31 Maggio 2013 4 commenti

Smash – Silenzioso addio a una bella serie di Diego Castelli

Proprio un peccato

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Smash finale (3)
EVIDENTEMENTE CI SONO SPOILER SUL FINALE (ANCHE SE IN REALTA’ MENO DI QUANTO POTRESTE PENSARE)

Smash ci ha lasciato. Hanno tentato di salvarla (più i fan con le petizioni che i produttori coi soldi), ma alla fine non ce l’ha fatta, schiacciata dal calo degli ascolti e dalle dinamiche conflittuali della produzione. E ci dispiace.

Se ricordate, l’anno scorso avevamo già avuto modo di parlare bene di Smash. Una serie nata come sorta di miscuglio tra un reality canterino e un documentario sul teatro, ma capace di attirare l’attenzione anche dei non amanti del musical (tipo me) con la forza dei suoi personaggi.
Ebbene, nonostane le buone speranze della prima stagione, che pure aveva già fatto segnare un calo preoccupante degli ascolti, questo secondo anno ha visto la serie crollare nelle preferenze degli spettatori, tanto che ormai la cancellazione era segnata da settimane. Settimane che almeno sono servite a scrivere un finale vero, con tanto di protagoniste che salutano definitivamente il pubblico.

Smash finale (4)Cominciamo col dire che questa stagione di Smash non aveva più al timone la sua creatrice, Theresa Rebeck, che è una che viene anche dal teatro e che sa di cosa parla quando racconta delle dinamiche interne a una produzione da palcoscenico.
La Rebeck ha lasciato la produzione dello show per una serie di motivi che possiamo ricondurre a un suo specifico tratto caratteriale: dev’essere una poderosa spina nel culo.

La buona Theresa voleva avere un controllo totale sullo sviluppo del telefilm, tanto da inimicarsi un po’ tutti all’interno della produzione, da Steven Spielberg all’ultimo dei fattorini. Di solito siamo abituati a guardare con simpatia agli autori che lottano per l’indipendenza del loro prodotto contro i produttori cattivi e avidi. Allo stesso tempo, però, basta leggere qualche intervista o resoconto del dietro le quinte per rendersi conto che dopo qualche mese la Rebeck stava sulle balle a tutti. E sei stai sulle balle a tutti, o sei un genio assoluto, o altrimenti ti cacciano.

Purtroppo l’addio della pur antipatica creatrice non sembra aver fatto benissimo al prodotto. E per quanto siano fastidiose certe sue interviste (ha parlato poco elegantemente di “disastro” per la seconda stagione), bisogna riconoscere che qualcosa quest’anno è mancata.
E a sorpresa questo qualcosa è proprio la costruzione dello spettacolo. Nella prima stagione Smash ci aveva coinvolto in un progetto teatrale preciso, di cui avevamo visto tutti i dettagli, dalla scrittura alla coreografia, passando per il reperimento dei fondi. E se è vero che le dinamiche extra-palco tra i personaggi finivano col prendere in qualche modo il sopravvento, allo stesso tempo quella componente di work in progress manteneva il suo bel fascino, tra guizzi creativi e performance canore che, piaccia o non piaccia il genere, spaccavano di brutto.
Quest’anno, dopo che il musical Bombshell aveva già calcato le scene di Boston, la magia del teatro nel suo farsi si è persa quasi subito, lasciando un buon drama-e-basta dove prima c’era un ottimo drama-in-musical.

Oddio, a dire così sembra quasi che in questa stagione abbiano smesso di cantare. No no, non solo non hanno smesso, ma hanno pure messo in piedi un altro spettacolo, in guerra col primo per i premi più prestigiosi.
Ma sta proprio qui l’errore: l’anno scorso eravamo tutti a bordo della barca di Bombshell, ed eravamo pronti a seguirne e condividerne le sorti, gustandoci con apprensione il duello tra Karen e Ivy per la parte di Marilyn.
Nella seconda stagione tale dinamica è stata spezzata in favore di una storia potenzialmente più ampia (che quindi andasse oltre il singolo musical), ma allo stesso tempo meno d’impatto. A noi interessava seguire la costruzione di Bombshell, e quando hanno cominciato a preoccuparsi meno di quello e più delle loro beghe e di musical “altri”, ecco che un po’ del pathos originale si è inevitabilmente perso.

Smash finale (2)Lo spostamento del fuoco su più fronti teatrali è poi fonte di altre idee poco convincenti: Karen che molla tutto per andare a fare il musical indipendente non regge, perché abbiamo condiviso il suo sogno di calcare i palcoscenici di Broadway e non ci stiamo a essere traditi proprio da lei. Stessa cosa per la morte di Kyle, che di sicuro sorprende, ma alla fine sembra più una scusa per versare qualche lacrima facile piuttosto che uno strumento di reale sviluppo narrativo. Come dire, non sai che fare? Ammazza qualcuno che funziona sempre. Devono aver chiesto consiglio a Shonda Rhimes, che appena glielo permettono fa strage di medici.

Insomma, si è persa un po’ di magia, ci avevano dato uno scopo aggregante e coinvolgente e poi ce l’hanno tolto lasciandoci una semplice soap con le canzoni.
Detto questo, la chiusura di Smash è comunque un peccato. Perché va bene che forse è calata, ma rimaneva uno show di grande fascino, capace di coprire gli schicchiolii della scrittura con la voce potente delle sue protagoniste. E sono proprio Karen e Ivy quelle che ci spiacerà non vedere più, perché quando salivano sul palco sapevano dannatamente bene quello che stavano facendo.
Con una preferenza finale per Ivy, che all’inizio sembrava La Stronza, e invece era quella più simpatica e più giusta per la parte. Quindi ben vengano anche i Tony Awards, sorta di ultima ammissione del fatto che Bombshell e Marilyn erano le cose che contavano di più, e magari bisognava evitare di parlare d’altro.
Sarebbe stato bello vedere nomination “vere” per le protagoniste della serie, ma gli hanno preferito quelle di Nashville, uno show che ha i suoi punti di forza ma che quando manda on stage le sue cantanti si trasforma in uno spettacolo di manichini radiocomandati. Vabbe’.

Che dobbiamo dire, peccato, ma guardiamo il lato positivo: era una serie difficile fin dall’inizio, forse più da cable che da generalista, ma abbiamo comunque avuto due buone stagioni con un vero finale. Non siamo sempre così fortunati.
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