30 Agosto 2024

Rings of Power 2 – C’è speranza per la Terra di Mezzo? di Diego Castelli

Dopo una prima stagione largamente difettosa, i primi tre episodi della seconda si presentano con una solidità inaspettata

On Air

SPOILER SUI PRIMI TRE EPISODI DELLA SECONDA STAGIONE

Poche volte, nel recente passato, mi sono approcciato a degli episodi di serie tv con meno aspettative rispetto alle prime tre puntate della seconda stagione di The Lord of the Rings: The Rings of Power.
Oddio, magari non è proprio vero, considerando le volte che, in questi anni, ho premuto play su una ciofeca sapendo da tempo che era una ciofeca. Però qui c’era da fare una tara rispetto al contesto e a una serie che, al primo giro, aveva profondamente deluso.

Figuratevi che avevo già in testa un possibile esordio di questo articolo, in cui vi avrei detto che probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che scrivevo di Rings of Power, perché Serial Minds esiste per parlare bene delle serie che ci piacciono, piuttosto che per parlare male di quelle che non ci garbano.
A sorpresa, però, i primi tre episodi della seconda stagione di Rings of Power (e al momento parliamo solo di quelli) hanno mostrato una solidità magari non “eccezionale”, ma comunque più robusta rispetto a due anni fa.
Quindi insomma, c’è speranza.

Sul perché la prima stagione di Rings of Power fosse stata deludente non ha senso dilungarsi qui, perché la recensione del finale è ancora lì e la trovate a questo link.
Spendiamo comunque un paragrafo, utile anche al resto dell’articolo, per dire che i problemi erano sostanzialmente due, entrambi attinenti la sceneggiatura.

In primo luogo, una serie chiamata “Gli Anelli del Potere” faceva comparire gli anelli all’ultima inquadratura dell’ultimo episodio, spendendo l’intera stagione per costruire una specie di giallo sull’identità di Sauron, che poco aveva a che fare con questo tipo di fantasy. Insomma, la prendeva troppo larga, non riuscendo a entrare nel vivo della questione, risultando per questo troppo preparatoria e diluita, spesso noiosa, nonché smaniosa di creare qui e là un’epica guerresca che risultava forzata e posticcia.

In secondo luogo, sparsi nella stagione, ma soprattutto nel sesto episodio, arrivavano errori indegni di una produzione di questo livello: montaggi sbagliati, buchi di trama, palesi incoerenze assai difficili da spiegare.
Cose difficili da digerire, a cui andavano aggiunti una protagonista spesso insopportabile, un elfo che combatte con la capoeira, e altri simili dettagli discutibili.

Dove invece Rings of Power funzionava era nella sua componente visiva. I tanti, tantissimi soldi spesi per la serie erano ben visibili anche nella prima stagione, piena di paesaggi mozzafiato, un sacco di scenografie ricostruite, costumi, trucchi prostetici, comparse. E sul finale anche qualche buona idea di regia, oltre il semplice sfoggio di effetti speciali.
Certo, Rings of Power scontava una evidentissima vicinanza con i film della trilogia di Peter Jackson, al punto da non riuscire a trovare una sua propria anima e specificità, ma questo richiamo al cinema era dichiarato fin dall’inizio e quindi ha senso lamentarsene fino a un certo punto (tanto più che i film di Jackson restano capolavori senza se e senza ma).

Da questo punto di vista, la seconda stagione esordisce bene, o perfino meglio. La sua rappresentazione di terre fantastiche, creature misteriose, troll, ragni, semi-divinità, orchi e aquile suona ancora più ricca e maestosa che in passato, e lascia la piacevole sensazione, se non di grandi novità (di quelle, come detto, non ce ne sono), quanto meno di una robusta consapevolezza dei proprio mezzi.

Ma è sul fronte della scrittura, quello risultato più debole due anni fa, che Rings of Power sembra aver messo una pezza importante.
E cominciamo col dire che la serie, finalmente, entra nel vivo: Sauron è svelato e diventa grande protagonista, così come gli anelli per i quali abbiamo pagato il biglietto.

Ma non è solo questione di cosa, ma soprattutto di come: rifacendosi alla tradizione tolkeniana, in cui il Sauron della Seconda Era, prima di diventare un occhio fiammeggiante in cima a una torre, era un ingannatore e mistificatore in grado di assumere molte forme, questa seconda stagione di Rings of Power ci racconta di come il subdolo potere dell’Oscuro Signore si presenti alle genti della Terra di Mezzo come uno strumento che si potrebbe anche pensare utile al Bene, e capace per questo di ingannare anche menti sopraffine (Galadriel, Celebrimbor, Gil-Galad).

Vedere Sauron che, avvolto da una luce angelica, promette a Celebrimbor di farlo diventare un “signore degli anelli”, quando ovviamente quello vero sarà proprio lui, ci mostra una scrittura capace di strizzare l’occhio ai fan, ma anche di trovare una sottigliezza molto efficace, in cui i “nostri” non sono semplicemente ipnotizzati magicamente dagli anelli, bensì sedotti, ingannati, portati verso la perdizione senza neppure accorgersene, e con pochi compagni ancora capaci di vedere l’inganno (come Elrond).

In più, in questi primi tre episodi non abbiamo visto gli errori pacchiani notati verso il finire della prima stagione, quelle cose che gridano vendetta e che risultano così evidenti da strapparti dall’immersione nella storia.

Poi certo, non è tutto perfetto, anzi. Per esempio, c’è una palese differenza di interesse fra le trame che ora riguardano davvero la storia principale (cioè Sauron) e quelle accessorie, come gli umani di Númenor, oppure i pelopiedi e lo Straniero: per carità, sono pure simpatici e le loro scene sono girate con buona mano, ma ogni volta che spuntano ti chiedi perché stai guardando questa storia, e anche se sai che a un certo punto si saprà, ci saremo fatti minuti e minuti di ridondanti passeggiate nel deserto.

Lo stesso di può dire della distribuzione delle sottotrame, alcune delle quali non riescono a tornare nella premiere e vengono tenute per il secondo (i nani) o addirittura il terzo episodio (quel perenne simpaticone di Arondir), di fatto rendendo queste prime tre puntate un blocco unico di tre ore e mezza che, comunque la metti, può risultare poco digeribile.

Al netto di tutto, però, sono rimasto piacevolmente sorpreso. Pur attraversando momenti di lentezza fin troppo aulica (che però era caratteristica pure del materiale originale), con questo inizio di seconda stagione Rings of Power riesce a tornare a ciò che avrebbe sempre dovuto essere, cioè un high fantasy di grandi mezzi, grande respiro, segnato da una lotta fra Bene e Male in cui entrambe le fazioni sono ben evidenti, ma con uno spazio di sovrapposizione maggiore rispetto a Il Signore degli Anelli, che parlava di un punto diverso dello scontro.

Poi certo, se ci mettessimo a fare il confronto fra Rings of Power e i migliori momenti di Game of Thrones o House of The Dragon, sarebbe ancora indietro, e non perché ne debba copiare le forme e i ritmi, ma perché ancora non riesce a fornire un prodotto che spicchi con forza sul resto della serialità contemporanea, come Rings of Power ha sempre sperato di fare (se non contiamo lo sfoggio visivo, che invece è piuttosto prepotente).

Considerando le brutte premesse della prima stagione, però, ha senso sperare che, molto banalmente, il livello si sia alzato.
Se poi andate a guardare le recensioni di alcuni giornalisti e giornaliste che hanno già visto l’intera stagione, trovete opinioni discordanti.
Quindi facciamo che io per ora manco le leggo, e ci sentiamo a fine stagione per vedere com’è andata.



CORRELATI