26 Settembre 2011

The Playboy Club – Le sfortunate conigliette dei Mad Men di Marco Villa

Conigliette, avvocati, omicidi e una cancellazione imminente

Copertina, Pilot

La prima cosa da dire è che non seguo Mad Men. Ho visto un po’ di puntate, mi piaceva pure, ma boh. È successo: andato via. È nella lista dei recuperi. Mi ricordo tanta cura e – già dai primi episodi – tutto un tirarsela che non finiva più. E ci stava, intendiamoci. Ad ogni modo, la premessa è doverosa per spiegare che non mi interessa mettermi a fare le pulci come il più integralista dei fan. Il confronto tra Mad Men e The Playboy Club è inevitabile, ma non ha senso mettersi a fare una lista con i più e i meno. Perché The Playboy Club si inserisce in quel filone, ma è cosa diversa.

È diversa per tanti motivi, ma è il caso di partire da cosa sia effettivamente questa serie. E la faccenda è semplice: la storia del Playboy Club, locale di Chicago che nei primi anni ’60 raduna ogni sera tutta la gente bene della città. Avvocati e ricconi che lì si recano per vedere conigliette che cantano e ballano e per trascorrere quelle che ormai sono definite ufficialmente “serate eleganti”, ma che probabilmente in questo caso lo sono per davvero. Perché di prostituzione – almeno ufficialmente – non c’è traccia. Quindi: a livello temporale siamo dalle stesse parti dei pubblicitari niuiorchesi e in fondo è simile anche l’emancipatissimo ruolo delle donne.

Quello che cambia è la presenza di una storia forte, che presumibilmente accompagnerà tutta la stagione. Si inizia subito con il botto – con un omicidio dopo un quarto d’ora scarso – e si procede con mafia e intrecci loschi del genere. Una cosa che in Mad Men non c’è e che mai ci sarà, perché, e questo lo so pure io che non lo seguo, quella di AMC è una serie d’atmosfera, in cui il contesto vale tanto e vale anche più delle storie stesse.

The Playboy Club non è certo una serie rivoluzionaria nel racconto e nello stile, ma fa segnare un importantissima svolta per quanto riguarda le strategie di rete. Dopo anni in cui la cesura tra network generalisti e via cavo è stata basata anche e soprattutto su serie che – al di là di genere e vicende – erano marcatamente diverse per ritmo e filosofia, The Playboy Club è il primo tentativo di prendere quelle serie e adattarle a un panorama generalista. Il telefilm, infatti, va in onda su NBC, non su qualche canale a pagamento dove tutto si può osare. Così, resta intatta l’atmosfera e la cura nella ricostruzione di ambienti e scene, ma si cerca di smussare quelle caratteristiche di scrittura che sarebbero ostiche per un pubblico non così ricercato e di nicchia come quello di una HBO. E ovviamente si elimina ogni scena di sesso: si parla di Playboy, Hugh Hefner e conigliette, ma non si vede un lembo di pelle neanche per sbaglio.

Piuttosto, c’è la storia forte con l’omicidio di cui sopra e in generale una minore ossessione per il minimalismo narrativo tipico dei Mad Men o dei Boardwalk Empire. E da questo punto di vista l’obiettivo viene raggiunto, perché The Playboy Club è un compromesso più che onorevole, che non suona artificioso o sintetico (nel senso di prodotto da laboratorio), ma comunque godibile e scorrevole. Certo, non tutto funziona in questo pilot: la sensazione è che la carne al fuoco sia tantissima e che, diversamente dalle abitudini delle tv via cavo, gli autori non se la siano sentita di presentare le sottotrame un po’ alla volta, diluendole tra le puntate, oppure lasciando ampie parti incomprensibili. Al termine dei primi 42 minuti sappiamo già tanto di tutti. O almeno, sappiamo a sufficienza per intuire lungo quali direttrici si muoveranno le singole storyline. Il problema è che, salvo sorprese, quelle stesse storyline non andranno da nessuna parte, perché, in termini di ascolti, The Playboy Club è andato male, malissimo. Probabile che sia il primo telefilm illustre a dover alzare bandiera bianca. E più che per la storia e la vicenda in sé (pur interessanti e tutt’altro che tirate via o banali), sarebbe una punizione immeritata per lo sforzo di NBC di saltare quel fossato cui si accennava in precedenza.

Previsioni sul futuro: se futuro ci sarà, vedrà incrociarsi le vicende della Chicago più ricca con quelle della Chicago più torbida, con un occhio anche alla battaglia per i diritti degli omosessuali (ecco, questa avrebbero anche potuto lasciarla fuori dal pilot)

Perché seguirlo: perché è l’occasione di entrare in un mondo altro dei telefilm per chi non ha mai resistito di fronte ai kolossal in costume via cavo. E perché Amber Heard… beh, Amber Heard.

Perché mollarlo: perché chi invece a quei kolossal si è sempre abbandonato, lo vedrà come qualcosa di riscaldato e meno radicale



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