Perception – L’ennesimo crime con il protagonista freak di Marco Villa
E’ il turno del prof schizzato che risolve crimini. Sentivate questa mancanza, eh?
Per qualche legge non scritta ma che il Castelli fa rispettare con teutonica rigidità, i pilot dei crime spettano a me. Non chiedetemi per quale motivo, ma è così. E allora ogni volta che si scorge all’orizzonte qualsiasi tipo di procedurale con morto ammazzato annesso, ecco che il mio cercapersone inizia a suonare e devo abbandonare ogni tipo di operazione (chirurgica e non) in cui sono impegnato. A volte mi va di lusso (The Chicago Code, NYC 22), a volte no. Questa è una volta no.
Perception è una serie in onda dal 9 luglio su TNT, creata da Kenneth Biller e Mike Sussman, già al lavoro in Star Trek: Voyager. Racconta la storia di Daniel, neuropsichiatra che non sta tanto bene di testa e che occasionalmente aiuta polizia ed FBI a risolvere casi complicatissimi. Se ve lo state chiedendo, la risposta è sì: è l’ennesimo telefilm con un protagonista eccentrico e sociopatico. Il mio socio mi suggerisce i nomi di Monk e The Mentalist, io sarei andato più liscio con Sherlock e House. Il risultato, però, è quello: il freak inadatto al mondo e alla relazioni sociali che cerca nelle sacche del suo disaggio gli strumenti che lo renderanno l’eroe di puntata per 24 settimane all’anno.
Il freak della situazione è interpretato da Eric McCormack, ovvero Will di Will & Grace, a cui evidentemente hanno detto: “ragazzo, o inizi ad assomigliare il più possibile a Robert Downey Jr., oppure la vedo grigia per il tuo futuro”. E il bravo Eric ha accettato il consiglio. Il suo personaggio è un docente universitario che riesce a relazionarsi con il mondo solo all’interno dell’aula in cui insegna. Appena varca la porta, diventa ingestibile: si mette a dirigere orchestre sinfoniche immaginarie salendo sulle sedie e, soprattutto, parla con gente che non esiste. Ecco, questo è l’elemento forse più interessante, perché di fatto toglie ogni senso alla parola “eccentrico” che ho usato prima: il protagonista di Perception sta malissimo, è malato. Punto. Però, per qualche motivo, queste sue patologie passano in secondo piano e vengono considerate delle bizzarrie tanto carucce, perché comunque quello che conta è che risolva i crimini.
Pensate di avere già raggiunto la soglia di sopportazione? Sbagliato. Il momento peggiore del pilot coincide con la “consulenza” che il protagonista chiede a un suo conoscente, un ragazzo afasico che “non riesce a parlare, ma ascolta tutto e capisce dalle inflessioni del discorso quando uno mente. E questo lo fa tanto ridere”. Esatto: un tizio che guarda la gente e si mette a ridere quando mentono. Ma per favore. Anzi: MA PER FAVORE. Non scherziamo, su. Non mi sentivo così buggerato dai tempi dell’idiot savant di Flash Forward. Ovvio che questi elementi un filo ridicoli tolgono ogni interesse all’indagine, che viaggia su un solo binario: aspettiamo che il protagonista abbia una stracazzo di illuminazione e risolva tutto. Con tanti saluti a qualsiasi tipo di costruzione crime e di tensione narrativa.
È così orrendo Perception? Ovviamente no, però davvero basta: il personaggio costruito in provetta prendendo tratti e caratteristiche da altri personaggi simili è imbarazzante. Anche solo per questo, Perception non merita di essere seguito. Poi basta pensare al tizio che ride quando la gente dice bugie e ciao. Ciao proprio.
Perché seguirlo: perché avete una passione insana (INSANA) per questi personaggetti tanto strambi-ma-simpatici. L’ho già detto “ma per favore”?
Perché mollarlo: perché va bene cercare l’originalità andando a creare personaggi sempre più strambi-ma-simpatici, ma la vedete quella linea rossa? È un limite che non andrebbe superato e gli autori se lo sono ampiamente lasciato alle spalle