Falling Skies – Una serie sottovalutata di Diego Castelli
Seconda stagione migliore della prima
Dopo averla citata qui e là nei serial moments, tocca scrivere qualcosa di definitivo sulla seconda stagione di Falling Skies.
Rileggendo quello che avevo scritto sul finale della prima, un anno fa, mi rendo conto che il discorso da fare è simile, serve giusto un aggiornamento, perciò non mi dilungherò come feci allora (è probabile che all’epoca il Villa mi abbia insultato a lungo per questo fatto, ma non ricordo bene perché tendo a rimuovere le esperienze traumatiche).
Con la seconda stagione, Falling Skies ha confermato di essere una serie molto sottovalutata. Oh, non ho detto “capolavoro”, o detto “molto sottovalutata”. Meglio specificarlo, ché vi conosco…
Se ricordate, l’anno scorso si diceva che lo show di TNT aveva fatto qualche errore promozionale, vendendosi come chissà quale rivoluzione salvo poi rivelarsi un prodotto relativamente semplice, con gli umani costretti a sopravvivere alla brutalità extraterrestre, tra retorica indipendentista americana, sparatorie/inseguimenti, e dinamiche familiari stressate dall’invasione. Una serie molto lineare, dunque, anche piuttosto solida, ma che aveva deluso chi voleva qualcosa di più originale e profondo.
Ebbene, la seconda stagione di Falling Skies è stata nettamente superiore alla prima. Il livello dell’intreccio è salito notevolmente, specialmente per quanto riguarda la lotta agli invasori: tra la scoperta degli skitters ribelli, il ruolo misterioso dei “testa di pesce”, il coinvolgimento sempre più intenso (ed emotivamente carico) dei ragazzi impiantati (Ben da una parte e Karen-la-stronza dall’altra), la storia è diventata molto più interessante, elevandosi al di sopra del banale “scappiamo, spariamo, riposiamoci, scappiamo ancora” che sembrava caratterizzare la prima stagione.
Anche sul fronte delle dinamiche relazionali abbiamo visto corposi sviluppi, pur rimanendo in un solco di maggiore prevedibilità, arrivando però a un doppio finale che ha introdotto nuovi personaggi e nuovi temi (ne parleremo tra poco).
Ultimo, ma non meno importante, c’è stato un notevole scarto visivo. Niente effetti speciali potenziati, gli alieni sembrano ancora fatti con Paint. Però a salire è stato il livello della violenza e dello splatter, che detto così può sembrare un semplice dettaglio buono per i ragazzini, ma che in realtà è riuscito ad aumentare il pathos in diverse situazioni – penso soprattutto all’impressionante morte di Jamil, difficile da dimenticare.
Arriviamo poi alla scoperta di Charleston e al doppio finale, che ha vissuto di luci e ombre. Buona se non ottima la prima parte, con molti nuovi personaggi (su tutti Arthur Manchester, interpretato dal lostiano Terry O’Quinn) e un importante approfondimento delle motivazioni dei protagonisti e del loro ruolo all’interno del nuovo mondo. Una tematica insieme politica e filosofica, presente fin dall’inizio della serie ma mai determinante come ora, quando la II Mass entra in contatto con superstiti che hanno vissuto un’esperienza diversa dalla loro.
Situazione un po’ diversa per l’episodio finale, purtroppo meno convincente. Troppo appiattito, ancora una volta, su una componente action che l’ha reso più immediato ma anche più banale. Immagino infine che l’ultima scena scatenerà dibattito: da una parte la comparsa di questo tamarrissimo alieno simil-Iron Man suscita curiosità, dall’altra è sembrato un espediente un po’ semplicistico per creare nuova tensione: abbiamo ucciso uno dei capi più importanti degli alieni? Bene, facciamo arrivare un altro tizio misterioso e ipertecnologico, e poi decideremo cosa fargli fare.
Diciamo che non è il cliffhanger più roboante della storia dei telefilm, ecco.
Non sarebbero gli unici difetti di quest’anno, ovviamente. Mi ha fatto veramente ridere il modo con cui la figlia di Weaver andava e veniva come se niente fosse (ma si sa, gli adolescenti sono strani). Allo stesso modo, i continui rivolgimenti politico-militari di Charleston avrebbero avuto bisogno di maggiore spazio per non sembrare inevitabilmente frettolosi. Ma guardando al quadro complessivo, Falling Skies ha saputo aggiungere parecchia carne al fuoco, tenendo comunque saldi i fili della narrazione e appassionando con un crescente mix di sorprese, azione e decessi (perché in prodotti come questo è anche importante che la gente muoia).
Soprattutto, questa seconda stagione ha gestito bene una graduale e importantissima trasformazione: Mason, Weaver e la II Mass sono passati da animali braccati desiderosi di rifugio – fino al terz’ultimo episodio Charleston era una Terra Promessa dove stabilirsi e dimenticare gli alieni – a combattenti per la libertà, pronti ad abbandonare volontariamente i confortevoli buchi sotterranei per uscire alla luce e lottare per ciò che è giusto.
Sarà troppo retorico, sarà troppo americano, ma come fai a non fare il tifo per loro?
Alla fine ho scritto un bel po’ lo stesso. Adesso il Villa mi strappa le palpebre…
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