15 Gennaio 2013 1 commenti

Banshee – Questo sì che è un pilot di Marco Villa

Un bel pilot per iniziare bene il 2013 seriale americano

Copertina, Pilot

Banshee sarebbe potuta essere una serie con livelli di tamarraggine rara. Sarebbe potuta essere la versione anni dieci di Walker Texas Ranger, con tutto il rispetto per Chuck Norris, che con le sue gesta assicura ogni mese lo stipendio al mio socio. Banshee, invece, non è tamarra e non è una cagata epocale. Banshee è per ora un gran pilot, con ottime possibilità di diventare una gran serie.

In onda su Cinemax, canale della famiglia HBO, Bansheeè stata creata da Jonathan Tropper e David Schickler e ha tra gli executive producer Alan Ball, ovvero Mr. Six Feet Under e Mr. True Blood. Banshee racconta la storia di un ladro di alto livello che esce dal carcere dopo 15 anni. Varcato il portone, decide di riprendersi quello che aveva abbandonato, ovvero una donna e una manciata di diamanti, parte dell’ultimo bottino, quello che gli è costato la prigione.

Ovviamente non riuscirà ad ottenere né la donna, né i diamanti, ma per cercarli si spinge fino a Banshee, cittadina della Pennsylvania. Mentre è lì succedono un po’ di cose che non sto a raccontarvi per lasciarvi un po’ di gusto nella visione del pilot. Sta di fatto che il nostro protagonista prende il posto di quello che sarebbe dovuto diventare il nuovo sceriffo della città, assumendone l’identità e diventando così Lucas Hood. Quello che a inizio puntata era un ex carcerato, alla fine del primo episodio è un tutore della legge, per quanto questo ruolo sia stato guadagnato con l’inganno e la sostituzione di persona.

La faccenda di base è questa e – come tutte le storie in cui ci sono dei poliziotti – si presta benissimo a ospitare casi di puntata e un andamento verticale. Difficilmente, però, sarà così. Gli elementi in gioco in Banshee, infatti, sono tantissimi: la donna di cui sopra, i cattivoni che rivogliono i diamanti rubati mille anni prima, il poliziotto sospettoso che non si fida dello sceriffo Hood, il cattivissimo della città e poi i due jolly: la comunità amish e la tribù di indiani che vivono nella zona e assicurano una buona dose di varietà di stili di vita.

Se gli interpreti non sembrano brillare per grande capacità, attestandosi su un livello medio, senza picchi e con una inquietante monoespressività diffusa, diverso è il discorso sui personaggi, alcuni dei quali molto affascinanti, per quanto piuttosto lineari nella presentazione. Mi riferisco in particolare a Kai Proctor, il cattivo di Banshee, con la coscienza e il passato piuttosto tormentati.

A essere tutt’altro che medie sono invece regia e fotografia. Spesso dico che le serie inglesi si riconoscono all’istante per cura e messa in scena. Ecco, Banshee non ha nulla da invidiare alle serie inglesi. Sono sufficienti le prime sequenze, con una scena d’azione in mezzo al traffico ripresa con camera a spalla a un passo dagli attori o il pianosequenza che introduce il personaggio della ex fidanzata nella sua nuova casa. Applausi quindi al regista del pilot Greg Yaitanes, uno che, tra le altre cose, ha diretto trenta puntate di House. Si aggiunga un certo stile pulp durante una scena di massacro in un bar, con morti violente e coreografiche e si completa il quadro. L’autunno ci ha lasciato un’eredità di nuove serie mediocri, quando non brutte. L’inverno inizia molto meglio. Per fortuna

Perché seguirlo: perché Banshee ha tutte le carte in regola per essere una serie importante, di quelle che crescono e non ti mollano

Perché mollarlo: perché voi in fondo è da anni che cercate il nuovo Walker Texas Ranger

 

 



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