Rob – Attore di richiamo e usato sicuro di Diego Castelli
CBS fa il compitino, ma funziona
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Alle volte non serve sbattersi più di tanto per portare a casa il risultato.
Detto che “portare a casa il risultato” non è necessariamente una passeggiata: chiedetelo agli autori di How to be a Gentleman o Work It, gente che magari ha detto “massì, che vuoi che sia fare una comedy accettabile?”.
Blam, cancellate quasi subito. E giustamente.
Rob Schneider ha deciso di seguire una strada diversa. Il piccolo (nel senso di basso) comico americano, che molti amanti del trash ricordano in moltissimi film come Deuce Bigalow e Animal, ma anche 50 volte il primo bacio e Dredd, ha puntato sull’usato sicuro: ricicciamo Ti presento i Miei, e vedrai che siamo a posto.
Perché Rob, la nuova sitcom di CBS, è sostanzialmente questo.
Schneider veste i panni di un architetto di giardini, che subito dopo aver sposato in fretta e furia una stangona fighissima conosciuta sei settimane prima, deve poi vedersela con la famiglia di lei: padre, madre, nonna e zio messicani, che di certo non vedono di buon occhio il tappetto bianco che gli ha portato via la figlia senza nemmeno invitarli a uno straccio di matrimonio decente.
All’inizio del pilot i nostri due piccioncini (lei è la bella Claudia Bassols) si sono appena sposati a Las Vegas, e Maggie chiede a Rob di accompagnarla a conoscere i suoi genitori, in modo che lei possa raccontare loro del matrimonio nel modo più gentile possibile.
Quasi inutile dire che lo scontro di Rob con il parentame messicano è dei più classici: gaffe terribili, imbarazzo a mille, figuracce da antologia, che vanno da semplici errori dialettici (nota bene: mai cercare di sembrare esplicitamente non-razzisti, si ottiene l’effetto contrario), a vere e proprie simulazioni di sodomia con la nonna.
Ovviamente siamo in una sitcom da tv generalista americana, quindi tutto finisce a tarallucci e vino, in attesa dei prossimi episodi dove Rob avrà sempre nuove occasioni per far incazzare i suoceri e per odiare Hector, zio di Maggie e clandestino maneggione e fastidiosissimo.
Per quanto i rapporti difficili tra suoceri e genero siano tutt’altro che nuovi nella serialità e nel cinema, il modello sembra essere davvero Ti presento i miei: là mancava la componente razziale, ma il personaggio di Rob è del tutto paragonabile a quello di Ben Stiller, stessa sfigaggine, stesso lavoro bistrattato, stessa bontà d’animo di fondo, che combatte la devastante goffaggine con il più tenero dei “sì, ma in fondo la rende felice, ed è questo quello che conta”.
Se questa recensione l’avesse scritta dal Villa, vi avrebbe detto che Rob è insulso, clamorosamente già visto e quindi non meritevole di attenzione. Ma siccome qui ci sono io, vi beccate il commento buonista. La verità è che Rob è davvero banalotto, in molte strutture di base e sviluppi narrativi, persino quelli in apparenza più originali (il fatto che i messicani siano in realtà più sgamati e yankee degli stessi americani fa sempre effetto, ma non è certo la prima volta che si vede). Allo stesso tempo, però, forse perché scottato da troppe comedy che nel recentissimo passato sono inciampate in sceneggiature poverissime e attori al limite della denuncia, devo riconoscere che il giochino funziona.
Rob strappa più di una risata, ha un bel ritmo e dei buoni interpreti: oltre a Schneider, che per la parte è perfetto, bisogna citare le buone interpretazioni di Eugenio Derbez nei panni di Hector (lo odi e lo ami dopo venti secondi) e Cheech Marin nelle vesti del padre di Maggie. Sono venti minuti che non cambiano la vita, ma alla fine dei quali non si avverte quella fastidiosa sensazione di aver completamente sprecato il proprio tempo, sensazione che nelle ultime settimane avevamo avvertito fin troppe volte. Sarà da verificare la tenuta del concept, perché non è semplice dare continuamente nuovo fiato a una situazione che, a conti fatti, rischia di essere sempre la stessa. Ma sugli scontri razzial-generazionali hanno campato per anni moltissime sitcom, quindi questo aspetto non preoccupa più di tanto.
Così come al momento non preoccupano gli ascolti: posizionato dopo The Big Bang Theory, Rob ne ha conservato l’80% del pubblico, facendo decisamente meglio delle altre comedy provate in quella collocazione nei mesi scorsi (Sh*t! My Dad Says, Rules of Engagement, il già citato How to Be a Gentleman).
Insomma, una piena sufficienza, che però al momento non va tanto più in là.
Se questo è abbastanza per inserire Rob nel già affollatissimo palinsesto degli appassionati di serie, lo lascio decidere a voi.
Perché seguirla: il pilot fa ridere, gli attori sono bravi, e ci sono tutte le carte in regola per una sitcom tranquilla e piacevole.
Perché mollarla: di veramente originale c’è poco e niente, né sembra lecito aspettarsi chissà quali risvolti sorprendenti.
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