The Mindy Project – la figlia segreta di Bridget Jones di Vale Marla Morganti
La comedy romantica dell’autrice di The Office
Fiocco rosa in casa FOX, nasce una nuova rom-com targata The Office. La felice neomamma è Mindy Kaling, protagonista, sceneggiatrice, ideatrice, produttrice esecutiva della serie, già prima donna a entrare nel cast creativo di The Office a soli 24 anni. L’ultimo rinnovo di contratto comprende una clausola che le dà praticamente carta bianca per scrivere una nuova serie. Mindy che è ben sveglia e aveva già impressionato ai tempi dell’università entrando nel cuore dell’opinione pubblica aggiudicandosi un posto nella Top Ten del Times come “Theatrical events of the Year” , per uno spettacolo teatrale basato sulla vita di Matt Damon e Ben Affleck (Matt & Ben) non si fa sfuggire l’occasione di creare la prima serie scritta e starring una donna indoamericana, che porta il suo nome (anche se in origine il titolo era It’s Messy, cambiato poi da FOX) e ispirato dalla figura della madre biologica, ostetrica/ginecologa.
La piccola si chiama infatti proprio come la sua mamma televisiva Mindy che vediamo sullo schermo, crescere paffutella, sorridente, occhialuta e sempre seduta sul divano a divorare popcorn e commedie romantiche. La piccola Mindy Lahiri impara prima a citare sdolcinatissime frasi di film che a fare frasi di senso compiuto del tipo “mamma pappa”, doppiando Notting Hill come nemmeno Pannofino. Dopo la laurea in medicina pensi che sia cambiata, che l’università almeno l’abbia portata a uscire e viversi una vita, al di fuori dello schermo. Ma no, la trovi davanti a un paziente mentre guarda i suoi colleghi attraverso i finestroni dell’ospedale e non riesce a far altro che a pensare a qualche sottotrama romantica.
E come nella miglior commedia romantica la sua storia inizia con lei che viene lasciata da un collega, che dopo pochi mesi si sposa con una bella bionda, con Mindy che fa scenate etiliche al di lui matrimonio impacchettata in un vestitino di paillettes blu, e finisce in una piscina dove una Barbie che giace sul fondo la fa tornare in sé e le dice “rimettiti sulla bici e pedala”. Da qui diventa più una docufiction su cosa non fare se vuoi mantenere un minimo di credibilità, il problema è che lei non lo fa e si instaura quindi la dualità pseudocomica tra quello che dovrebbe fare e quello che, trascinata da un mood molto tardoadolescenziale, fa.
Mindy lavora divisa tra un ambulatorio e un ospedale circondata da colleghi che la rispettano poco e da subordinati che prova a rispettare poco, cerca di essere incorruttibile ma alla fine non riesce proprio a non far partorire donne di etnia non bianca senza assicurazione privata, continua a guardare e citare commedie romantiche, a sentirsi come Sandra Bullock, a sognare il principe azzurro ma questa volta ha un progetto, il famoso Mindy’s Project del titolo: rimettersi in piedi, non dire sempre di si, non portarsi a casa uomini per una sera, trovare un uomo “ricco come il sindaco Bloomberg. Con la personalità di Jon Stewart. Il viso di Michael Fassbender. E – perché no – il penis di Michael Fassbender”. Bella golosa e determinata la ragazza, indecisa tra la realizzazione professionale e quella targata “il progetto della velina”, trovarsi un riccone piacente che le permetta di vivere bene, sistemare la sua vita e avere sei figli. E io mi chiedo, ma che ti sei fatta debiti e anni di studio per fare la scuola di medicina quando potevi entrare a Jersey Shore e farti notare da qualcuno.
Non è l’ennesimo medical drama, come potevano essere ER o Grey’s anatomy, non è neppure un medical comedy come porteva essere Scrubs. Che dire quindi? Io considero The Mindy Project una serie che si posiziona in quel limbo che chiamo le serie da pausa pranzo: abbastanza brevi da non essere invadenti, leggerine, colorate, senza troppe pretese, che ti permettono di girare la frittata senza perdere troppo il filo, ma capaci di strapparti un sorriso ogni tanto e farti dire sogghignare perchè quello che vedi sullo schermo è capitato a te, a una tua amica, o a quella che era di fianco a te dal parrucchiere. Come comedy non è brillantissima ma non è neppure di quelle da buttare nella spazzatura senza arrivare nemmeno alla fine del primo episodio. I personaggi sono definiti in modo discreto sin dall’inizio e hanno la possibilità di crescere, se scrittura e attori reggeranno. Ho criticato aspramente tante serie dal pilot, vedi New Girl, Apartment 23, Suburgatory, serie che poi, puntando molto sulle singolarità dei personaggi, sono cresciute in modo molto molto interessante.
Solo per Serial Minds sono arrivata sino, ebbene sì, alla terza puntata, per non fermarmi al pilot e al mio pensiero “è la solita cazzata pseudo comica con sottotrame romantiche e aperture fintamente acute, totalmente ispirato a Bridget Jones (entità che io detesto dal 2001)”. Devo ammettere che tappandosi un po’ il naso e non aspettandosi la comedy della vita può appunto riempire le pause pranzo senza troppre pretese. Insomma, per tirare i fili del fiocco e del discorso The Mindy Project è un po’ come quel sesto figlio tanto atteso dai genitori ma del quale amici e parenti avrebbero fatto anche a meno. E’ carino, fa un po’ di facce divertenti, ma alla fine non ha gli occhioni azzuri di Jess-Zooey Deschanel, non è acuto come Abed-Danny Pudi, non è stronza come Chloe-Krysten Ritter, e soprattutto ce ne sono già altri. E’ un po’ il nipotino che “ti passo a trovare quando posso”, io ora come ora, cara Mindy, sono un po’ impegnata…magari qualcun altro trova tempo.
ps. se qualcuno diventa superfan della neomamma si dice in giro che sia una supertwittatrice, con più di 1,9 milioni di followers, e tantissimi e divertentissimi tweet al minuto
Perchè seguirlo: se guardando Bridget Jones e Ugly Betty avete passato il tempo a dire anch’iooo, ma fa come me, come la capisco, oddio è successo anche a me
Perché lasciarlo: perché siete cultori della comedy pura, non vi interessano i drammi sentimentali di una ginecologa goffa, non fate pausa pranzo.