Fringe – La rivoluzione prima del finale (di stagione?) di Marco Villa
La meravigliosa follia degli autori di Fringe
ATTENZIONE SPOILER A PIOGGIA SULLA PUNTATA ANDATA IN ONDA VENERDI’ 23 MARZO
Puntatone di Fringe venerdì. Al di là di gusti e pareri, è puntatone. Poco da dire. 42 minuti risolutivi, in cui tutti i fili mossi nel corso di questa quarta stagione hanno avuto, se non una chiusura, almeno una scossa importante.
Per farlo, gli autori hanno scelto una strada nuova: hanno rinunciato a dare una spiegazione totalmente scientifica. Ovviamente per scientifica non si intende plausibile o credibile, ma comunque hanno rinunciato a ricondurre tutte le faccende a un discorso di esperimenti, progetti, fialette e cortexiphan. La responsabilità della permanenza di Peter nel multiverso, nonostante la cancellazione da parte degli osservatori, è stata infatti attribuita all’amore delle persone che gli stavano accanto, che ne hanno impedito la scomparsa totale. Ora, appena ha finito di guardare l’episodio, sabato il Castelli mi ha scritto, certo che gli avrei detto che mi aveva fatto schifo, attingendo a pozzi inesplorati di cinismo e crudeltà.
E invece no: sarà che primavera e situazioni contingenti mi stanno ottenebrando la capacità di giudizio (si veda il primo responso su Missing), ma il modo in cui l’hanno risolto è stato un buon modo. Non tanto per il messaggio “l’amore vince su tutto” (quello sì, piuttosto pacchianotto), ma per un livello un filo meno evidente, ovvero la scelta di sancire la vittoria dell’elemento umano sulle complessità tecnologiche. E questa in Fringe è una novità. Così come è una novità la decisione di ribaltare ogni logica nella programmazione del finale di stagione.
Il fatto è semplice: la puntata di Fringe andata in onda venerdì sera sarebbe potuta essere tranquillamente il finale di stagione e di serie. Punto. Tutti contenti e felici. Ovvio, in caso sarebbe stato necessario chiudere altre storie aperte, capire qualcosa di Walter, ma ci siamo capiti. Peter in pace con se stesso e finalmente a casa. L’osservatore che ha fatto l’ultimo spiegone per chiarire un po’ di cose. Il fatidico bacio. E invece no: altre sette puntate prima della fine. Sette puntate in cui tutto quello che si è visto in questa stagione è stato chiuso e resettato. Certo, c’è sempre il cattivone John Paul Jones o come si chiama in libertà, ma diciamocelo: è un personaggio che non suscita nessun interesse.
Così, adesso, da qui all’11 maggio, data in cui termineranno i 22 episodi di quest’anno, c’è da assistere a una stagione nella stagione, in cui presumibilmente verranno ribaltati gli equilibri trovati negli ultimi quaranta minuti e inseguiti nelle precedenti quattordici puntate.
E questa è una scelta radicale: con il dubbio eterno del rinnovo/cancellazione, sarebbe stato facile tirare fino a fine anno con qualche altra puntata di transizione. Non è certo questo il momento in cui Fringe può raccogliere nuovi ascolti: impossibile entrare ora nella serie, iniziare a capirla anche solo lontanamente. Di fatto, la speranza di rinnovo non è legata ai ratings, ma al possibile raggiungimento della soglia critica dei cento episodi, traguardo che farebbe scattare per Fox interessanti contratti grazie alla distribuzione in syndication della serie. Al momento, infatti, l’unica alternativa plausibile alla cancellazione sarebbe una quinta stagione corta, dimezzata, per raggiungere la fatidica quota di puntate.
La speranza, quindi, è che gli sceneggiatori, sul filo della cancellazione da ormai due anni, abbiano mandato tutto a quel paese e abbiano deciso di puntare veramente in alto, di far saltare il tavolo con qualcosa di folle. Andasse così, fosse finale di stagione o di serie, forse non sarebbe nemmeno così importante. Sarebbe l’ennesimo gioco al rialzo, un degno passo d’addio.