Gotham midseason finale: dai Jimmy, dai che ce la fai! di Diego Castelli
Timidi progressi, ma sempre progressi!
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È andato in onda il midseason finale di Gotham, ed è necessario riparlarne prima della pausa.
È necessario perché, rispetto all’articolo di un mese fa, abbiamo visto dei miglioramenti. E siccome noi siamo saggi e rifuggiamo l’atteggiamento da prof stronza che decide che sei una capra per sempre solo perché al primo compito in classe avevi trentanove di febbre e hai fatto schifo, ecco che siamo solo contenti di vedere qualche passo in avanti.
Tra l’altro la dinamica è stata buffa: dopo aver visto sei episodi avevo scritto un post preoccupato, di quelli “ommioddio tutto qui?”, in cui la speranza per il futuro faceva il paio con la fronte sudata e il peso al petto.
Caso ha voluto che il settimo episodio, scaricab… ehm, rintracciabile in Italia proprio in quelle ore, fosse il migliore tra quelli trasmessi fino a quel momento. Da allora sono andati in onda altri due episodi un po’ meno fulminanti, ma meglio dei primi sei, e un finale autunnale che è stato largamente il miglior episodio fin qui.
Oh, non è che dall’oggi al domani è diventato un capolavoro o la serie migliore dell’universo. Ma il miglioramento è stato comunque così evidente da lenire il famoso peso al petto e da concederci quello che si suol dire “un natale sereno”.
Il motivo del miglioramento è banalissimo, perché gli autori hanno fatto esattamente quello che speravamo: settimo e decimo episodio sono stati completamente orizzontali, niente freak of the week o quasi, quindi niente tempo perso dietro L’Uomo Telecomando o la Donna Bigotta, che andrebbero benissimo in una serie con Batman o con Flash, ma sono totalmente superflui se dobbiamo vederli combattere contro un eroe “normale” come Jim Gordon.
Questi ultimi episodi, invece, hanno cominciato a darci il sapore di quello che Gotham potrebbe realmente essere: le trame criminali, le spire sempre più strette con cui i boss della mala stritolano la città (e si stritolano tra di loro), cominciano a mostrare il loro potenziale epico, a fronte di una pletora di personaggi sempre più numerosa in cui però ogni identità porta con sé un’enorme possibilità di sviluppo. Questi personaggi sono sempre stati lì, e alcuni spiccavano fin da subito come Pinguino o Selina, ma è solo con episodi finalmente di più ampio respiro che abbiamo cominciato a intravedere un Grande Disegno. Che può non essere ancora scritto, sia chiaro, e magari alla fine farà pure schifo. Ma vederne l’ombra, percepirne l’allargamento dei confini ben oltre il solito delinquentello settimanale, questo già basta per farci tornare il sorriso.
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Pensare a come Nygma diventerà cattivo, a come Gordon diventerà commissario pur tra mille difficoltà, a come magari a un certo punto vedremo comparire un adolescente pazzoide che potrebbe diventare un cattivo ghignante che non voglio nemmeno nominare: sono tutte cose che a rigor di logica potevamo fare fin dall’inizio, ma erano aspirazioni che le trame bruttine e autoconclusive azzoppavano non poco, come se accendessimo la tv per vedere Breaking Bad e cazzarola l’han sostituito con delle repliche di Law & Order.
Ma soprattutto, e qui faccio specifico riferimento al midseason finale, finalmente si è parlato davvero di Bruce Wayne. Sì perché il faccione un po’ ebetone di Ben McKenzie aveva catalizzato buona parte della nostra attenzione, facendoci quasi dimenticare che la serie non si chiama Gordon’s Creek. No, si chiama Gotham, e uno dei suoi protagonisti è destinato a diventare uno dei supereroi più fighi mai concepiti da mente umana. E finalmente abbiamo visto qualche primo passo vero, con gli addestramenti di Alfred (confermo, forse il mio personaggio preferito finora), con le dritte da equilibrista di Cat, perfino con quel bacio finale. Lì per lì sembrano piccole cose, forse lo sono, ma sono passi nella giusta direzione. Sono la fondazione di una mitologia, l’inizio di un percorso di cui finalmente intravediamo l’orizzonte. E nella buona disposizione generale, pure i dialoghi sembrano migliorati: applausi per Alfred che grazie-a-Dio non dice “ti voglio bene Bruce” ma un più virile (e insieme molto più azzeccato) “se lei morisse… chi assume maggiordomi ormai?””; e pacche sulle spalle anche a Gordon, la cui versione incazzata-indignata (ma giustamente sempre un po’ perdente) trasmette molta più energia del semplice primo della classe visto finora.
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Ripeto, niente rivoluzioni, e molti di questi elementi c’erano anche prima. Ma in quest’ultimissima parte di stagione sono sembrati meno annacquati, meno “rimandati”, affrontati più di petto.
Certo, poi qualcuno di voi buttava lì il Grande Rischio, cioè il fatto che tutto rientri perfettamente nella schema Bruno Heller: puntate bomba intervallate ogni volta da sette, otto, nove episodi di peso leggerissimo. Purtroppo il rischio esiste. Devo però dire che quella scena finale, con Gordon esiliato ad Arkham, mi fa ben sperare. È già un significativo cambio di location, un ulteriore guizzo con ovvie conseguenze importanti, che sembra allontanarci ancora di più dallo schema assai statico dei primi episodi.
Dai Jim, dai Bruce, dai che ce la fate!
PS Bruce, figliolo, ascolta un momento. Se una ragazza caruccia e con le palle ti dice per tre-quattro episodi di fila che ti vuole baciare, tu la baci. Punto. Non è che fai il menoso e butti lì strane scuse sul fatto che lei ha i secondi fini.
Limonare. E. Basta.
E se il vero motivo per cui non vuoi limonare Cat è perché ti piace Alfred, non temere, siamo persone aperte e intelligenti, e non te ne faremo una colpa in nessun modo. Però dillo, così poi vediamo che serie diventa.