremo mai problemi famigliari stile bambini infernali, ma le conseguenze che quei problemi famigliari hanno sulle vite delle protagoniste nel momento in cui mettono piede fuori di casa.
Esattamente come Devious Maids (e al netto di misteri e omicidi), si tratta di una serie leggera e senza menate, che non punta a diventare la miglior serie dell’anno, ma che non vuole nemmeno sprofondare nella banalità. Molto semplicemente: un onesto tappabuchi, ben scritto e ben recitato. Ovviamente un altro pianeta rispetto a The Newsroom, ma se valesse questo discorso basterebbe postare ogni giorno una foto di The Wire per mandare tutti a casa.
Perché seguirla: perché è una di quelle serie oneste, che terrà un buon livello e non deluderà le attese
Perché mollarla: perché il contrappasso del non deludere le attese, in questo caso, è il non sorprendere mai in positivo