Line of Duty – Nuova bombetta crime dall’Inghilterra di Marco Villa
Gli inglesi tornano a fare gli inglesi, per fortuna
Oh, finalmente si ritorna a ragionare. Finalmente si torna a parlare di una serie inglese di quelle belle per davvero. Ma per davvero. Perché quest’anno, a scorrere i titoli trattati nella categoria Brit, rispetto all’alluvione di botte di qualità dello scorso anno, c’è stato più di un passaggio a vuoto, soprattutto negli ultimi telefilm trattati.
Con Line of Duty si torna a livelli alti, ai livelli di Inside Men, per intenderci, la serie incentrata su una gigantesca rapina. Qui siamo sempre dalle parti del crimine, ma in un’ambientazione più classica, come quella della centrale di polizia. Due blocchi contrapposti: da una parte i poliziotti migliori della centrale, guidati da un ispettore capo carismatico e dall’avvenire assicurato, dall’altra la sezione anti-corruzione, che non indaga sui crimini finanziari ma sui possibili episodi di corruzione all’interno della polizia. Quelli che nei film americani sono chiamati affari interni, insomma.
Una contrapposizione che di suo è già forte: i poliziotti “veri” non sono certo immacolati, ma intanto fanno rispettare la legge. Chi sono, invece, quelli “finti” degli affari interni per andare a far loro le pulci? Uno schema visto e stravisto, ma che poche volte è stato affrontato anche dal punto di vista di quelli che, di solito, vengono mostrati come viscidi e stronzi (su questa strada ci aveva provato Against the wall, che, a posteriori, avevo recensito fin troppo bene).
Ad ogni modo, non è questo il caso, visto che la parte del bad guy la fa il suddetto ispettore capo. Protagonisti positivi sono infatti un poliziotto declassato dall’antiterrorismo per non aver coperto un errore commesso dai suoi colleghi e una giovane (e notevole) agente che con lui finirà per intrecciare uno storione romanticone che ciao.
Perché è bello Line of Duty? Innanzitutto per la qualità visiva. Lo so, spesso lo diamo per scontato quando parliamo di serie inglesi, ma anche in questo caso si viaggia su standard elevatissimi. Basti vedere la splendida sequenza di apertura, ma anche una serie di piccole inquadrature in apparenza insignificanti, in realtà capaci di tarare verso l’alto la qualità media del pilot.
Ma il motivo per cui vale la pena guardare questa serie è tutto nella caratterizzazione dei personaggi. Come detto, non abbiamo da una parte un killer e dall’altra gli eroi che lo cercano, ma abbiamo dei buoni su entrambi i lati. Certo, qualcuno è un po’ sporco e trucca le statistiche per dimostrare di essere il più bravo di tutti, ma anche dall’altra parte c’è qualcuno che si intesta battaglie personali per abbattere il collega troppo famoso. Ma niente di eccessivo, niente che possa far precipitare verso “il male” e quindi verso l’odio da parte dello spettatore.
In questa area di dubbio e di grigio sta la forza del pilot di Line of Duty, capace di creare in un’ora dei personaggi zeppi di chiaroscuri e – fatta eccezione per il capo degli affari interni – senza tracce di stereotipi o esagerazioni. Aggiungete poi che lo scontro – durissimo – tra gli anti-corruzione che indagano e i poliziotti che si difendono arriva a vette di suspense notevoli già a fine episodio e i motivi iniziano già a essere parecchi. E tutti pesanti. Ehy honey, take a walk on the line of duty.
Perché seguirlo: perché gli inglesi tornano a livelli ottimi e sapete tutti cosa significa “livelli ottimi” quando si parla di serie britanniche
Perché mollarlo: perché quando non ci sono personaggi che vanno in giro con il cartellino “sono il figlio di puttana della situazione” voi proprio non ci capite nulla