25 Ottobre 2012 1 commenti

American Horror Story – Asylum di Diego Castelli

Tornano gli incubi di Ryan Murphy

Copertina, On Air

L’autunno 2012 è ormai nel vivo, sono iniziate quasi tutte le novità, e sono ripartite buona parte delle returning. Tra quelle che ancora mancavano all’appello (Community, dove sei?!?!?) c’era American Horror Story, l’acclamato show di Ryan Murphy capace di riportare in auge l’horror seriale americano (dico americano, perché gli inglesi non hanno mai smesso di produrre paura).

C’era particolare attesa per la seconda stagione di AHS, anche per il suo formato particolare: di fatto non è propriamente una “seconda stagione” – ecco dunque l’aggiunta di “Asylum” nel titolo – perché American Horror è più una miniserie: ogni anno storie e ambientazioni completamente nuove.

A ritornare dunque non sono la trama e i personaggi, visto che dalla casa infestata siamo passati al manicomio paranormale, quanto lo stile riconoscibilissimo fatto di sperimentazioni visive, flashback incrociati e un’atmosfera plumbea da catastrofe imminente. Più che lavorare sul puro splatter, ancora una volta si insiste sulle turbe psichiche e psicologiche di personalità crude e malate, piene di ossessioni, incubi e desideri pulsanti.

Se possibile, Asylum alza ancora il tiro. A parte l’inizio da teen horror, col cantante dei Maroon 5 che gira per il manicomio abbandonato con la chiara intenzione di farsi massacrare, l’inizio dei flashback apre le porte su un mondo che è ancora più oscuro e disturbante di quello visto nella prima stagione. Perché in fondo l’anno scorso c’erano fantasmi e spiriti inquieti, ma i protagonisti erano i membri di una famiglia semi-normale che cercava la serenità perduta in una casa per la quale farei subito il rogito. Come dire che fin da subito si percepiva la vaga possibilità di un lieto fine, che alla fine arriva pure, anche se in modi non proprio prevedibili.
Asylum, al contrario, dipinge un’ambientazione che lascia pochissimo spazio a qualunque speranza. La semplice parola “manicomio criminale” evoca scenari di morte e devianza, che regia e montaggio si guardano bene dal confutare. Al contrario, tutti i personaggi sembrano segnati da ferite insanabili, che siano malattie mentali, ambizioni senza regole morali, o ancora una fede religiosa che sfocia nel fanatismo. A quest’ultimo proposito, Asylum è dichiaramente blasfemo, con una suora attempata che sogna di togliersi l’abito rivelando bianchieria maliziosa, e un’altra che dopo aver commesso un errore spinge affinché il suo senso di colpa possa essere strappato via a frustate sulle chiappe. Io e il Villa gioiamo di tutto questo, perché su di noi la dissacrazione del cristianesimo ha un effetto puramente endorfinico. Che volete farci, siamo ragazzi così, semplici e di poche pretese.

A parte lo stile, riconoscibile già dalla sigla (diversa nelle immagini ma non nell’anima), a riallacciare i rapporti con la stagione scorsa ci sono anche diversi attori, che prima erano “non protagonisti” e che ora sembrano essere stati promossi. Su tutti c’è Jessica Lange, ancora una volta perfetta nella parte della suora dura e cinica, ambiziosa e segretamente lussuriosa. Ma poi c’è anche Evan Peters, che evidentemente non può fare altro che il serial killer (vero o presunto) e tornerà anche Zachary Quinto. Tra le aggiunte del nuovo anno il nome che spicca è quello di Joseph Fiennes, che cerca di risollevarsi dopo i flop a rullo di Flash Forward e Camelot. Stavolta è entrato in una produzione già affermata, speriamo non rovini tutto con la sua fama di menarogna.

C’è poco altro da dire, anche per non spoilerare troppo (ci sarebbero novità anche nelle scelte specificamnte paranormal-horror-fantascientiche): se avete amato il primo American Horror Story, Asylum dovrebbe cogliere fin da subito il vostro interesse, perché questo pilot è ugualmente forte e disturbante. Anzi, vi dirò di più: personalmente trovo il “manicomio” più interessante della “casa stregata”, quindi è tutto grasso (anzi sangue) che cola.

Chiudo con una nota (e qui un po’ di spoiler cè): il momento più potente del pilot non riguarda scene d’orrore o di sangue. Riguarda un’insegnante lesbica pronta a firmare per consegnare al terribile ospedale l’amata (?) compagna, pur di impedire che la sua “perversione” diventi di dominio pubblico. La forza di un prodotto come questo è anche qui: sparare a mille sull’horror più inquietante, e poi colpire davvero lo stomaco con la meschinità e l’egoismo dell’essere umano, che di soprannaturale hanno ben poco.
;
:
:



CORRELATI