A Thousand Blows – Ladre e pugili dal creatore di Peaky Blinders di Diego Castelli
Dopo la Birmingham del primo Novecento, Steven Knight vola nella Londra di fine Ottocento, ma il succo è sempre povertà, crimine, coraggio e facce feroci
In tv, quasi più che nel cinema, il passato può essere una lama a doppio taglio: se hai lavorato bene, se hai fatto successo, probabilmente continuerai a trovare opportunità e affetto. Allo stesso tempo, se già una volta hai proprio spaccato, tutti si aspetteranno i fuochi d’artificio, le aspettative saranno soffocanti, e tu non avrai sempre in tasca una Breaking Bad o una Downton Abbey da spenderti.
Deve saperlo bene Steven Knight, il cui curriculum da sceneggiatore è parecchio lungo sia al cinema che in tv, ma che ormai, nella testa degli appassionati seriali, rimarrà sempre il creatore di Peaky Blinders.
Nel momento in cui, per la sua nuova serie disponibile su Disney+ e intitolata A Thousand Blows, Knight sceglie di cavalcare nuovamente l’onda dell’Inghilterra a cavallo fra Ottocento e Novecento… beh, Steven, stai scherzando col fuoco.

Spostandosi da Birmingham a Londra (e in particolare nella metà Est della città, più povera, sanguigna, orgogliosa e criminale di quella Ovest), Steven Knight mette in scena sostanzialmente tre gruppi di personaggi: un sindacato di ladre tutto al femminile, guidato da Mary Carr (Erin Doherty); due amici giamaicani, Hezekiah Moscow (Malachi Kirby) e Alec Munroe (Francis Lovehall), giunti a Londra in cerca di fortuna; e i fratelli Goodson, soprannominati Sugar (Stephen Graham) e Treacle (James Nelson-Joyce), che governano il mondo sotterraneo delle scommesse legate alla boxe clandestina, di cui i due sono campioni.
Questi tre gruppi, operanti nella stessa zona e mossi da ambizioni e progetti che dalla conoscenza reciproca possono trovare sostegno ma anche ostacolo, creano un groviglio di tensioni in cui ogni personaggio sembra poter trovare negli altri un modo per emergere, oppure un inciampo su cui cadere.
La Londra di quegli anni, in profondo mutamento e danzante sul filo sottile fra antico e moderno, diventa dunque uno scenario da tutti contro tutti in cui solo i più forti (ma anche i più ingegnosi) riusciranno a sopravvivere.

Nel complesso, A Thousand Blows è una buona serie, che inizia col piglio giusto. Livello produttivo alto, facilità di ingresso nonostante i molti personaggi, e la capacità immediata di buttarci in un mondo che percepiamo sporco e cattivo, ma anche ricco di storie e fascino. Un mondo di guerrieri e truffatori, di santi (pochi) e peccatori (molti), che ci suona vibrante e misterioso.
Merito certamente di un budget consistente per scenografie e costumi, di una regia salda e pienamente cinematografica, e di una sceneggiatura che punta subito su direttrici di forza molto chiare: il razzismo subito dai ragazzi neri (ma con il suggerimento che potranno vendicarsi); la capacità di Mary di cavarsela da sola in una società tutta maschile (ma senza per questo fingere che per lei ogni giorno non sia più pericoloso del precedente); la foga bestiale e sanguinaria di Sugar, mosso più che altro da volontà di potere e sopraffazione (ma non per questo incapace di un amore magari non proprio sano, ma comunque genuino).
E visto che questa serie, in termini di promozione, viene venduta soprattutto sullo sfondo del pugilato vintage, possiamo anche dire serenamente che le scene di boxe reggono l’aspettativa, con quel misto di cruda violenza e immaginario d’epoca che ci saremmo aspettati di trovare.

Riprendendo le considerazioni iniziali, credo però sia anche doveroso dire che, se arrivate a A Thousand Blows da Peaky Blinders, l’impressione dopo la prima stagione è che siamo un gradino sotto.
In parte il problema è una sceneggiatura che, per quanto precisina e comprensibile, ha pochi guizzi veri, pochi momenti di sorpresa, pochi spazi per lasciar andare un furore che pure sentiamo ribollire sotto la superficie. A tratti sembra un compito ben scritto, ma un po’ privo di cuore.
E oltre a questo c’è una questione di facce che potrebbe anche sembrare un dettaglio, ma non lo è: Peaky Blinders poteva contare su un cast semplicemente spettacolare, dotato di un carisma che non aveva bisogno di parole ma nemmeno di movimento: i fratelli Thomas e Arthur, interpretati dal poi premio oscar Cillian Murphy e da Paul Anderson, avevano una chimica eccezionale, e bastava metterli immobili su un poster per sentirsi ingaggiati.
E questo senza nemmeno nominare certi non protagonisti del calibrio di Tom Hardy e Adrien Brody.
Certo, A Thousand Blows ha appena iniziato, è ingiusto fare il paragone con l’intera serie di Peaky Blinders, però l’impressione che non ci siano personaggi e attori di quel livello lì resta comunque, anche dopo sei interi episodi che, peraltro, soffrono di una leggera rarefazione verso il finale, quando la sceneggiatura perde una certa solidità dell’esordio, faticando a gestire l’attesa di uno scontro finale che va continuamente suggerito ma costantemente rimandato.

Insomma, A Thousand Blows è una buona serie, superiore alla media di quello che vediamo tutti i giorni, eppure non ci lascia l’idea di un prodotto “memorabile”.
E per quanto non tutte le serie tv debbano essere memorabili per essere promosse, quando sei la figlia spirituale di uno show che memorabile lo era davvero, la differenza si nota un po’ di più.
Perché seguire A Thousand Blows: Steven Knight costruisce un nuovo period di muscoli e sangue, mai noioso, con tutte le sue cosine al posto giusto.
Perché mollare A Thousan Blows: se ci arrivate in quanto fan di Peaky Blinders, l’impressione è che siamo uno o due gradini sotto.
