Le 5 nuove serie che dovete vedere di La Redazione di Serial Minds
Tiriamo qualche somma, va…
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Cari amici, è tempo di bilanci. La stagione telefilmica non è ancora finita, e all’orizzonte c’è ancora qualche novità. Ma a sei mesi dall’inizio dell’annata 2012/2013 ci sembra giunto il momento di guardarci in faccia e dire “ok, questa sì, questa no, questa sì, questa no”. Abbiamo avuto il tempo di vedere qualche episodio in più, e di lasciar sedimentare analisi e argomentazioni, e siamo giunti a una stretta classifica di prodotti imperdibili.
Che non vuol dire che non c’è alcuna altra novità che valga la pena di seguire, fosse anche solo a tempo perso (dagli Arrow ai Mindy Project, passando per i The Americans). Né significa che queste cinque serie sono tutte capolavori assoluti.
Ma un vero serialminder questi cinque telefilm li deve guardare, e vi spieghiamo anche perché.
NB: notate come nella cinquina ci sia un solo prodotto partito in autunno. D’altronde l’avevamo detto che l’inizio della stagione era stato desolante…
PS: Domani parliamo delle cinque peggiori delusioni, non mancate.
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HOUSE OF CARDS
Se siete gente appassionata di televisione in senso nerd, House of Cards vi deve interessare perché è la prima serie prodotta da Netflix e messa online tutta insieme. Tredici puntate pubblicate in contemporanea, per rivoluzionare il concetto stesso di serialità e mandare un segnale preciso ai network televisivi. Perché House of Cards ha Kevin Spacey come protagonista e David Fincher come regista dei primi due episodi. E qui arriva il motivo per cui House of Cards vi deve interessare se siete appassionati di serie. Perché stiamo parlando di un prodotto che ha una qualità di scrittura impressionante. House of Cards parla di politica e di intrighi a Washington e lo fa con il passo e lo stile del thriller. Ogni mossa del personaggio di Kevin Spacey è guidata dallo spirito di vendetta e dal più classico dei machiavellismi estremi. Aggiungeteci incroci con la stampa, figure torbidissime tra sessuomania e tossicodipendenza e personaggi spietati, senza alcun pensiero se non il proprio tornaconto personale. Una serie cattivissima che non vi permetterà di stare indietro. (Marco Villa)
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UTOPIA
Utopia è la serie inattesa che ti arriva sulla testa e tu non vuoi scansarti. Parla di cospirazioni e compagnie farmaceutiche pronte a tutto per il profitto. Non una cosa nuova, vero, ma raccontata con uno stile narrativo e visivo originali e potentissimi. Basta la prima sequenza per restare incastrati: fotografia eccezionale e una mancanza assoluta di pietà e rispetto nei confronti dei personaggi, con l’infrazione sistematica di un tabù come l’uccisione dei bambini. E poi non è da poco una serie di questo tipo, che lascia aperte strade enormi per la seconda stagione, ma che si chiude, dopo sei puntate, portando a compimento le storyline principali. Non manca il tormentone con cui strizzare l’occhio a chi ha già visto e con cui rompere le palle a chi è rimasto indietro, ovvero quel “Where is Jessica Hyde?” che accompagna in modo martellante la prima puntata. Ah, Utopia è una serie inglese e mai come quest’anno gli amici britannici hanno dimostrato di essere stra-sul-pezzo. Poco da fare, hanno uno stile e un tocco unici. Si parlava di french touch per l’elettronica degli Air. Ecco, questo è l’english touch. Inchiniamoci. (Marco Villa)
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BANSHEE
Già decise le altre quattro serie, qui sono rimasto un po’ in dubbio, desideroso di segnalare Monday Mornings. La serie medical di David E. Kelley mi convince ogni episodio di più, ma alla fine, d’accordo col mio socio, abbiamo deciso di andare giù dritti, di pancia, tirando fuori una virilità generalmente nascosta sotto la nostra golosa ciccetta. Banshee è una specie di Isola che non c’è per adulti. Come nella casa di Peter Pan, a Banshee c’è tutto: i criminali, gli sceriffi, gli ex-pugili baristi, le belle donne, i pellerossa, gli amish, le figlie porche degli amish. Mancano solo Spugna e il coccodrillo. E questa violenza insistita, questi albini giganteschi ammazzati a colpi di bilanciere, queste passioni devastanti che trovano sfogo solo nel sesso e nelle botte, oh, ci piacciono. Anche se nella vita siamo persone gentili, giuro. L’unico difetto rimane la faccia del protagonista, che sembra sempre un idiota. Ma quando si mette a menare, si fa perdonare tutto. (Diego Castelli)
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THE NEIGHBORS
L’unica serie dell’autunno, nonché l’unica comedy. Quasi tutte le nuove sitcom sono rimaste in un limbo di pigra ordinarietà, tranne forse The New Normal. Ma lo show di Ryan Murphy sarebbe una scelta troppo ovvia, troppo politically correct nel suo essere politically incorrect. Ecco perché preferiamo segnalare The Neighbors, che non insegue la via un po’ facile della stretta attualità – niente coppie gay che ingaggiano madri surrogato facendo un’analisi sociale meritevole, ma un po’ scontata – ma che sceglie invece di partire per la tangente e parlare di extraterrestri socialmente inadeguati e non troppo belli da vedere. E’ buonista, The Neighbors, c’è più zucchero e meno provocazione, ma ci ha conquistato con la forza della sua creatività, con l’amore per il citazionismo seriale, con la presenza di personaggi perfettamente cesellati nella loro stranezza e simpatia. E nemmeno si può dire che sia una serie tanto superficiale, perché da sempre l’incontro con l’alieno (in senso letterale ma soprattutto metaforico) ci permette di riflettere prima di tutto su noi stessi, sulle nostre abitudini, su quello che consideriamo “giusto “ e “normale”, e che magari non lo è. (Diego Castelli)
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THE FOLLOWING
Il serie di Kevin Williamson è probabilmente lo show più chiacchierato della stagione. Basta questa semplice considerazione per suggerirne la visione, perché quando una serie riesce a dividere in maniera così netta tra un folto popolo di entusiasti e un altrettanto nutrito gruppo di detrattori, be’, bisogna guardarla anche solo per capire da che parte si sta, per non farsi trovare impreparati nelle discussioni tra amici in cui tu vieni indicato come “l’esperto di telefilm”, e poi rischi di cadere su quella più ovvia. Più semplicemente, The Following va visto (almeno la prima stagione, diciamo) perché come al solito Williamson non si è limitato a fare il compitino, ci ha messo del suo, ha provato a forzare i limiti del formato, del genere e della rete in cui è inserito, per creare qualcosa di nuovo. Appassionando, zoppicando, entusiasmando e facendo incazzare, ma senza mai essere “indifferente”. Quindi tiriamo fino alla fine e poi bastoniamoci come hoolingans a cui hanno tolto la birra. (Diego Castelli)