23 Gennaio 2025

The Pitt – Il ritorno di Noah Wyle, fra ER e 24 di Diego Castelli

Uno sceneggiatore di lungo corso di ER, insieme a una delle sue principali star, per un medical in tempo reale da far venire la lacrimuccia

Pilot

Alcuni dei miei più cari ricordi seriali sono legati a ER.
La serie di NBC – in onda dal 1994 al 2009, quando ancora le reti generaliste americane era in grado di settare i nuovi standard dell’eccellenza televisiva (poi superate dalle cable e dopo ancora dalle piattaforme) – fu l’inizio della mia passione per i medical, nonché la prima serie tv che guardai con mio padre, quando lui ancora era legato al solo formato filmico (mentre ora si spara ottocento serie alla volta, sono così orgoglioso…).

Soprattutto, fu una serie capace di costruire uno dei migliori archi evolutivi di un personaggio seriale, quel dottor Carter, interpretato da Noah Wyle, che partendo dallo studentello sbarbato della prima stagione diventava poi il protagonista assoluto della serie, con alcuni passaggi di consegne assolutamente da brividi.

Capite quindi che parlare oggi di The Pitt, un medical ambientato in un pronto soccorso, con protagonista Noah Wyle, e creato da R. Scott Gemmill, che di ER fu sceneggiatore e produttore proprio negli anni finali della parabola di Carter, beh, mi mette addosso un friccico che non vi dico.

Se finora vi è sembrato di sentir parlare di un film già visto, per quanto amato, il paragone con 24 potrebbe avervi fatto alzare un sopracciglio.
No, non ci sono i terroristi in The Pitt, che al momento va in onda solo negli Stati Uniti su MAX, in attesa di capire cosa accadrà in Italia della costola di HBO. E Noah Wayle, nei panni del dottor Michael “Robby” Rabinavitch, non tortura nessuno.

Semplicemente (che poi tanto semplice non è), The Pitt è un medical in tempo reale: in quindici episodi racconta un solo turno in ospedale del suo protagonista, che inizia alle sette del mattino a valutare casi, risolvere emergenze, formare i giovani, gestire i propri problemi personali, lui che proprio oggi torna al lavoro dopo un’assenza dovuta a certi traumi subiti nel periodo della pandemia da Covid.

Una somiglianza, quella con il tempo reale di 24, che si ritrova anche nei titoli, che come nella serie con Kiefer Sutherland usano un riferimento numerico: all’epoca per indicare il punto delle ventiquattro ore in cui la storia si trovava, qui per segnalare la corrispondente ora del giorno.

Per quanto ci siano molti dettagli che ci si poteva aspettare anche solo leggendo la sinossi, l’approccio di The Pitt è comunque leggermente diverso da come mi ero figurato all’inizio.
Nei primi tre episodi finora andati in onda c’è meno frenesia del previsto, meno fretta di iniziare col botto, alternando invece le scene mediche più sincopate ad ampi momenti di drama vero e proprio, fatto di dialoghi e costruzione dei personaggi.
Insomma, non siamo di fronte a una corsa a perdifiato lunga quindici episodi, bensì a una storia che, con tutte le eccezioni del caso, sposa anche una rappresentazione più “quotidiana” del pronto soccorso, anche se mi aspetto una salita di tono e di tensione con l’andare degli episodi.

Da questo punto di vista, particolare anche il trattamento del protagonista: in queste prime battute, circondato com’è da colleghi più giovani che, a vario titolo, sbagliano e imparano, il dottor Robby è raccontato come una specie di adorabile santone che non sbaglia mai, che ha competenza perfetta, che trova sempre le parole giuste.

Attenzione però, in questo caso non si tratta di un segno di sciatteria o cattiva scrittura. Fin da subito, infatti, sappiamo che il protagonista emerge da un passato difficile che tornerà a tormentarlo, e che renderà il suo turno in ospedale, iniziato con relativa semplicità, un montagna sempre più difficile da scalare.

Al momento, questo è il maggior pregio di The Pitt. Gemmill e i suoi costruiscono un’ambientazione interessante, complessivamente realistica, densa di questioni mediche ed etiche sempre stimolanti, con un nutrito gruppo di personaggi tutti ben identificabili e un protagonista gonfio di carisma, che deriva anche dall’attore che lo interpreta.
E contemporaneamente, però, la sua narrazione in tempo reale e la semina di indizi sul passato difficile del leader indiscusso del reparto, ci lasciano la sensazione di una tensione costante, di qualcosa che sobbolle sotto la superficie, come se la scansione delle ore fosse in realtà un conto alla rovescia in attesa di una qualche esplosione.

In attesa di capire come la situazione evolverà, e di vedere se e come le nostre previsioni e desideri saranno esauditi, The Pitt è comunque una visione gustosa, ricca, stratificata, da cui ci aspettavamo molto e sulla quale, ora, abbiamo forse ancora più aspettative.
Magari ci risentiremo dopo l’ultimo episodio, se l’esito finale dovesse deviare molto dal previsto, in un senso o nell’altro.

Perché seguire The Pitt: per il carisma di Noah Wyle e per la sensazione che questo medical, già interessante adesso, abbia ancora parecchio da dare.
Perché mollare The Pitt: è un inizio pacato, probabilmente calcolato come tale, ma di per sé non sorprendente.

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