The Fall – Gillian Anderson a caccia di serial killer di Marco Villa
Eh ma che bella ‘sta serie
È da un po’ che non facciamo recensioni entusiastiche di serie inglesi. Certo, una cosa come Utopia vale da sola gioia e gaudio per un’intera stagione, ma gli inglesi sono quelli (quasi) sempre mezza spanna sopra gli altri, non ci si può accontentare facilmente. E con The Fall non ci si accontenta, perché The Fall torna ad alzare l’asticella come solo gli inglesi sanno fare.
The Fall va in onda su BBC2 dal 13 maggio e racconta la storia di una complicata indagine su un serial killer. Dimenticatevi qualsiasi approccio americano alla cosa, sia esso stile The Following o stile Hannibal. The Fall è un’altra roba: c’è l’investigazione, ma c’è anche e soprattutto altro. C’è una sottotrama legata a storiacce di soldi e potere, c’è l’ambientazione a Belfast con tutto ciò che l’Irlanda del Nord porta con sé in termini di tensioni e contesto, ci sono storie personali dei personaggi che non sono mai stereotipate.
Protagonista è Gillian Anderson, che ritrova un ruolo di primo piano in una serie dopo la fine di X Files. Lei è la poliziotta supercazzuta che arriva da fuori per mettere ordine nei casini compiuti dalla polizia locale, nel corso delle indagini su un omicidio. È lei a capire che è in azione un serial killer, andando contro i suoi superiori, che farebbero volentieri a meno di un caso così complesso.
Ecco, il serial killer. The Fall ci fa vedere subito la sua faccia. Fin dall’inizio sappiamo chi è e tutta la serie si appoggerà sullo scorrere parallelo delle vite dell’investigatrice e dell’assassino, interpretato da Jamie Dornan (il cacciatore di quella cagata immonda che è Once Upon A Time). E qui iniziano le bombette di scrittura: niente è da stereotipo. La buona e il cattivo, infatti, sembra si siano scambiati le vite: la prima solitaria e quasi ai limiti della sociopatia, il secondo con moglie e figli e una rispettabilità sociale assoluta.
Questo continuo gioco di paralleli è una costante dei primi due episodi. È evidente che la scrittura di The Fall non vuole essere piatta o impersonale: a più riprese, anzi, la costruzione delle puntate si impone quasi sulla storia in quanto tale. La buona notizia è che lo fa sempre nei modi e nei toni giusti, senza mai apparire forzata o fuori luogo (si vedano tutti i rimandi interni presenti nella seconda puntata). Un discorso che può essere applicato anche alle fitte connessioni tra i personaggi, che non sono mai legati a un solo nucleo narrativo, ma fanno da collante tra i vari livelli di racconto. Nota a margine: finora quasi tutti ottimi gli interpreti, tra cui si riconosce Archie Panjabi, ovvero la Kalinda di The Good Wife.
The Fall (già rinnovato per una seconda stagione) ha tutte le carte in regola per crescere sempre di più nel corso dei suoi cinque episodi. Se il primo non vi convince, date comunque fiducia alla serie, perché la seconda puntata è potentissima.
Perché seguirlo: perché The Fall ha una scrittura fantastica e una complessità narrativa che dà tante soddisfazioni
Perché mollarlo: perché le storie e i livelli di racconto sono tanti e richiede un po’ di impegno. Ah no, scusate, questo è un altro motivo per vedere The Fall