The Boys 4 – Un inizio grosso, non ancora grande di Diego Castelli
La quarta (e penultima) stagione di The Boys inizia all’insegna di tante storie e tanto impegno. Manca una giusto una nuova “big thing”
ATTENZIONE! SPOILER SUI PRIMI TRE EPISODI DELLA QUARTA STAGIONE
Con le serie tv, specie in anni di scioperi e intoppi vari, si va a ondate. Se il 2024 era iniziato molto bene, con alcune ottime novità come Shōgun, Fallout e Ripley, l’ultimo paio di mesi è stato più scarico, salvo poi arrivare a una metà di giugno in cui, nel giro di cinque giorni, sono tornate due delle serie più attese, ovvero The Boys con la quarta stagione e House of the Dragon con la seconda.
Oggi parliamo dei primi tre episodi di The Boys che, come era facile prevedere, sono stati pieni zeppi di eventi, invenzioni, sorprese, ma anche tensioni, scelte discutibili, polemiche, impegno politico.
Anche solo fare un recap puramente narrativo delle tre puntate porterebbe via un articolo molto lungo, quindi da qui in poi si dà per scontato che le abbiate viste.
Come di consueto, The Boys racconta le storie di molti personaggi, saltando continuamente dalle questioni più piccole e personali a quelle più complessive, allacciandosi strettamente alla stagione precedente ma introducendo anche nuovi caratteri e questioni.
Per esempio, se la terza stagione era (anche) quella dei “Boys coi poteri temporanei”, la quarta è quella in cui a Butcher restano pochi mesi di vita per aver abusato del Temp-V.
Se il finale della terza vedeva il giovane Ryan finire nelle grinfie paterne (e disfunzionali) di Homelander, la quarta prosegue il racconto di questa famiglia non esattamente salutare, e ci mostra Homelander impegnato nel tentativo di formare il figlio come una copia di sé stesso, un sup potente, spregiudicato, e sostanzialmente indifferente alle sorti degli esseri umani, considerati rigorosamente inferiori.
All’interno di una dinamica politico-militare ormai consolidata, in cui la CIA cerca di usare i Boys per combattere la Neuman, che rischia di diventare la prima Presidente sup, mentre Butcher resta ossessionato dall’uccidere Homelander e salvare Ryan, vediamo poi anche altre aggiunte: su tutte le ansie da invecchiamento dello stesso Homelander e l’arrivo di Sage, una sup il cui unico potere è un’intelligenza ben superiore alla media, unita però a un’etica discutibile, che la porta a diventare la principale consigliera di Homelander, con l’obiettivo di manipolare le masse per il suo tornaconto.
E poi c’è Starlight che deve scegliere se mettersi a capo degli attivisti anti-Homelander, Frenchie con nuovi problemi relazionali (ne riparlamo a breve), Deep in crisi con la sua fidanzata-polpo ecc ecc.
Quella di The Boys è una narrazione densa ma coerente, pur con qualche criticità che vedremo fra poco, ma non sarebbe The Boys se non puntasse a divertirci con la sua comicità grottesca, violenta e volgarotta.
Da questo punto di vista ce n’è per tutti i gusti, e se è vero che, dopo quattro anni, forse ci si stupisce di meno, è altrettanto vero che la festa a tema The Marvelous Mrs Maisel, i musical sanguinolenti sul ghiaccio, e i sup clonanti che raggiungono nuove vette del magico mondo dell’autoerotismo, garantiscono una dose adeguata di “what the fuck”, in pieno stile The Boys.
A giudicare da questi primi tre episodi, la quarta stagione è anche quella più impegnata politicamente.
The Boys è sempre stata una serie antifascista (anzi, specificamente anti-nazista), molto attenta a indagare il ruolo dei social e della propaganda nella percezione delle masse, e determinata a decostruire il mito del supereroismo americano, mostrando come l’esistenza di umani potenziati difficilmente potrebbe essere slegata da dinamiche di potere losche e opache. Ma la quarta stagione si presenta anche come esplicitamente anticomplottista e antitrumpiana.
A partire dal nuovo personaggio di Firecracker (interpretato dalla Valorie Curry di The Following), che su internet infiamma i complottisti e finisce con l’entrare nei Seven, i riferimenti a Trump e all’ultradestra di Qanon si sprecano, con tanto di convention complottare e anche esplicite parodie, tipo quella al social network fondato dall’ex Presidente.
È un intento politico specifico, con riferimenti precisi alla realtà extraseriale, ma che si innesta bene nella cornice narrativa più generale di The Boys proprio perché si batte contro l’idea dell’uomo forte che cala dall’alto (volando, nel caso di Homelander) a risolvere problemi di cui però lui stesso è concausa più o meno esplicita (e qui abbiamo perfino le macchinazioni di Sage, che lavora per aumentare il livello dello scontro sociale per screditare i nemici politici e legittimare l’uso della forza).
In questo percorso complessivamente ben organizzato e spesso schifosamente divertente, non mancano momenti meno rifiniti e alcune questioni di fondo che incrinano la solidità generale.
Su internet, o in certe parti della rete, trovate in questi giorni insulti feroci per il fatto che The Boys sarebbe passata al lato oscuro della forza, diventando woke.
La critica è diretta soprattutto all’improvvisa bisessualità di Frenchie, dopo tre stagioni di lavoro sulla sua relazione con Kimiko.
Ora, possiamo essere sicuri del fatto che gli anti-woke sappiano diventare ben più assurdi e intolleranti delle assurdità che pretendono di denunciare, ma è pur vero che questa novità di Frenchie appare molto improvvisa, ed è piuttosto forte l’impressione che qualcuno abbia sentito l’esigenza di flaggare una casella.
Né mancano alcune imprecisioni meno polarizzanti a livello culturale, ma semplicemente zoppicanti dal punto di vista tecnico e della coerenza interna: se Homelander scorge il tumore nel cervello di Butcher usando la vista a raggi X, com’è che fa così fatica a trovare Hughie nei condotti di ventilazione al palazzo del ghiaccio?
Un esempio, quest’ultimo, che ci porta a due criticità più complessive, la prima delle quali sta diventando più pressante col passare delle stagioni.
I Boys hanno una plot armor da paura. In altri termini, in una serie in cui il cattivo più importante è uno che ammazza la gente per futili motivi e senza battere ciglio, diventa sempre meno giustificabile il fatto che non si sbarazzi dei suoi nemici veri appena ne ha l’occasione.
Gli autori hanno bene in mente questo problema, e da anni cercano di inventarsele tutte per giustificare la sopravvivenza di Butcher e compagni anche in presenza di Homelander (uno dei ultimi trucchi è la paura, per il cattivone, di perdere l’affetto del figlio se uccidesse Butcher), ma si tratta di una tensione sempre meno aggirabile, che talvolta arriva a spezzare l’immersione nella storia.
C’è poi un’altra questione riferita specificamente a questi tre episodi. Se la seconda e terza stagione erano riuscite ad avere un nucleo molto forte e riconoscibile, soprattutto perché riferito a specifici, nuovi personaggi (Stormfront nella seconda, Soldier Boy nella terza), la quarta stagione non ci ha ancora presentato una “cosa grossa” capace di alzare il livello della sfida e della forza narrativa.
A meno che gli autori pensino che questo boost di emozione possa arrivare da Sage o dai peli pubici bianchi di Homelander, nel qual caso mi sembrerebbe una valutazione errata.
Non è che ci “serva” un nuovo cattivo o una mega-novità per goderci The Boys, che peraltro ha superato la metà (la quinta stagione già annunciata sarà l’ultima), però se questo guizzo arrivasse, se anche questa stagione potesse avere un suo nucleo specifico, probabilmente male non sarebbe.
Per il momento fermiamoci qui. Il ritorno di The Boys non può che farci felici, perché quando arriva, tipicamente, fa sembrare tutto quello che stavi guardando in quel momento un po’ meno saporito. E anche quando trovi qualcosa che non ti torna, è sempre in confronto a… The Boys, perché è una serie capace di settare standard così alti, da far fatica essa stessa a soddisfarli “sempre”.
È una buona cosa che Eric Kirpke e Prime Video abbiano già scelto il momento in cui terminare, garantendosi la possibilità di pensare bene a cosa fare, quando e quanto, ed è facile immaginare che già nei prossimi episodi vedremo una gran quantità di cose che ci stupiranno e divertiranno.
Ma già che possiamo sognare, speriamo anche che The Boys sappia superare, o quanto meno gestire, alcune criticità e stanchezze che rischierebbero di sporcare una macchina altrimenti perfetta.
Ci risentiamo più avanti.
PS se cercavamo un collegamento a Gen V, l’assai valido spinoff uscito lo scorso autunno, per ora l’abbiamo trovato solo in un breve dialogo in cui Butcher ricorda a Neuman che il virus che stavano sviluppando alla scuola non è ancora abbastanza potente per uccidere Homelander. Non mi stupirei se il contatto finisse qui, soprattutto per una cinica prudenza commerciale, ma chissà.
PPS Fra le aggiunte molto strombazzate a questa stagione, c’è anche l’arrivo di Jeffrey Dean Morgan, che interpreta un ex commilitone di Butcher, assoldato dalla CIA per occuparsi specificamente della questione-Ryan. Il figlio di Homelander va arruolato o ucciso, perché non ci può permettere di averne due, di Homelander, e questa missione, così cinica e pratica, promette sviluppi molto interessanti, anche se neppure in questo caso sembra bastare come “nuova cosa grossa”, almeno per ora.
Anche qui, valuteremo alla fine.