True Blood 5 – Finale di stagione di Diego Castelli
Sangue e morte. E resurrezione
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ATTENZIONE: NON LEGGETE SE NON AVETE VISTO IL FINALE DELLA QUINTA STAGIONE DI TRUE BLOOD
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Per noi che vediamo le serie americane dove ci va e quando ci va, senza pensare più di tanto alla loro collocazione in un reale palinsesto televisivo, fa sorridere pensare a certe associazioni.
Domenica sera, subito dopo le ultime, appassionanti scene di The Newsroom, sullo stesso canale andava in onda un altro finale di stagione, dove invece di giornalisti mossi da alti ideali c’erano mostri guidati dai più bassi istinti. E il bello è che ha funzionato lo stesso!
La quinta stagione di True Blood è stata superiore alla quarta. Quella specie di vecchia strega che aveva monopolizzato l’attenzione la scorsa estate non mi aveva mai convinto fino in fondo, e malgrado la consueta piacevolezza di una serie piena di invenzioni e di tamarrate galattiche, aveva lasciato un po’ di amaro in bocca.
Quest’anno invece, la carne al fuoco era maggiore, e di più alta qualità: l’Autorità ha portato nuovi personaggi e nuove trame, le storie parallele dei lupi mannari e dei fantasmi iracheni sono state un piacevole diversivo, e tutta la questione delle fate è persino riuscita a riaccendere un po’ di interesse sulla storia personale di Sookie, che per altri versi ha onestamente rotto i coglioni. Ciliegina sulla torta, i ritorni di due figure molto amate (o meglio odiate) come quelle del Reverendo Newlin e soprattutto di Russell Edgington.
Ed è proprio da qui che parte un finale potenzialmente controverso, ma pieno di sorprese. La prima morte è proprio di Russell, ucciso da Eric nei primissimi minuti. Da una parte mi spiace perdere il buon Edgington, perché era uno di quelli che tengono in piedi le scene da soli. Allo stesso tempo, non posso negare che sia stato un colpo inaspettato e abbastanza godurioso. Ma non è stato il solo decesso di questo ultimo episodio, visto che in pratica l’Autorità è stata azzerata (addio con elogio anche alla nostra Valentina Cervi alias Salome), e sul finale abbiamo pensato di perdere pure Bill, diventato in realtà la nuova Lilith, ossia un vampiro semi-divino interamente coperto di sangue (poi Lilith aveva anche una depilazione di dubbio gusto, non so Bill come sta messo su quel fronte).
Parlavamo di episodio potenzialmente controverso. Sì perché questa puntata è stata l’apice di un processo che la serie porta avanti ormai da tempo e che l’ha trasformata profondamente, facendola passare da una sorta di Twilight per persone intelligenti (quindi con molta attenzione al romanticismo, al ruolo del vampiro nella società ecc, ma senza vampiri che luccicano), a circo di sangue volutamente esageratissimo (e spesso esplicitamente comico-grottesco).
E’ stata un’evoluzione abbastanza graduale ma non per questo indolore, visto che a molti fan della prima ora è capitato di sentirsi un po’ traditi dalla loro serie vampiresca preferita.
Per quanto mi riguarda, il saldo dopo questa stagione è positivo: nel mio piccolo, non chiedo a True Blood grandi verità sulla vita e sulla psicologia umana, ho già Breaking Bad e Sons of Anarchy per quello. Seguo invece True Blood come un calderone di grande creatività, di gusto dell’eccesso, di volontà di provocare, che possono avere senso di per sé, nel tentativo di fornire sempre qualcosa di nuovo e di porsi come limite oltre il quale c’è una nebbia telefilmica ancora da esplorare.
E’ una strategia indubbiamente rischiosa, giocata in una zona oscura in cui il confine tra colpo di genio e cagata pazzesca è molto sfumato. Ecco allora che il parto della fata, multiplo e orgasmico con spettatori affascinati al seguito, può essere una botta di comicità riuscitissima o un momento del tutto privo di senso, a seconda dei gusti. Stesso discorso per la fata anziana apparentemente sotto acidi del penultimo episodio. Per dire, a me la puerpera magica ha divertito molto, mentre la fata di blu vestita era parsa solo irritante.
Insomma, è un True Blood concepito per stupire e dividere, oggi ancora di più rispetto all’inizio. Ma la solidità dei vari fili narrativi, unita a una più alta qualità delle idee (strutturali o estemporanee che fossero, dalla trasformazione in villain di Compton alla vampirizzazione di lesbo-Tara), mi fa dire che questa stagione mi ha soddisfatto molto più della precedente. Anche grazie agli avvertimenti in mondovisione di Luna e a quello spaventato e intenso “Run!!!” finale di Eric, che lasciano spazio a un nuovo allargamento del problema-Lilith.
Anche se ora è un problema-Bill, e saranno cazzi per tutti.
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