22 Ottobre 2013 6 commenti

Once Upon a Time in Wonderland – Lo spinoff che non serviva di Diego Castelli

Quel Jafar lì non si può proprio vedere…

Copertina Pilot, Pilot

Once Upon a Time in Wonderland - Locandina

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Tanto successo ebbe Once Upon a Time, che si decise di clonarlo. Questa, in soldoni, la storia della nascita di Once Upon a Time in Wonderland, che punta a coprire un altro slot di palinsesto con le stesse atmosfere fiabesche dell’originale.

Wonderland (accorcio il titolo sennò non ci passa più) è tecnicamente uno spinoff, ma del tipo alla CSI o alla Law & Order: non è che uno o più personaggi della serie madre hanno fatto fagotto e sono andati a fare un altro telefilm (è il caso di The Originals rispetto a The Vampire Diaries). Qui non c’è praticamente nulla in comune nella trama delle due serie (a parte pochi dettagli come l’assenza in Wonderland del cappellaio matto, che si “intuisce” essere andato a cercare avventure in altri show), e la parentela va cercata piuttosto nel materiale di origine e nella realizzazione tecnica: siamo di fronte a un prodotto che, come Once, attinge dal variegato universo delle fiabe (e della Disney) per raccontare una storia che mescola elementi della tradizione e spunti originali, in un tripudio di colori, effetti speciali e costumi sgargianti.

Once Upon a Time in Wonderland (3)Mai come in questo caso sono contento di scrivere la recensione dopo aver visto due episodi e non uno solo. Sarà che Once perde mordente episodio dopo episodio (l’allontamento da Storybrooke e la nuova ambientazione di Neverland convincono poco), fatto sta che il pilot di Wonderland non mi era troppo dispiaciuto: un po’ più dark e onirico rispetto all’originale (come era giusto che fosse, parlando di Alice), capace di dare un po’ di freschezza a un franchise che aveva perso i principali centri di interesse: so che l’ho già detto in passato ma lo ribadisco, spezzata la maledizione Once ha perso buona parte dei motivi per essere seguita.
Era però un momento passeggero, una parentesi di curiosità, perché a conti fatti Wonderland ha ben poco da dire, ed è costellato da una serie di difetti e mancanze che fanno calare l’interesse già nel giro di due settimane.

Prima di tutto c’è da fare una considerazione tecnica: gli effetti speciali di Once Upon a Time hanno sempre fatto abbastanza cagare, ma almeno si potevano usare con parsimonia, quasi solo nei flash back dedicati al mondo delle fiabe ecc. In Wonderland invece si sbraca completamente: non si contano le scene girate con green screen degni di Gardaland, con attori che osservano meravigliati scenari che evidentemente stanno solo immaginando e che li fanno sembrare vagamente drogati.
In secondo luogo, le motivazioni alla base dell’agire dei personaggi sono di una banalità impressionante: Alice, protagonista donna e cazzuta come già in Once Upon a Time, torna a Wonderland in cerca del suo amore perduto, che è stato imprigionato e viene tenuto in gabbia in attesa che la bella pulzella trovi il modo di salvarlo.
Il fatto che sto tizio sia il genio della lampada (nel primo esempio di contaminazione fiabesca della serie) aggiunge poco al fatto che questa storia, di per sè, è assai meno affascinante rispetto al bordello che c’era all’inizio di Once Upon a Time.
E connesso a questa banalità c’è il terzo problema: al contrario della serie madre, che univa diverse fiabe E collegava queste fiabe alla realtà dello spettatore (una cittadina americana apparentemente normale), Wonderland è “fiabesco e basta”, e perde così una componente importante del successo di Once.Once Upon a Time in Wonderland - Regina di Cuori

Se questi sono tre macro-problemi, non mancano tutta una serie di piccole questioni che creano più di una perplessità: il cast, per esempio, che a fronte di una buona Alice (Sophie Lowe) piazza una Regina di Cuori tanto bella quanto cagna, un genio della lampada carismatico come il mio capezzolo destro, un aiutante della protagonista che sa dire solo “Bloody Hell” come se fosse la cosa più divertente del mondo, e soprattutto un Jafar interpretato da Naveen Andrews che riesce a sembrare solo un Sayid di Lost incastrato in un’isola che ha girato su se stessa una volta di troppo. Per non parlare del Bianconiglio, che non è passato sotto una selezione di casting ma è stato appositamente creato così al computer, legnoso e inespressivo come qualunque personaggio all-CGI creato per la televisione (il concetto è: o hai le risorse tecniche e artistiche per fare Gollum, o sennò lascia perdere).
Ma ancora una volta, come e più che nella serie madre, manca un po’ di sana ironia. Se guardiamo al cartone animato, anche il perfido Jafar (uno dei cattivi più noti e meglio riusciti dell’universo Disney) riusciva a portare con sè una dose di comicità che ne alleggeriva la pesantezza. Voglio dire, il pappagallo Iago era uno spettacolo.
Il Jafar di Wonderland, invece, si prende così dannatamente sul serio che non possiamo che riconoscerlo per quello che è: un cretino che vola su un tappeto, che cerca di imitare Darth Vader strozzando la gente a distanza, e che sfoglia i libri con la forza del pensiero, anche se si trova a mezzo metro del tomo e potrebbe semplicemente darsi una leccatina alle dita prima di girare le pagine.

Anche la personalità del genio, in questo senso, è un autogol: se parli di geni, Jafar e Agrabah, io mi immagino un certo tipo di genio, tendenzialmente grosso e blu, ma soprattutto simpaticissimo. Il genio di Wonderland invece è una palla al cazzo che fa volare gli origami e si fa un sacco di menate perché una bella ragazza se lo vuole sposare anche se vive in un monolocale di 22 centimentri quadrati. Ma che te ne frega, stai zitto e fattela, no?!
L’unico elemento davvero divertente di Wonderland, del tutto non voluto dagli autori, è il modo ridicolo in cui la Regina di Cuori pronuncia il nome di Jafar: sembra quasi che lo stia prendendo per il culo e credo sia la prima volta, da che guardo le serie in inglese, che ho provato un po’ di nostalgia per il rinomato doppiaggio italiano.

Once Upon a Time in Wonderland - JafarInsomma, a ‘sto Wonderland manca il sugo. La storia per ora è banale, la messa in scena poco ispirata e in generale povera, la recitazione solo sufficiente (spesso neanche quello).
Noi siamo gente di mondo, e comprendiamo sia l’opportunità commerciale di creare uno spinoff di questo tipo, sia le potenzialità che potrebbe avere sul medio-lungo periodo, considerando la vastità del bacino narrativo da cui può pescare.

Al momento, però, ci sembra tutto parecchio superfluo.

 

Perché seguirla: solo se siete super fan del modo ABCesco di trattare il mondo delle fiabe
Perché mollarla: mancanze strutturali e difetti specifici rendono la visione ora noiosa, ora quasi ridicola.
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