Derek – Ricky Gervais ci prende tutti per il culo di Marco Villa
Una serie a cui non riesco a credere
Derek è una serie inglese in onda dal 12 aprile su Channel 4. È la nuova serie di Ricky Gervais. E Ricky Gervais è una grandissimo figlio di troia. Ricky Gervais, per chi non lo conoscesse, è il creatore e interprete del The Office originale, quello inglese, e l’autore di Life’s too short, quello con il nano. Il suo obiettivo dichiarato è quello di mettere in scena personaggi talmente inadeguati e inetti da creare fortissimo imbarazzo nello spettatore. Ma un imbarazzo quasi insopportabile, che fa distogliere lo sguardo. I personaggi delle serie di Gervais sono delle nullità convinte di essere divinità. Dalla sproporzione tra convinzioni e realtà nasce l’imbarazzo e nascono una serie di comportamenti allucinanti. Il pippone introduttivo era d’obbligo, ma non spiega il perché di quel figlio di troia. Se finora il bersaglio della cattiveria di Gervais erano i propri personaggi, con Derek il bersaglio diventano gli spettatori. Diventate voi, divento io.
Derek è ambientata in una casa di riposo inglese. I protagonisti sono quattro e solo uno di loro non è problematico. Trattasi di Hannah, responsabile della casa di riposo, costretta a confrontarsi non solo con i problemi di gestione, ma anche con i colleghi. Il primo è Derek, interpetato dallo stesso Gervais, una sorta di autistico non diagnosticato, buonissimo e ultradisponibile, ma con smorfia e atteggiamenti inquietanti. Segue Dougie, tuttofare del tutto inadatto e con problemi di autostima che ciao. Ultimo del quartetto è Kev, sessuomane che nella casa di riposo non lavora, né risiede, ma sta lì perché non ha un posto dove andare o qualcosa da fare.
L’imbarazzo di cui ho scritto in precedenza è presente solo nella figura di Dougie, che starebbe benissimo all’interno di The Office. Gli altri no e il motivo l’ho già detto: i personaggi sono funzionali alla presa per il culo dello spettatore. Rispetto alle altre serie di Gervais, Derek non si presenta come dichiaratamente comica. I vecchietti della casa di riposo non sono dei bavosi che dicono parolacce, al limite della sopportazione umana. Sono dei simpatici vecchiettini molto gentili, che chiacchierano e si divertono. Nei momenti di massima tenerezza, giocano con dei cuccioli di cane e gatto, che sono ovviamente dolcissimi a loro volta. In sottofondo, un pianoforte stracommovente firmato da Ludovico Einaudi. Ecco, è in questo esatto momento della prima puntata, in questa scena, che si percepisce la volontà di prendere per il culo lo spettatore. In quei momenti, infatti, ci si lascia fregare da tutte le forze della Tenderness United che Gervais mette in campo e ci si dimentica che un secondo prima il sessuomane Kev ha detto di tutto a due povere passanti e si ignora che due secondi dopo sarà Derek a fare involontariamente qualcosa in netto contrasto con quell’atmosfera.
Questo meccanismo si ripete anche nella seconda puntata, che si chiude con una serie di immagini dei vecchietti da giovani, nel pieno delle loro forze. Immagini ad alto potenziale emotivo a cui però io non riesco a credere. E da qui la sensazione di presa per il culo e la definizione di figlio di troia di Gervais. A un livello di lettura base, Derek è una serie commovente e tenerona su un posto pieno di gente che si vuole bene e con qualche personaggio strambo. Questo livello di lettura, però, non è il mio, nel senso che non riesco a convincermi che Derek sia questo. Derek per me è un grande esperimento metanarrativo messo in atto da Gervais. E in quanto esperimento, risulta parecchio interessante, per quanto snervante da seguire. O almeno per me, magari per voi fila tutto liscio e va la godete in grande tranquillità. Io non ci riesco, anche perché mi sento la cavia di questo esperimento e la cosa mi dà fastidio. Non riesco a crederci e mi sento preso per il culo. Ovviamente le sei puntate della prima stagione le finirò comunque, perché è evidente che se leggo questa serie in questo modo e ho le reazioni di cui sto parlando, Derek ha raggiunto il suo obiettivo e funziona alla grande. E quindi Gervais è un grandissimo figlio di troia. Chiaro, adesso, il motivo?
Perché seguirlo: perché vi abbandonate completamente al racconto o perché non riuscite proprio a lasciarvi andare come me
Perché mollarlo: perché questa stranezza innata lascia sempre un filo di inquietudine di fondo.