Homeland è morto, viva Homeland – Il finale della terza stagione di Marco Villa
È finita la terza stagione di Homeland. Ecco com’è andata con il finale.
[SPOILER ALERT: SI PARLA DEL FINALE DELLA TERZA STAGIONE]
Homeland è finito. Con il finale della terza stagione, è finita anche l’intera serie per come l’abbiamo conosciuta. Homeland è stata sempre e soltanto la storia di Carrie Mathison e Nicholas Brody, del loro rapporto impossibile tra slanci e fughe, con un dubbio gigantesco sulla lealtà di Brody che pendeva sopra le loro teste. Un dubbio che ha reso Homeland quello che è stato: un capolavoro per due stagioni. Una serie capace di creare storie di una tensione pazzesca, con continue svolte narrative. Con la morte di Nicholas Brody, Homeland cambia direzione, per forza. E per fortuna, perché la terza stagione è stata fallimentare.
L’ho già scritto un mese fa: della terza stagione di Homeland non si salva niente. Arrivati al finale della stagione, il giudizio resta lo stesso. Certo, la decima puntata non è stata male, l’undicesima è stata una bomba e la dodicesima ha avuto alcuni minuti di una potenza incredibile, ma non bastano un paio di puntate per portare a casa una stagione. Soprattutto: per portare a casa una stagione di Homeland, la serie top di questi anni.
I pluripremiati autori di Homeland hanno brancolato nel buio per buona parte del tempo. Basti pensare alla faccenda di Dana Brody, su cui hanno insistito per intere puntate, per poi dimenticarla completamente, senza nemmeno ritirare fuori la ragazzina per l’ultima puntata, dopo che Brody si era finalmente redento. Certo, c’è stato l’incontro con il padre prima che lui partisse per la missione suicida in Iran, ma un incontro di qualche minuto non può giustificare intere puntate sulla sua storia. Storia che poi – ripeto – viene completamente cancellata dalla serie, senza nessun accenno. Un po’ come succede per Majid Javadi: la sua vicenda piomba dal cielo praticamente senza preavviso, viene portata in primissimo piano per qualche puntata e poi abbandonata. Javadi si rivela fondamentale per la pace USA-Iran, ovvio, ma – come per Dana – questo non giustifica assolutamente il peso che gli viene dato in diverse puntate. Così come non ha senso il peso che viene dato a Fara, l’analista CIA di origine iraniana. I suoi turbamenti, ma soprattutto la paura di coinvolgere i propri famigliari, tutto evaporato in un nulla, senza più nemmeno portarla sullo schermo.
Sono i tre punti di domanda più evidenti, quelli che emergono con più forza, ma non sono certo gli unici (che dire del senatore Lockart, di come viene scoperto da Saul, del fatto che avesse messo un uomo del Mossad nel letto della moglie del direttore della CIA… serve altro?). Motivi per cui non si può che dire che la terza stagione di Homeland è stata un fallimento, che non può essere riscattato dalla bellissima penultima puntata, quando la serie è tornata ai suoi livelli massimi, tirando fuori di nuovo una tensione altissima e il dubbio sulla effettiva fedeltà di Brody. Come se ci fosse ancora bisogno di dare un nome ai due elementi fondanti di Homeland.
E molto belle sono anche le scene che portano alla morte di Brody. Prima la telefonata tra Carrie e Saul, con lo straziante “Oh my God” della donna, che si rende conto per la prima volta in 36 puntate che non può fare nulla per cambiare le cose. Poi la telefonata tra Carrie e Brody, una scena toccante in cui sono stati evitati tutti i possibili trappoloni retorici e che non si chiude con il più scontato degli “I love you”, ma con un silenzio che pesa tantissimo. Infine la scena della morte di Brody, pure giocata con uno stile senza enfasi, giusto una musica a cancellare le urla della folla.
Dopo queste scene, dopo questa puntata, Homeland è diventato un’altra cosa. Questa terza stagione ha permesso agli autori di provare a capire come trasformare la propria creatura in una serie in cui non ci fosse più la coppia Brody-Carrie a reggere tutto. Il risultato è stato fallimentare, non ci hanno capito nulla. Adesso sarà diverso: non c’è più una carta-commozione da giocare all’ultima puntata, adesso è tabula rasa. Inizia Homeland 2.0. Incrociamo le dita, perché il cambio di rotta deve essere di quelli forti. Homeland è morto, viva Homeland.