Growing Up Fisher – Cagnoloni, padri ciechi e altre simili dolcezze di Diego Castelli
Ecco, magari un po’ troppe dolcezze…
Rimango sempre stupito dalla capacità dei network americani di identificare qualcosa che funziona cercando poi di replicarla all’infinito, compulsivamente, finché lo spettatore disperato non decide di passare a qualcos’altro, tipo la droga.
E’ un po’ il caso di Growing Up Fisher, nuova comedy di NBC che appartiene a quel preciso genere telefilmico noto col nome di “Se il Villa lo vede bestemmia”.
Protagonista una normale famiglia americana, genitori e due figli, un maschio e una femmina, che a un certo punto finisce dentro un divorzio inevitabile ma per nulla cattivo o amaro. E in tutto questo, papà è cieco.
Parlo di replica perché Growing Up Fisher non solo assomiglia a centocinquanta comedy familiari che abbiamo già visto, ma riprende anche alcuni dettagli che in questi mesi e anni sembrano tirare fortissimo: prima fra tutti la voce fuori campo di un protagonista adulto che ricorda il se stesso bambino. Succede in parte con How I Met Your Mother (per citare il caso più famoso), ma soprattutto succede col recentissimo The Goldbergs, che praticamente si basa sullo stesso concetto: uno sceneggiatore/produttore/regista che crea una serie in cui racconta della sua infanzia. Con la differenza che là c’è l’intento specifico di calcare la mano sulla nostalgia degli anni Ottanta (che funziona sempre) mentre qui, padre non vedente a parte, pare tutto un po’ più pretestuoso.
Dicevo delle possibili bestemmie del Villa. Growing Up Fisher (che può contare su due attori ben noti come J.K. Simmons nel ruolo del padre e di Jenna Elfman in quello della madre) è una comedy che più zuccherosa non si può. Basta aggiungere che al padre cieco-che-però-riesce-a-godersi -la -vita si aggiunge anche un bel cane guida la cui funzione principale è quella di strappare al pubblico tanti commossi awww.
Intendiamoci: non c’è niente di sbagliato in un po’ di buonismo, non serve essere cinici a tutti i costi e non sono qui a rinnegare le ore passate con I Robinson (famiglia americana di colore e assai ricca, in cui non succede mai niente di brutto, praticamente un fantasy).
Allo stesso tempo, però, si pone un problema quando sotto allo zucchero c’è poco e niente. In Growing Up Fisher di ridere sul serio non se ne parla, nel senso che non c’è un solo momento in cui la comicità riesca a soddisfare la sua funzione originaria. Qualche sorriso invece lo si può anche piazzare, specie in relazione a certe gag da non vedente. Ancora una volta, però, siamo nell’ambito della bontà, del superare i limiti posti dell’handicap, di tutta una serie di spinte filosofico-motivazionali che tendono ad assomigliare un po’ troppo a quei tipici messaggi che compaiono su facebook sopra uno sfondo di tramonti o albe. Tipo “credi in te stesso e la vita crederà in te” o altre cagate simili, di solito scritte da persone che dell’ispirazione non gliene frega niente ma ci tengono a raccogliere un sacco di like.
Alla fine dei conti, l’unico piacevole a vedersi è proprio Simmons, che riesce a calarsi perfettamente nella parte di padre menomato ma ottimista, che sembra riprendere un po’ del personaggio che lo stesso Simmons aveva interpretato in Juno (anche quello un film pieno di buoni sentimenti, ma col piccolissimo dettaglio aggiuntivo di una scrittura clamorosa). Del resto si salva poco: il bambino è anonimo, le battute prevedibili e troppo familiari, Jenna Elfman ormai fa sempre lo stesso personaggio e pare evidente che non è in grado di fare altro. Un po’ più simpatia la dedichiamo invece al migliore amico del bambino protagonista, un piccolo coreano tutto pepe che però, va detto, ci prova anche troppo a fare il simpatico.
In termini di ascolti il primo episodio è andato bene, ma aveva il traino delle olimpiadi e fa poco testo. Di certo i produttori si staranno toccando al pensiero che negli ultimi anni il creatore DJ Nash non ne ha azzeccata una (ha lavorato a ‘Til Death, Up All Night, Traffic Light e altre, tutta roba cancellata quasi subito). Certo che però se lo sono scelti anche loro, quindi non è che possono troppo lamentarsi…
Perché seguirla: se cercate qualcosa di buono, dolce, pacato, in cui di fatto non succede niente di brutto, ma anche niente in generale.
Perché mollarla: fa venire il diabete, che è sempre una brutta bestia.
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