Presunto innocente – Un bel legal dal veterano David E. Kelley di Diego Castelli
Dopo il film del 1990 con Harrison Ford, Presunto Innocente torna in formato seriale con la firma di un grande della tv americana
Siamo così abituati a cercare l’eccezionalità, perché sappiamo che l’eccezionalità attira lo sguardo, l’attenzione, i clic, che finiamo col dimenticarci che, molte volte, le cose vanno esattamente come devono andare, specie quando le affidi a chi è capace di farle.
Per questo non ha tanto senso stupirsi del fatto che se prendi un bel romanzo (Presunto Innocente di Scott Turow, del 1987), che era già diventato un classico del cinema legal-thriller (nel 1990, con Harrison Ford), e affidi la sua trasposizione seriale a un professionista dal curriculum spettacolare come David E. Kelley (creatore di Ally McBeal, Boston Legal, Big Little Lies, solo per citarne alcune), aggiungendoci pure la ciliegina di Jake Gyllenhaal, beh insomma, è difficile che le cose ti escano davvero “male”.
E infatti male non sono uscite.
Lo dico subito, giusto per capirci: non ho intenzione di fare paragoni. Il romanzo di Turow (il titolo originale, nonché titolo inglese della serie, è Presumed Innocent) non so quanti lettori abbia fra chi sta scorrendo questo articolo, e pure il film, per quanto iconico, ha quasi 35 anni.
Questo non per sostenere che ce li dobbiamo dimenticare (e ve lo dice uno che, parentesi professionale, il Presunto Innocente con Harrison Ford lo manda ancora in onda in prima serata con ottimi risultati, l’ultima volta a marzo di quest’anno), ma per dire che, a distanza di più di trent’anni, forse ha senso immaginare che la maggior parte degli spettatori possa guardare la serie con occhi nuovi, senza troppi bagagli del passato.
Nei primi due episodi finora disponibili, c’è già qualche cambiamento evidente rispetto all’originale, ma alla base la vicenda rimane la stessa, con molti personaggi che ritornano con gli stessi nomi.
Tutto inizia con la morte di Carolyn Polhemus (Renate Reinsve), una pubblico ministero che lavorava per l’ufficio del procuratore distrettuale, che viene trovata morta e incaprettata a casa sua.
A capo delle indagini viene messo lo stimato Rusty Sabich (Jake Gyllenhaal), braccio destro del procuratore Raymond Horgan (Bill Camp) e, fino a pochi giorni prima, di fatto il collega più stretto della vittima.
Quello che nessuno in ufficio sa, è che Rusty ha avuto un’appassionata storia d’amore clandestina con Carolyn, da cui Rusty è tuttora ossessionato, malgrado sia riuscito a farsi più o meno perdonare dalla moglie Barbara (Ruth Negga), con cui ha due figli.
Ovviamente, però, dopo la morte di Carolyn il segreto diventa troppo ingombrante e trapela, facendo diventare Rusty un sospettato e portando al suo arresto da parte di Nico Della Guardia (O-T Fagbenle) e Tommy Molto (Peter Sarsgaard), che dopo le elezioni sostituiscono Raymond e lo stesso Rusty a capo della procura.
Da qui in poi, naturalmente, parte la lotta di Rusty per dimostrare la propria innocenza, cercando di mettere in campo tutte le sue abilità, pur influenzate da uno stress del tutto nuovo (per una volta si trova nel ruolo di imputato) e provando nel frattempo a tenere insieme i cocci della sua famiglia, travolta dallo scandalo, dai segreti, dalla vergogna.
A giudicare da questi due episodi, e di nuovo, prescindendo dal sempre velenoso esercizio dei confronti, Presunto Innocente è una serie solidissima.
Precisa innanzitutto nella sua scrittura, con un passo veloce, tecnico eppure comprensibile, capace di costruire una tensione crescente fatta sia di rivelazioni per chi guarda ma anche di quella suspense che nasce dall’aspettare che pure i personaggi vengano a conoscenza di ciò che gli spettatori hanno appena scoperto.
Precisa, poi, nella messa in scena, che non tenta di strafare con troppe invenzioni (siamo pur sempre in un legal duro e puro) ma che si ricorrda di stare addosso ai personaggi e alle sfumature delle loro reazioni, in una storia in cui i segreti e i sentimenti legati a quei segreti devono continuamente passare sulla faccia dei protagonisti, anche dietro le parole che stanno pronunciando.
E infine precisa nel casting, in cui Jake Gyllenhaal trova molti modi per far fruttare la sua classica faccia da cane bastonato, ma in cui tutti riescono a fare il loro mestiere, che si tratti di Ruth Negga con la sua figura di moglie tradita, dolorante, ma ancora capace di una consapevole dignità, oppure di Bill Camp, caratterista straordinario (ve lo ricordate in The Night Of, The Queen’s Gambit, The Leftovers?) che riempie la scena col suo procuratore carismatico e sempre pronto a dare battaglia.
Come accennato, in questi due episodi funziona soprattutto la capacità di costruire la cappa di tensione crescente che cala sulla testa di Rusty, che pur sapendo quello che succederà (proprio perché esperto delle dinamiche della procura), non riesce a impedire di essere prima sospettato e poi arrestato, in una discesa inesorabile fino a un fondo da cui, forse, riuscirà effettivamente a controbattere.
Ma la vera forza di Presunto Innocente, almeno in questi primissimi episodi, è quella di essere efficace pure quando ci si allontana dalla semplice cronaca della trama legal, per scavare nel vissuto dei personaggi che da quella trama vengono sballottati.
La vicenda familiare di Rusty, per esempio, è trattata con un equilibrio e una capacità di sottolineare dettagli anche contrastanti, che non vediamo così spesso nella media delle serie tv.
Nel specifico, David E. Kelley riesce a descrivere gli sbagli di Rusty, raccontando però anche il suo travolgente amore per Carolyn come qualcosa di effettivamente difficile da contenere, in termini romantici e psicologici. Il suo protagonista è un uomo che commette errori, ma anche errori molto umani, che ci impediscono di volergli davvero male. Allo stesso tempo, però, non c’è nemmeno una generica assoluzione, perché in ogni momento abbiamo sotto gli occhi la figura di sua moglie, altro personaggio a tutto tondo di cui vediamo la sofferenza ma anche la fibra morale, la capacità di gestire la pressione e di prendere decisioni difficili.
Sono personaggi complessi chiamati a raccontarci una situazione complessa, lontana da stereotipi ed etichette troppo preconfezionati, e ci riescono benissimo.
Inutile negarlo, anche se, come sapete, non sono fan del binge watching: se avessi avuto a disposizione altri episodi oltre ai primi due, non ci avrei pensato un attimo a premere play, preso com’ero dall’ottima costruzione della storia e della suspense. Ma sono comunque contento che Apple, come di consueto, abbia scelto la strada di una calendarizzazione più tradizionale: l’attesa del piacere, si sa, è essa stessa il piacere.
Non ho grandi timori che, nei sei episodi che rimangono, David E. Kelley possa perdere la bussola. Se però riuscisse anche solo a tenere questa solidità, se non addirittura ad accrescere la tensione e l’emozione, saremmo in presenza di una miniserie davvero davvero valida. Non un capolavoro, perché magari i paroloni li teniamo per le cose che riescono a rappresentare in qualche modo una rottura col passato, e non è il caso di Presunto Innocente. Ma un prodotto che solo un grande artigiano delle tv poteva confezionare, ecco, questo sì.
Perché seguire Presunto Innocente: dopo quasi quarant’anni, la storia funziona ancora, e David E. Kelley sa come metterla in scena.
Perché mollare Presunto Innocente: se correte il rischio di perdervi in paragoni stressanti con il libro e con il film con Harrison Ford.