Spartacus Vengeance di Diego Castelli
L’atteso ritorno del gladiatore, tra novità e nostalgia
ATTENZIONE, NON LEGGETE SE NON AVETE VISTO IL PRIMO EPISODIO DI SPARTACUS VENGEANCE
Sono passati quasi due anni da quando Spartacus ha calcato per l’ultima volta l’arena televisiva, prima che l’attore che gli dava corpo e voce, Andy Whitfield, ingaggiasse una dura battaglia con il cancro. Una battaglia purtroppo persa, con la morte di Whitfield lo scorso 11 settembre, e la necessità di trovare un nuovo volto per il mitico schiavo ribelle. In mezzo a tutto questo, Spartacus: Gods of the Arena, breve prequel girato come sorta di intervallo, nella speranza che il vero protagonista potesse riprendersi.
Ora Spartacus: Vengeance, nuova incarnazione del franchise, è finalmente arrivata (prima su internet e poi in tv, dove farà la sua comparsa il prossimo 27 gennaio), e i molti fan possono godersi il prosieguo della storia, senza riuscire a evitare gli ovvi confronti col passato.
Prima dell’analisi vera e propria, lasciatemi dire che per me Spartacus è una scoperta recente. Avevo visto il pilot, al momento della prima messa in onda, e onestamente non mi aveva convinto: l’esplicita volontà di stupire aveva portato a esagerazioni che mi parevano superflue, a scelte visive che trovavo troppo pacchiane (l’immagine che ho fissa in mente è Spartacus che corre per le praterie innevate in uno dei greenscreen più finti di sempre, evidentemente voluto ma ugualmente irritante).
A seguito dei molti pareri positivi, mi ero ripromesso di dare una nuova possibilità alla serie, e ora affermo con piacere che ero in errore. Spartacus Blood & Sand è un ottimo prodotto e, se non spaventasse gli spettatori con i suoi eccessi (il sesso come mai prima d’ora in un telefilm, il sangue a fiumi ecc), tutti sarebbe in grado di accorgersi della profondità della narrazione e della capacità di costruire dinamiche realmente coinvolgenti, con personaggi ben delineati e una scansione degli eventi molto più calibrata ed efficace di quanto non farebbe pensare l’attenzione per le tette nude e gli arti mozzati. Ma in fondo Spartacus è inscindibile da quest’anima un po’ triviale, che allontana molto pubblico femminile (anche se non tutto) in favore di spettatori maschi che si bevono combattimenti al rallentatore e orge così come le spettatrici seguono le evoluzioni romantiche dei teen drama.
Ovviamente ho esagerato nel dividere i pubblici, non me ne vogliate, ma il punto è sottolineare la capacità di Spartacus di rivolgersi a una platea molto targettizzata, senza rinunciare a uno spessore narrativo imprescindibile per un prodotto che voglia definirsi “di qualità”. Qualità ulteriormente manifestata, se possibile, da Gods of the Arena, un prequel nato quasi per caso, in emergenza, e comunque capace di mettere in campo una storia realmente interessante, senza più il suo protagonista ma con le vicende personali di figure che nella serie madre avevamo imparato ad apprezzare a più livelli.
Con Spartacus: Vengeance l’eroe è tornato, anche se con un volto nuovo. Ma non è l’unico cambiamento, e non mancano elementi di forte criticità.
Il ritorno nell’antica Capua è un bello shock. Perché la vicenda storica di Spartaco, le cui gesta gladiatorie di fatto rappresentano solo la parte iniziale e meno importante (visto come leggo bene wikipedia?), hanno imposto agli autori un cambio di setting che non potrà che aumentare col trascorrere delle settimane e dei mesi. Il ludus di Batiatus, scenario principale della prima stagione, non esiste più, se non come edificio ormai vuoto che Glabro decide di usare come avamposto. Gli allenamenti dei gladiatori, l’attesa dei combattimenti, gli intrighi e i sotterfugi allo scopo di aumentare il prestigio della casa, sono ormai un mero ricordo. Ora seguiamo i nostri per le strade di Capua, nelle fogne sotto di essa, e sappiamo che prestissimo dovranno andarsene dalla città, perché la Storia (con la s maiuscola) impone al racconto telefilmico di spostarsi in altri luoghi, dove Spartacus continuerà a lottare contro l’esercito romano e l’odiato Glabro, promosso pretore.
In questo senso, la forza di Blood and Sand si rivela una lama a doppio taglio. Ci eravamo così appassionati a quei luoghi e a quei personaggi – Batiatus, interpretato da John Hannah, era un personaggio coi controcoglioni, molto superiore a Glabro – che ora siamo torturati da una dolorosa nostalgia: ci sembra quasi di guardare un altro telefilm, più distante e freddo, che regge il suo racconto solo sul ricordo di ciò che abbiamo visto quasi due anni fa, dalla sorte di Aurelia all’inaspettato ritorno di Lucretia, passando per la ricerca di Naevia da parte di Crixus. Temiamo che, una volta persa la maggior parte dei contatti col passato, ci troveremo smarriti, in una specie di universo parallelo di fringiana ispirazione, in cui tutto è simile ma niente è uguale.
In verità, sono fiducioso che gli sceneggiatori sapranno costruire una storia appassionante, che dalla prima stagione prenda la forza di molti caratteri e situazioni, inserendoli in un tessuto nuovo, ma ugualmente solido. Eppure, per ora, quella brutta sensazione allo stomaco ancora c’è, e possiamo solo sperare che se ne vada.
Ovviamente, a questo leggero disagio contribuisce non poco il cambio di attore per Spartacus. Sapevamo che sarebbe stato doloroso vedere una nuova faccia sul nostro gladiatore preferito, e così è stato: Liam McIntyre, che ha sostituto Andy Whitfield, non è un cattivo attore, poveraccio, ma il suo compito era ed è difficilissimo. In questo pilot la sensazione forte è che non riesca a trasmettere la stessa carica di Whitfield, che aveva un volto insieme bello e determinato, estremamente espressivo. Non voglio dare un giudizio affrettato, perché magari tra quattro stagioni avremo ormai metabolizzato il cambio, e del vecchio protagonista nemmeno ci ricorderemo, inneggiando a quello nuovo come l’unico e vero Spartacus. Ma per ora l’effetto è straniante e inevitabilmente poco positivo.
Tanto più che – sfiga nera – una seconda stagione così concepita, con molti personaggi nuovi e ambientazioni diverse, aveva proprio bisogno di un punto fermo, che Whitfield avrebbe sicuramente rappresentato. Come dire: vecchia storia+nuovo spartacus = ok; nuova storia+vecchio spartacus = ok; nuova storia+nuovo spartacus = magone.
Per il momento, ci fermiamo qui. Vedremo nelle prossime settimane come evolverà la situazione, e come e quanto riusciremo a farci rapire dai nuovi meccanismi. Perché al di là dei punti critici, lo show è evidentemente ancora vivo e pulsante dal punto di vista narrativo e produttivo (anzi, certi scorci paesaggistici, così ben integrati col movimento degli attori, sono pure una bella novità). Non dirò che dobbiamo dare fiducia alla serie in nome di Whitfield, perché non sono Mara Venier né Barbara D’Urso. Vi dirò invece che quelli di Starz si sono trovati di fronte una bella serie di problemi, alcuni previsti e altri decisamente meno, e meritano il nostro appoggio nella ricerca di un nuovo equilibrio.
Comunque tette e sangue ci sono ancora, pure più di prima, quindi almeno da quel punto di vista siamo a posto.
PS Non ho specificato che nei prossimi episodi tornerà anche Gannicus: sarà bello vederlo insieme a Spartacus, ma sarà ancora più strano vederlo insieme a questo Spartacus!