Missing – Il medio ritorno di Ashley Judd di Marco Villa
Ashley Judd in version super mamma ex agente della CIA
Con Missing ho fatto un po’ di casino. Nel senso che non appena ho finito di vedere il pilot ero piuttosto soddisfatto, al punto da scrivere al Castelli, dicendogli di dare un’occhiata perché pareva interessante. Il giorno dopo, quella richiesta è diventata: “senti, guardalo anche tu perché più ci penso e più sono scettico”. Arrivato a sera, il giudizio era ormai diventato piuttosto negativo e il responso del mio socio ha eliminato ogni residuo dubbio. No, di Missing non si può essere soddisfatti. E ora vi dico perché.
Ma prima: Missing è una serie televisiva in onda dal 15 marzo su ABC. Protagonista è Ashley Judd, ovvero una sostanziale desaparecida, che, dopo momenti di più o meno gloria negli anni ’90, era di fatto sparita da tempo dalle cose che contano. E pensate che fino a una googlata fa ero convito avesse lavorato nell’Avvocato del Diavolo. Invece no. Povera Ashley.
Comunque, Ashley Judd interpreta una ex-agente della CIA, costretta a tornare in azione per salvare il figlio, misteriosamente scomparso a Roma, dove si trovava per studiare. No tranquilli, a parte la storia dell’americano che viene a studiare a Roma, non ci sono altre parentesi di fantascienza. Comunque la faccenda è questa e il modo in cui viene affrontato fa apparire una gigantesca scritta Alias sopra le teste degli spettatori, subito accompagnata da un’altra scritta: con le debite ed enormi proporzioni. Il sunto comunque è: intrighi vari, agenti segreti e qualche scena action con Ashley cara che mena le mani.
Partiamo dalle cose positive. La prima, più evidente e anche meno importante, è che la serie è girata fuori dagli Stati Uniti. Nel primo episodio ci sono scene ambientate a Roma e Parigi, scene vere, esterni veri. Certo, sono annegate in un mare di sequenze girate con un green screen che grida vendetta al cospetto dell’onnipotente, ma vabbé. E poi, nota di colore, per una volta i personaggi italiani, che parlano in italiano, non sono interpretati da attori statunitensi che biascicano peggio di Salvatore Bagni, ma da attori italiani. Tra cui Adriano Giannini, figlio di Giancarlo e interprete di un personaggio che si chiama… Giancarlo! Eh, che scherzi, a volte, il destino. Direte: ma chi se ne frega se alcune scene sono girate in Italia. Verissimo, ma il fatto che in generale siano girate fuori dagli Stati Uniti è fatto piuttosto raro.
Il secondo aspetto positivo è un inizio a razzo. Nei primi dodici minuti succedono più cose che nelle prime dodici puntate di Boardwalk Empire. Certo, in quei dodici minuti la vicenda è un po’ compressa e non mancano scene telefonate e con il pilota automatico, ma a mio avviso l’azzardo va premiato, perché, invece, di presentarci i personaggi con i soliti teatrini da serie mediocre, li mostra travolti dagli eventi, come a far intendere che per tutta la serie saranno solo pedine di un gioco molto più grande di loro.
Qui, però, finiscono gli aspetti positivi, che hanno comunque un discreto peso, contando che – come detto – la prima impressione era stata positiva. Tra gli elementi che non vanno, invece, si può trovare uno sviluppo della puntata piuttosto caotico e mal costruito, in cui le cose sembrano succedere senza logica, ma solo per giustapposizione. A questo, poi, si aggiunga una regia che, nelle scene di azione, semplicemente non ce la fa. Ma proprio nel senso che non riesce a far capire cosa succede: c’è la cara Ashley Judd, arriva il cattivo, casino, casino, casino, casino, il cattivo è steso. Roba di classe.
Nel complesso, come detto, Missing non soddisfa, ma qualche aspetto positivo ce l’ha. Tra questi, il fatto che presumibilmente sarà una serie con un forte impianto orizzontale, in grado, quindi, di coinvolgere lo spettatore. Un po’ come successo con Revenge, che in fondo non è molto distante da Missing come livello e impostazione da serie tirata via (no, anche se il Castelli l’ha sdoganata, io Revenge non riesco proprio a vederla). Ah, Missing ha fatto pochi ascolti tra i giovani (18-24) e parecchi nei meno giovani (25-54). Dovesse continuare così, avrebbe la possibilità di sperare in un rinnovo.
Perché seguirlo: perché l’inizio ti tira dentro e l’impressione è quella di una serie mediocre, ma in grado di catturare. E voi volete tantissimo essere catturati.
Perché mollarlo: perché la parola qualità non è esattamente la prima che vi verrà in mente quando penserete a questo pilot.