Misfits – La fine di un amore di Vale Marla Morganti
Ad alcuni mancava già prima che finisse, agli altri mancherà?
Today is the last day of your community service. It’s all over! You had a chance to do something positive, to give something back, to help people, to really make a difference to their lives.
You failed. Dismally. Do you wanna know what the real tragedy is? This moment, right here, right now. This is as good as it gets for you.
Ebbene sì. E’ finito anche Misfits. Tocca me farne l’elogio funebre. Inizio citando Greg, il probation worker. Il miglior probation worker che Misfits abbia mai avuto, aggiungo. Eh sì sentite un po’ la mia voce che vibra, c’è dell’emozione. C’è dell’emozione e dello smarrimento. Il tempo per elaborare il lutto è stato poco, e non so da che parte stare.
Misfits ha di certo perso qualità dalla prima volta che abbiamo visto i 5 pseudo super eroi in tuta arancio sui nostri schermi. Alla fine della quarta stagione cercavo di trovare una giustificazione, un modo per salvare, anche ai miei occhi, il gioiellino che tanto ci aveva fatto divertire e gridare alla BOMBA nelle prime due stagioni. Non c’è dubbio, la vita di Misfits è stata una parabola discendente. Un adolescente fresco e brillante che esaurisce in poco la sua verve e la sua forza vitale, sfiorisce velocemente, perdendo tutto l’appeal e l’originalità che l’aveva reso così popolare, diventa velocemente vecchio e ripetitivo. Si crogiola in quello che l’ha reso, a suo tempo, una persona stimabile ma che ormai non ce n’è…ahinoi ha perso lo smalto.
Ovvio. Questo non è il momento in cui sputo su una serie che ho sempre cercato di salvare. Però è il momento in cui si tirano le conclusioni. L’anno scorso dicevo che la stagione 4 era completamente sotto tono, ma auspicavo fosse una sorta di traghettamento verso un nuovo futuro. Ma no, non è stata una crisi di mezza età, era solo un periodo di decompressione prima della (a questo punto giusta) morte. Un ulteriore stagione sarebbe quasi sembrato un accanimento terapeutico, dottori basta, le avete provate tutte lasciate andare il paziente, ce ne siamo fatti una ragione, lasciate che almeno possiamo avere un bel ricordo di lui. Ho guardato tutta la quarta stagione e anche tutta la quinta, e non perché speravo migliorasse o che ritornasse quello di un tempo, o perché sadica volevo assistere alla sua morte. Sono quasi convinta che le prime stagioni hanno creato un modo talmente nuovo e originale, il mondo Misfits, che è un po’ diventato casa nostra: il Wertham Community Center, la sporca periferia londinese, le tutine arancio, la sigla (unica cosa che è rimasta sempre uguale e sempre bellissima).
Sinceramente se spremo le meningi ricordo poco del passato, delle trame. Misfits non ha mai puntato su quello, ha sempre puntato sull’esplosività immediata di quello che metteva in scena, che fosse un’immagine, una battuta, una situazione, un personaggio. A volte personaggi potentissimi duravano il tempo di nemmeno una puntata. Battute da Oscar una frazione di secondo, o uno sguardo appena.
Misfits è, per me, una serie toy boy. Bellissima e intrigante, energica e fuori dagli schemi, mordi e fuggi, con scarse possibilità di un futuro duraturo. Misfits per me è stato questo, un fulmineo innamoramento, poi la parabola che degrada. Non è più così bello, non è più così trasgressivo, non è più così accattivante come all’inizio. E il distacco naturale da quell’oggetto del desiderio rende semplicemente più facile la fine della storia.
Lo so, lo so. Molto probabilmente mi state odiando e avreste voluto analizzassi in modo puntuale ogni difetto del corpo rigido in questione. Ma non ce la faccio, non ce la faccio ad andare di tecnicismi in un momento emozionale come questo. Soprattutto perché la fine mi rende più tenera, come direbbe Rudy “Well they chose the wrong day to do that, Finley. Cause I’m feeling very hormonal.” E dei poteri non usati, delle inconsistenze narrative, dei viaggi nel tempo risolutivi, dei personaggi inutili (Abby, checché voi ne pensiate io Abby l’ho sempre odiata, dovevo dirlo), delle inconsistenti compagnie del maglione, dei personaggi che scompaiono, dei bambini che quando nascono portano tragedie (vedi l’addio di Nathan), dei protagonisti che si uccidono per interrompere i viaggi nel tempo (Simon e Jess) a me interessa poco. Alla fine Misfits è sempre stata una serie che si è presa gioco di tutto, di sé stessa, dei suoi personaggi, della società, di chi la seguiva. Era autoironica, e in quanto autoironica di certo non avrebbe voluto che stessimo qua a compiangerla. Molto probabilmente avrebbe voluto che stessimo qua a farci segoni mentali sulla prima, seconda, terzaquartaequinta stagione. Oppure sul “ma quindi quello che abbiamo visto e sentito alla fine era un temporale che gli ha tirato via i poteri?”. Sul “faranno un film?”.” Oh ma se ci fosse stato Nathan?”.
Il finale, devo dirlo, mi ha lasciata un po’ inebetita. Di solito i finali ti fanno piangere, ti fanno incazzare, ti fanno gridare al sacrilegio. Non passano come se fosse un’altra puntata. Per quanto fosse cazzone lo spirito della serie, e io ho sempre sostenuto il fatto che secondo me Misfits non era una serie di disadattati con poteri ma una serie di cazzoni che si trovano a gestire dei poteri, l’annientamento del trio con i poteri fighi da parte di scapestrati con poteri discutibili (e mazze da baseball) sarà pur stato divertente ma dal mio punto di vista è un po’ l’emblema del fatto che è da un po’ che si cercava di accendere la spia “sarcasm” schiacciando il bottone sbagliato. Come dire, questo series finale è stato per me il coerente THE END di una serie che non aveva più nulla da dire.
This is what happens when you base your future around a jumper, for god’s sake!