2 Gennaio 2025

Landman su Paramount+ – Il one man show di Billy Bob Thornton di Diego Castelli

Pozzi petroliferi, ex mogli frizzantine, operai usati come carne da cannone, la mano di Taylor Sheridan: ma alla fine siamo qui per Billy Bob

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Per loro natura, le serie tv sono oggetti abbastanza complessi, sia in termini produttivi che narrativi: tante puntate, tante persone coinvolte, molte storie che si intrecciano, cast allargati, writers room piene di gente.
Allo stesso tempo, però, possono anche essere molto semplici agli occhi degli spettatori, quando l’interesse che gira intorno a loro fa perno su un singolo elemento.
È un meccanismo tipico di certe detection più o meno pure, con un/una protagonista assoluto: dalla Signora in Giallo a Colombo, passando per Castle e il dottor House.

Quella di oggi non è una detection, e forse nelle intenzioni non dovrebbe nemmeno essere “così tanto” incentrata su un unico personaggio. Se però quel personaggio è interpretato da Billy Bob Thornton, a cui viene chiesto di fare… il Billy Bob Thornton, il risultato è pressoché scontato: l’unica cosa che ci interessa veramente è guardare Billy Bob Thornton.
Parliamo di Landman.

Disponibile in Italia su Paramount+, Landman ha debuttato qualche settimana fa, ed è quindi una serie tv del 2024 non entrata nella nostra classifica (col 2025 queste storture saranno almeno in parte sanate dal fatto che in classifica finiranno anche le serie recensite solo nel podcast Salta Intro).

Fa parte dell’ormai nutrita galassia di serie tv create da Taylor Sheridan (qui insieme a Christian Wallace), il padre di Yellowstone che, a prescindere dall’anno in cui ambienta le sue storie, gira quasi sempre intorno agli stessi temi: un’America profonda, tradizionale e tradizionalista; storie di terra, denaro e criminalità; protagonisti per lo più machi, duri e sarcastici (anche se non per forza uomini); una visione del mondo spiccatamente repubblicana, raccontata coi toni di chi la sa lunga.

Landman racconta il mondo dei pozzi petroliferi in Texas, un’industria da miliardi di dollari con un’influenza decisiva sulle intere sorti del mondo, che però poche persone conoscono nel dettaglio, e che Sheridan racconta come una moderna corsa all’oro, un luogo di frontiera (metaforica ma non solo) in cui miliardari pieni di soldi e semplici operai impoveriti lavorano insieme per accumulare fortuna e proteggerla, a volte a costo della vita.
Al centro della storia, Tommy Norris (Thornton), un “landman” che lavora per il facoltoso Monty Miller (Jon Hamm), e che per lui si assicura che tutto, nella compagnia, funzioni regolarmente.
Spoiler: ovviamente succedono casini in continuazione.

La vita di Tommy non è esattamente rilassante. In teoria dovrebbe essere solo un tizio che va in giro per i pozzi a verificare che non ci siano intoppi nella produzione, ma in realtà si trova continuamente preso in mezzo in storie di brutti infortuni sul lavoro, cause legali, veri e propri criminali che rubano le proprietà della compagnia come sciacalli attirati dal profumo dei soldi. Il tutto con il fiato sul collo di Monty, che con Tommy ha una relazione di lunga data con qualche elemento misterioso, e che si attacca con ferocia a ogni dollaro che guadagna (incazzandosi per ogni dollaro che perde).

Come se non bastasse, Tommy si trova anche a gestire qualche frizzante problema recapitato dai familiari: il figlio Cooper (Jacob Lofland), che lavora a un pozzo e non sembra troppo tagliato per la professione; la figlia Ainsley (Michelle Randolph), adolescente sexyssima e per questo concupita da qualunque maschio passi di lì; e infine la ex moglie Angela (Ali Larter), che l’aveva lasciato per mettersi con un riccone e ora torna per stare con lui, senza però avere perso neanche un grammo della sua indole festaiola, casinista, lunatica, provocatoria.

Il pacchetto-Sheridan, insomma, è presto fatto. Uomini che fanno lavori da uomini e snocciolano riflessioni maschie, attorniati da donne tutte belle, o molto frivole o molto agguerrite (come Rebecca, l’avvocata interpretata da Kayla Wallace), in un’ambientazione piena di tensione e testosterone, quasi sempre infiocchettato con grandi ragionamenti sulla vita, l’economia, la famiglia, la legge.

Se vi sto sembrando ironico, non lo sono: in questo momento, a Hollywood, Taylor Sheridan è il più evidente e rilevante difensore di un certo modo di vedere l’America, di uno sguardo repubblicano poco battuto dal resto dell’industria, ma che lui, con sapienza e furbizia, evita di far scivolare in certe forme grottesche che ormai coinvolgono pure i presidenti della nazione.

Al netto che i messaggi che manda possano piacere o meno, il lavoro di Sheridan tende a essere produttivamente e narrativamente rigoroso, e crea un ponte evidente fra una certa America che fu e quella che forse sarà, mettendo in scena tutti i conflitti e le tensioni del caso, con molta consapevolezza e, spesso, una certa dose di ironia.

Landman, in questo discorso, non fa eccezione, con in più un dettaglio non indiffente: il suo protagonista, interpretato da Billy Bob Thornton, è un personaggio così perfettamente cucito addosso al suo interprete, da trasformare inevitabilmente la serie in uno show a lui dedicato, facendolo diventare un centro di gravità pressoché assoluto di una storia che funziona sicuramente anche in altri momenti, ma che merita davvero la visione solo quando c’è lui al centro della scena.

E come sia questo personaggio, se avete già visto un tot della carriera di Thornton, già lo sapete.
Tommy è un cinico, simpatico bastardo, fumatore e bevitore accanito, tanto abile nel suo stressantissimo lavoro quanto desideroso di non fare più nulla nella vita che non sia stare su un portico a bere birra.
Ogni sua parola è una battuta ad effetto, la maggior parte dei problemi della vita vengono tenuti a distanza con il sarcasmo, e la manisfetazione esplicita di forti emozioni viene rigorosamente conservata per essere usata solo quando serve davvero, mentre in tutte le altre situazioni ci si può tranquillamente limitare a una battuta di spirito sotto il cappello da cowboy.

Tipicamente, questa versione di Thornton, che è quella più conosciuta, si ama o si odia. In questa serie risulta per lo più amabile anche perché stemperata, nel suo essere un personaggio complessivamente “sgradevole”, da una dose più accentuata di empatia e di amore per le persone che gli sono care (che siano parte della famiglia o lavoratori della cui sicurezza si preoccupa).
E questo senza contare che Tommy, in Landman, è palesemente il “buono”, inteso sia come la persona dotata di coscienza lì dove il suo capo non ce l’ha, ma anche come baluardo di razionalità e misura in mezzo a un groviglio di personaggi che la misura, in un senso o nell’altro, la superano sempre.
In questo senso, rappresenta il cowboy americano magari non perfetto, ma dotato di saggezza e intelligenza salde, in cui tanti spettatori di Sheridan vogliono identificarsi.

In definitiva, Landman finisce con l’essere una delle stelle minori della galassia di Sheridan, ma più per meriti di altre che per demeriti suoi: al confronto con Yellowstone e le sue varie ramificazioni, Landman non riesce a offrire lo stesso senso di epico e grandioso, di Grande Storia Americana, che pure forse vorrebbe costruire.

Stella minore che, però, riesce comunque a brillare, e magari a brillare parecchio, se il classico Billy Bob Thornton sarcastico e disfatto è per voi un’icona di cinema e serie tv di qualità.
Il problema, semmai, è quando lui non c’è, per una serie che prova anche a raccontare altre storie, ma non riesce a non sembrare vuota quando il buon Billy Bob non appare sullo schermo. Forse anche perché, a meno di un interesse proprio specifico, le sorti dei pozzi petroliferi non sono esattamente la storia più appassionante del mondo.

Perché seguire Landman: se vi piacciono Taylor Sheridan e, soprattutto, Billy Bob Thornton, avete tutto quello che vi serve.
Perché mollare Landman: a differenza di altre serie di Sheridan, quando il protagonista non è sullo schermo l’interesse scema rapidamente.

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